Parliamo di Bitcoin, questa volta non per descrivere il mondo delle criptovalute o la blockchain technology. Cerchiamo di capire, invece, come è possibile che il prezzo di un Bitcoin sia arrivato a superare i 60mila dollari a marzo 2021, nonostante il fatto che non solo la maggior parte del mercato finanziario, nell’ormai “lontano” 2018, abbia stroncato questa criptovaluta censurandola come “bolla speculativa” o addirittura “truffa”, ma che ancora oggi conti un gran numero di scettici o addirittura di detrattori. Insomma, analizziamo i motivi di questa impetuosa crescita.
I motivi che hanno portato alla crescita del Bitcoin nel 2021
Le analisi più recenti dei motivi che hanno portato il Bitcoin alla crescita, con una vera impennata – evidente soprattutto a partire dalla fine del 2020 – sono piuttosto complesse e si fondano essenzialmente su alcuni ambiti di interpretazione e valutazione ben descritti, per fare solo un esempio, da S. Renevier nell’articolo “Is It Too Late To Buy Bitcoin?” (in Finimize Review online):
- Interpretazione macroeconomica: l’incertezza e la recessione legata alla pandemia hanno favorito la percezione del Bitcoin come una possibile via di fuga dalle conseguenze meno favorevoli delle attuali politiche di stimolo economico, che potrebbero sfociare in inflazione elevata, svalutazione della valuta legale e tassi di interesse negativi. Anche un’inflazione moderata erode il potere d’acquisto a lungo termine: più differito è l’orizzonte di investimento, più pericoloso è ignorare questo dato di fatto. Secondo Michael Krautzberger, capo obbligazionario del colosso BlackRock (il più grande gestore di investimenti del mondo), il modo migliore per superare uno scenario avverso di questo tipo è «detenere un asset che conservi il suo valore reale, un asset che non può essere stampato». E il Bitcoin potrebbe essere il giusto candidato, tanto più che questa criptovaluta è diventata attraente anche al di fuori di ambienti economici estremi.
- Capacità di essere una “riserva di valore”: il Bitcoin viene avvertito come una versione digitale dell’oro, addirittura migliore: è facilmente trasportabile, trasferibile e divisibile, non può essere contraffatto e ciò che lo rende davvero speciale è che la sua offerta è completamente indipendente dalla domanda. Al momento attuale, mentre la domanda per la criptovaluta è in forte espansione, l’offerta è intrinsecamente programmata per ridursi: ad oggi si contano circa 130 milioni di cripto-portafogli “attivi” con un market cap totale pari a circa 1 triliardo e mezzo di dollari (fonte: Coinmarketcap) e ipotesi fondate predicono che nel 2025 gli utenti assommeranno a circa un miliardo. Immaginiamo che sia chiaro a tutti che cosa potrebbe significare un tale squilibrio al fine della determinazione del prezzo di questa criptovaluta. Oltre a ciò, c’è da tenere ben presente, a favore di una lettura del Bitcoin come “riserva di valore”, che i governi nazionali sono limitati nei poteri di controllo del fenomeno.
- Utilizzo sempre più quotidiano: un aspetto fino ad ora sottovalutato è il potenziale che ha il Bitcoin di diventare un sistema di “regolamento” per grandi transazioni finanziarie tra banche e imprese. Non solo potrebbe garantire una maggiore velocità operativa rispetto agli standard attuali (per esempio quietanzare i pagamenti in poche ore anziché in un giorno), ma ricorrervi potrebbe essere più economico – in particolare per le transazioni transfrontaliere – e persino più sicuro, in virtù della mancanza di qualsiasi requisito per rischio consequenziale. D’altronde l’adozione della Distributed Ledger Technology e delle criptovalute sta prendendo una fisionomia sempre più concreta e sono molte le realtà che cominciano a mettere, per così dire, i “piedi per terra”. Gli exchange offrono carte di credito atte a utilizzare i propri BTC per le spese quotidiane; Tesla aggiunge Bitcoin al proprio bilancio come riserva; diverse grandi aziende (come MicroStrategy) hanno già investito somme importanti in questa criptovaluta. Il fatto è che il Bitcoin, almeno in termini di proprietà, sta diventando sempre più mainstream. Se solo uno o due anni fa investire in Bitcoin era potenzialmente un enorme rischio per amministratori delegati e gestori di denaro, oggi il rischio maggiore è ignorare questa opzione.
L’andamento delle quotazioni del Bitcoin dal 2013 a oggi. (find more statistics at Statista)
L’era del digitalismo
Siamo forse all’inizio di una nuova era, il digitalismo, un’era in cui l’oro tornerà a essere “sasso” e il “Bitcoin” prenderà il suo posto. Questo processo è negli effetti già iniziato. Le riserve auree delle banche non esistono più e il baratto o la sicurezza delle commodities stanno lasciando spazio – per quanto ancora minimo – a un nuovo sistema che sta cambiando le regole dei giochi.
Ponendo che sia vero che «il Bitcoin non è altro che un asset altamente speculativo con un valore di base pari a zero» come ha recentemente twittato Steven Hanke, economista della Johns Hopkins University, potremmo anche dare credito all’idea di Jim Harper, ricercatore dell’American Enterprise Institute, che risponde difendendo la “teoria soggettiva del valore” alla quale le criptovalute hanno dato corpo in maniera dirompente. Nulla avrebbe valore intrinseco, perché sarebbero le persone a decidere su che cosa misurare il valore, in relazione alle proprie situazioni e ai propri progetti. E sono di conseguenza le aggregazioni di persone a decidere che cosa abbia valore per la società.
Tentiamo allora per un attimo di entrare nella psicologia dell’investitore, tenendo presente da una parte le evidenze del cambio di direzione finanziaria che sono sotto gli occhi di tutti e, dall’altra, il fattore FOMO (Fear of Missing Out, cioè la “paura di essere tagliati fuori”). L’economia è veloce a mutare, e le persone seguono altrettanto veloci, con un cambio generazionale di pensiero mai così rapido nella storia dell’uomo. Di fronte a questo nuovo pensiero digitale e smart si erge il mondo delle banche, legale e istituzionale, molto più lento. È un dualismo semplice da cogliere, che prima o poi troverà un esito risolutivo.
Dimensione della blockchain Bitcoin dal 2009 al 9 aprile 2021 (in Gigabyte)
I calcoli del Bitcoin: ancora possibile la crescita
Più semplici ancora sono i calcoli, destinati a pesare nell’economia del mercato nel senso più lato. Li fa per esempio il Cointelegraph: nel 2030, quando si prevede che sarà stato “minato” il 98% del totale dei bitcoin contemplati nel white paper di Satoshi Nakamoto, si lotterà per acquisirne frazioni infinitesimali. Così come stanno attualmente le cose, comprare oggi solo 0,01 BTC (un investimento stimato di circa 580 dollari al prezzo corrente) potrebbe garantire in futuro un posto nella Top 13% dei più grandi HODLer.
Da parte loro, anche gli analisti di Kraken Intelligence nel Market Recap & Outlook Report di febbraio 2021 affermano che, «sulla base dei cicli precedenti, Bitcoin potrebbe probabilmente continuare ad apprezzare gradualmente il prezzo prima di diventare parabolico e colpire la resistenza, che segnalerà la fine del suo quarto ciclo di mercato rialzista». Il prezzo attuale del Bitcoin sarebbe ancora “lontanissimo” dai massimi del mercato, capace di raggiungere un prossimo massimo compreso tra 75.000 e 306.000 dollari con grande crescita potenziale nel corso dell’anno.
Volumi di bitcoin scambiati nei vari paesi mondiali (in milioni di dollari Usa)
Conclusioni
In buona sostanza, il Bitcoin è già considerato una asset class legittima da sempre più investitori. Tanto più che la storia della svalutazione monetaria globale ha adesso un nuovo protagonista, oltre che un nuovo catalizzatore, sotto forma di stimolo Covid-19.
Con tassi di interesse vicini allo zero, o negativi, e le banche centrali che stampano denaro, sembra che il Bitcoin stia per vedere il giorno del riscatto. Concepito come moneta ma cresciuto con caratteristiche assimilabili a una “riserva di valore”, forse quel giorno tornerà anche a essere moneta.