Applicazione della tecnologia alla sostenibilità ambientale. Un esempio lampante è il binomio, che si sta facendo largo in questo momento, blockchain-tracciabilità della plastica, che potrebbe effettivamente dare lo start a un processo virtuoso, ma che, nella reale situazione in cui siamo, è una strada estremamente difficile da praticare. Se infatti, fa tendenza e marketing facilmente, un approccio di questo genere ha invece assoluta necessità di un procedimento rigoroso, che non sempre può essere realizzato.
Blockchain e sostenibilità: la catena di fornitura della plastica
Quindi la blockchain, forte di queste caratteristiche, permetterebbe ai produttori di oggetti a base di plastica, di assicurare trasparenza sull’origine dei materiali utilizzati, quindi anche il loro impatto ambientale, la sostenibilità. Ma, per permettere alla blockchain di esplicitare le reali capacità di trasparenza e autenticità delle informazioni inserite nel suo registro, le aziende devono poter affidare tutto il processo di produzione, in questo caso della plastica, alle infrastrutture critiche e all’IoT nelle forme più evolute IoE (Internet of everything), strumenti essenziali per conoscere, dati reali alla mano, tutti gli step della filiera.
Senza l’essenziale sussidio di questi due strumenti diventa veramente banale dire che una bottiglia di plastica è tracciata su blockchain, cioè niente affatto credibile; mentre, se tutto il processo venisse monitorato e registrato con correttezza grazie all’imprescindibile supporto dell’IoT e, solo dopo, tracciato su blockchain, il consumatore, finalmente consapevole, sarebbe incentivato a dar luogo a un circolo virtuoso, stimolato da ricompense in base alla sua virtuosità (scontistica su tasse o acquisto beni), innescando un processo di ecosistema in cui sostenibilità e virtuosità ambientali sono praticate e richieste per i loro vantaggi.
Se è pur vero che, a tanta parte dello sfacelo ambientale, ha contribuito un atteggiamento troppo disinvolto, superficiale ed irrispettoso della comunità, che ha “dimenticato” rifiuti plastici ovunque, è altrettanto vero, però, che fin qui è mancata totalmente una visione a largo spettro di uno smaltimento adeguato dei residui sintetici tanto dannosi per l’ambiente e gli uomini e che, a tutt’oggi, sta mancando ancora un’analisi acuta e lungimirante da parte di chi dovrebbe realizzare progetti.
Rinnovare le infrastrutture critiche
Nel nostro Paese c’è assoluta necessità di una forte azione sinergica che agisca contemporaneamente sullo svecchiamento e poi implementazione di infrastrutture critiche (idonee a sorreggere la robusta costruzione di un apparato digitale che ormai è il fulcro della nostra realtà) e sulla informazione/formazione, in merito alle nuove tecnologie, di tutta la comunità.
Infatti, se l’Italia risulta essere al primo posto nell’acquisto di strumenti digitali, smartphone in testa, è altresì in venticinquesima posizione rispetto ai 28 stati membri UE, davanti a Romania, Grecia e Bulgaria, ai primi posti per digitalizzazione Finlandia, Svezia e Danimarca. Questo secondo l’indice DESI, un metodo di valutazione creato dalla Commissione Europea che misura il livello dei Paesi UE, in parametri di digitalizzazione, per competenze da parte della popolazione, utilizzo di Internet, integrazione delle tecnologie nel tessuto sociale, digitalizzazione delle imprese e della PA, connettività.
Da qui, si comprende bene quanta necessità ci sia, prima di fare facile propaganda, perché di moda, sulle qualità miracolose della blockchain nel trovare soluzioni a situazioni estremamente complesse, come quello dell’inquinamento da plastica, favorendo la sostenibilità, di impegnare e coinvolgere tutta la comunità, ognuno col proprio ruolo e le proprie competenze, in un percorso di conoscenza, comprensione e quindi di consapevolezza degli strumenti, e loro applicazioni, che il digitale offre.
Perché la blockchain è una tecnologia disruptive nella sostenibilità
Infatti, la tecnologia blockchain (l’unica vera, ossia la pubblica e permissionless), considerata tecnologia disruptive, vale a dire di rottura rispetto al contesto che ha forgiato le nostre abitudini ormai da tempo, ma soprattutto, a mio avviso, tecnologia sociale, ultimamente ha avuto una grande eco in diversi ambiti e rappresenta una svolta rivoluzionaria in moltissimi settori.
Questi i motivi che rendono tale tecnologia tanto dirompente:
- è un registro distribuito delle transazioni, liberamente accessibile e basato sul consenso che avviene tra i partecipanti alla rete stessa, con l’utilizzo intensivo della crittografia e della firma digitale;
- non esiste più una logica di centralizzazione (anche nelle sue forme evolute decentralizzate), ma una forma distribuita e orizzontale delle informazioni;
- è una tecnologia che conferisce totale fiducia e trasparenza ai soggetti e alle operazioni coinvolte;
- l’immutabilità, quindi l’impossibilità di modifica, cancellazione o manomissione dei dati, una volta che una transazione viene iscritta, offre totale garanzia della veridicità delle informazioni registrate.
Conclusioni
L’innovazione tecnologica è un’incredibile opportunità, larga e democratica, che può realmente condurre a un buon futuro all’insegna del benessere per tutti, in cui l’attenzione e il rispetto per l’ambiente non sono più l’obiettivo da raggiungere, ma una modalità insita, naturale e imprescindibile dell’uomo che finalmente è parte di un tutto armonico. Non più un predatore di risorse e ospite tiranno nel nostro pianeta, ma parte integrante del ciclo vitale.
Premendo l’acceleratore su innovazioni di sola impronta green, come già sta avvenendo, contemporaneamente a una corretta formazione civica e digitale, a partire dalla scuola primaria, fino agli over 65 in pensione, coinvolgendo quindi ogni fascia sociale, si può realizzare con il contributo di tutti un ambizioso e autentico progetto di virtuosismo che, altrimenti, resterebbe intrappolato nella rete di un ambientalismo di facciata.
In ultimo, a mio avviso, l’approccio alla sostenibilità non può essere attività praticata in maniera disorganizzata e precaria dai singoli Stati, ma ha necessità di un’orchestrazione dettata da un’univoca prospettiva e direzione, utilizzando anche tecnologie come la blockchain. Per questo, ridurre il gap degli Stati meno evoluti digitalmente vuol dire dare loro, e soprattutto insieme agli altri, una visione ad ampio raggio della realtà in evoluzione.
Non più, quindi, procedimenti scoordinati, ma un movimento, o meglio un flusso, di intenzioni e azioni, al di là dei confini geografici, rivolte al benessere dell’ambiente e di conseguenza a quello umano.