Blockchain e tracciabilità, quali sono i vantaggi e gli attuali limiti

È molto difficile tracciare una filiera con tanti intermediari e altrettanti processi di lavorazione, come quella del mercato alimentare. La blockchain potrebbe costituire una soluzione, ma esistono ancora troppi ostacoli alla sua adozione

Pubblicato il 11 Giu 2020

Nicolino Gentile

partner BLB studio legale - ambassador ELTA European Legal Technology Association

Rodolfo Vacca

blockchain

Nell’ultimo anno la parola blockchain è stata sempre più accostata alla parola tracciabilità, ma come si riesce a tracciare una filiera o la provenienza di un dato tramite questa tecnologia?
La blockchain è un registro decentralizzato che permette di certificare che un qualsiasi dato sia stato trascritto in un determinato momento nel tempo, in modo da lasciarlo a portata di click per sempre, senza possibilità che vi sia modifica alcuna. Una volta capito che la blockchain sarà il nostro “diario”, bisogna capire come permettere che solo i reali dati sulla tracciabilità vengano registrati.

A questo punto incrociamo due argomenti sui quali è necessario un ampio chiarimento: oracoli e reti Iot.

Oracoli e reti IoT

L’oracolo è una figura inscindibile per inserire delle informazioni in blockchain, poiché tale sistema ha il compito di rendere immutabili e sempre consultabili i dati che vengono inseriti, ma non si occupa di verificare l’esattezza o la provenienza di questi ultimi. Per fare in modo che tutti i dati inseriti siano corretti e veritieri entra in gioco la figura dell’oracolo.
L’oracolo è il soggetto (o l’oggetto) che raccoglie le informazioni da fonte certa e le inserisce in blockchain. Di solito come oracolo si cerca di scegliere la fonte che sia meno influenzabile e che rappresenti un soggetto terzo. I primi oracoli erano enti che avevano un trust assoluto da parte della comunità, mentre nell’ultimo periodo la scelta ricade sempre più spesso su reti di sensori Iot.

La rete Iot si avvale di molteplici sensori che svolgono di continuo delle misurazioni, per poi trasmettere i dati. Questo fa sì che tale sistema garantisca un altissimo livello di certezza delle informazioni e di sicurezza dei dati comunicati, ma al contempo si tratta di dati ottenuti attraverso uno o più sensori che rilevano dei parametri. Dunque, un soggetto malintenzionato può “imbrogliare il sistema” facendo in modo che il sensore percepisca dei valori differenti dai valori reali. Un altro problema che limita l’utilizzo dei sistemi IOT riguarda quelle operazioni che devono per forza venire sottoposte a valutazioni da parte di un uomo. Sono queste interazioni a rendere il sistema fallace.

Come tracciare una filiera

Tracciabilità è un termine così ampio da dover definire lo scopo finale del progetto. Mentre in alcuni casi risulta semplice seguire la filiera dal negozio al produttore delle materie prime, senza che via siano falle nel processo, in altri settori rimarrà sempre la possibilità, purché minima, di punti deboli sfruttabili da un malintenzionato.Se volessimo, ad esempio, tracciare la filiera di produzione di un anello con incastonato un diamante sarebbe semplice seguire la filiera del diamante, poiché è un bene unico che viene identificato con un seriale ed è quindi possibile risalire a chi abbia estratto, lavorato e intermediato il diamante. Sarebbe, invece, impossibile scoprire la provenienza dell’oro, dato che l’informazione comunicata potrebbe essere solo in parte vera. L’orafo potrebbe davvero comprare dell’oro da una filiera legale e controllata, ma potrebbe anche aver aggiunto altro oro dalla dubbia provenienza. Non si può quindi avere prove che quei grammi di oro siano una porzione dell’oro proveniente dal produttore certificato.

Diventa molto difficile tracciare una filiera con tanti intermediari e altrettanti processi di lavorazione come quella del mercato alimentare. Il presente articolo vuole esporre la situazione attuale del mercato food, un problema reale, come dimostrano le numerose contraffazioni di prodotti “D.O.C. o D.O.P.”. Risulta molto difficile per l’utente finale assicurarsi che un prodotto non sia frutto di una contraffazione, principalmente per due motivi: l’utente spesso non ha e non vuole perdere tempo per controllare l’autenticità di quel prodotto e della relativa filiera, oppure non ha un modo facile e veloce per accedere a quelle informazioni.
In questa situazione utilizzare la blockchain aiuta a tracciare la filiera. Come? Per prima cosa dobbiamo porre il consorzio (o l’associazione) come oracolo. Spetterà infatti a questo soggetto controllare che ogni confezione sia realmente prodotta da uno dei propri consociati, utilizzando la corretta procedura e le giuste materie prime. Per spiegare perché questo sia necessario, proviamo a prendere in esame questa situazione: siamo nel supermercato e vediamo del Parmigiano Reggiano in offerta, ma qualche elemento della confezione ci fa credere che quel prodotto non combacia con quanto scritto sulla confezione. Cosa è possibile fare in questa situazione? La soluzione più semplice sarebbe inquadrare un QR-Code presente sulla confezione per poter venire subito a conoscenza delle informazioni riguardanti il lotto al quale appartiene quello specifico prodotto, e di controllare che le informazioni siano esatte e che quindi sia davvero il consorzio a dirci che si tratta dell’autentico Parmigiano Reggiano.

Blockchain e tracciabilità

La soluzione migliore prevede una collaborazione tra la PA e i produttori, meglio se consorziati o associati, in modo da scegliere un’unica piattaforma garantita che permetta la tracciabilità di prodotti. L’intervento della PA fa sì che vi sia trust da parte del mercato, tale sistema si basa sulle collaborazioni tra i produttori e permette di certificare e proteggere i prodotti. Purtroppo, andrebbe a cadere un principio fondamentale come quello della terzietà dell’oracolo, e di fatto si attuerebbe un sistema in grado di proteggere solo i produttori da possibili malintenzionati che vogliano sfruttare la denominazione (es. D.O.C. e D.O.P) per vendere i propri prodotti. I clienti trarrebbero beneficio da questa situazione, ma al contempo non vedrebbero risolto il problema legato alla filiera di produzione. In particolare, non potrebbero verificare che i prodotti provengano da un determinato stabilimento, abbiano subito determinati processi di lavorazione e che le materie prime provengano da una fonte certa, poiché questa informazione sarebbe inserita manualmente dallo stesso soggetto che dovrebbe essere controllato e che potrebbe mentire. Questa situazione blocca l’adozione della blockchain per la tracciabilità, principalmente a causa di due problemi:

  • i costi potrebbero diventare troppo alti poiché ogni volta che un dato viene trascritto sulla blockchain, bisogna pagare una somma che dipende dalla quantità di dati da inserire. Questo crea gravi problemi quando parliamo di food, poiché il mercato procede con dei ricavi davvero bassi.
  • esiste la possibilità di fare tutto questo senza la blockchain creando una normale app e abbattendo i costi. Se il dato viene inserito dal produttore vi è la possibilità che il dato sia falso, sia con che senza la blockchain.

Questo ci fa capire come la piena e perfetta tracciabilità richiederebbe un produttore 100% digitalizzato e robotizzato, in modo da poter garantire dati certi e sicuri, fino a poter identificare la vera origine delle materie prime che sono state utilizzate per la produzione di ogni singolo alimento.

È importante chiarire che in Italia esistono diverse normative che si occupano della tracciabilità in quanto mezzo per proteggere ed informare i cittadini riguardo i prodotti da loro consumati. Due validi esempi sono la Normativa sulla tracciabilità del farmaco e quella sulla tracciabilità degli alimenti ed entrambe prevedono il rispetto di procedure dettagliate e puntuali.
La tracciabilità è quindi un argomento caro al legislatore, che valuterà la possibilità di implementare nuove tecnologie per superare gli ostacoli che ad oggi limitano la tracciabilità e non permettono la piena e trasparente differenziazione tra i vari prodotti, in particolare dei beni di consumo.

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