ABI Lab ha annunciato i primi test relativi al progetto di sperimentazione della tecnologia blockchain nell’ambito di applicazione della spunta interbancaria (processo che verifica la corrispondenza delle attività che interessano due banche diverse, per esempio operazioni effettuate fra due clienti di due istituti).
Il gruppo di lavoro che sta lavorando al progetto è composto da 14 istituti bancari (Banca Mediolanum, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banca Sella, Bnl – Gruppo BNP Paribas, Banca Popolare di Sondrio, Banco Bpm, CheBanca! –Gruppo Mediobanca, Credito Emiliano, Crédit Agricole, Credito Valtellinese, Iccrea Banca, Intesa Sanpaolo, Nexi Banca, Ubi) e ABI Lab ne ha annunciato, al termine di questa prima fase di test, l’estensione a un più ampio numero di banche. Regolato da un Accordo Interbancario emanato da ABI nel 1978, quello della spunta interbancaria è un processo prettamente domestico, relativamente semplice e di nicchia e quindi si presta bene per una sperimentazione che potrà poi essere estesa a tutte le banche italiane.
Se test e sperimentazione daranno esito positivo, il gruppo di lavoro potrebbe proporre al Comitato Esecutivo di ABI un aggiornamento dell’accordo del 1978 e la migrazione al nuovo processo per tutti gli operatori, dato che sarebbe difficile pensare di mantenere attive due diverse modalità operative.
“Il progetto ha verificato in particolare come l’applicazione di tecnologie DLT (Distributed Ledger Technology) contribuisca a migliorare alcuni aspetti specifici dell’attuale operatività, che possono provocare discrepanze complesse da gestire per le banche. Tra queste, il tempo necessario a identificare transazioni non corrispondenti tra due banche; la mancanza di un processo standardizzato e di un protocollo di comunicazione unico; la limitata visibilità delle transazioni tra le parti”, si legge in una nota emessa ai primi di giugno dal laboratorio tecnologico promosso dall’Associazione Bancaria Italiana.
Per la realizzazione di questo progetto è stata adottata la tecnologia di distributed ledger Corda, piattaforma blockchain sviluppata da e per il mondo Finance; della sperimentazione fanno poi parte NTT Data per lo sviluppo applicativo e Sia come fornitore dell’infrastruttura di nodi.
Che cos’è la tecnologia blockchain Corda
Corda si inserisce nell’alveo dei distributed ledger e delle piattaforme blockchain ed è una tecnologia sviluppata da R3, azienda che guida un network di 200 tra banche, istituti finanziari, enti regolatori, associazioni e aziende di tecnologia.
Nato per sopperire alle difficoltà di interoperabilità tra le diverse piattaforme legacy degli istituti finanziari, con la conseguente spirale di inefficienze, rischi e costi, il network R3, come si legge nel sito “riunisce le componenti critiche per avere successo in ambito Finance: tecnologia innovativa, esperienza nel mondo bancario e della Borsa, l’ampio coinvolgimento di operatori del settore e degli enti regolatori”.
Quindi dobbiamo fare una prima distinzione importante: quando parliamo di R3 ci riferiamo all’azienda che guida il consorzio (o al consorzio stesso) e ci troviamo nell’ambito dell’ecosistema Finance. Quando parliamo di Corda, ci riferiamo alla piattaforma tecnologica adottata da R3 ma che potrebbe essere adottata in qualsiasi altro settore (purché vi sia un ecosistema che ne condivide la sperimentazione e poi l’uso, dato che questa è una delle condizioni vitali per una blockchain permissioned, ossia non pubblica e aperta a tutti, ma la cui partecipazione è regolata); nel sito di R3 si legge infatti che Corda è “il risultato di oltre due anni di intenso lavoro di ricerca e sviluppo da parte di R3 per soddisfare i più alti standard dei servizi finanziari ed è oggi applicabile a qualsiasi scenario commerciale”.
Nel maggio di quest’anno R3 ha pubblicato il White Paper The Corda Platform: An Introduction di Richard Gendal Brown, CTO di R3, che illustra le caratteristiche tecniche di Corda e ne evidenzia le principali differenze sia verso le blockchain pubbliche Bitcoin o Ethereum sia verso quelle permissioned attualmente più sviluppate per il mondo enterprise, come Hyperledger Fabric.
Non entriamo qui nella complessa spiegazione tecnica del funzionamento di Corda (rimandando alla lettura del White Paper liberamente scaricabile dal sito di R3), ma ci limitiamo a indicare che il building block fondamentale di Corda è quello che viene chiamato “state object” ossia un documento digitale che rappresenta e riunisce tutte le informazioni rilevanti su un accordo condiviso tra le parti, inclusa la sua esistenza, il contenuto e lo stato corrente.
Il consenso tra le parti viene raggiunto sullo specifico state object (e non sull’intero libro mastro, ledger, distribuito come avviene, per esempio, per le blockchain Bitcoin o Ethereum) che viene condiviso solo tra chi è legittimato a vederlo. Per garantire la coerenza in un sistema globale condiviso dove non tutti i dati sono visibili a tutti i partecipanti, Corda fa affidamento sugli hash crittografici sicuri per identificare i soggetti e i dati e per collegare gli state object alle versioni precedenti per fornire catene di provenienza. Il libro mastro è definito come un insieme di oggetti di stato immutabili.
Tornando all’ambito finanziario, nel marzo 2016 si è avuta la prima sperimentazione con lo scambio di bond in un progetto pilota che ha coinvolto 40 banche; un mese dopo Barclays ha sperimentato per la prima volta come Corda può essere combinata con smart contract nello scambio di derivati, prodotti finanziari che richiedono la produzione di un numero elevato di documenti e dove l’utilizzo della blockchain nel loro scambio ridurrebbe notevolmente i tempi.