Come la blockchain potrebbe essere impiegata per la tracciatura e il contenimento di Covid-19

Un sistema di tracciatura dei test basato su tecnologia blockchain, condiviso fra attori indipendenti e atto a massimizzare la trasparenza dei dati e delle operazioni sui medesimi, la qualità delle informazioni, l’interoperabilità e la protezione dei dati sensibili

Pubblicato il 26 Mag 2020

Proof of Stake e Proof of Work nelle blockchain: pro e contro

“Arguing that you don’t care about the right to privacy because you have nothing to hide is no different than saying you don’t care about free speech because you have nothing to say.”

Edward Snowden

La tecnologia blockchain e il Bitcoin nascono sull’onda della grande recessione, nel quadro della cultura Cyber Punk, un modello tecnologico che si pone in opposizione al modello centrale. Bitcoin ha simpatizzanti e critici, ma quel che ci interessa trattare in questo articolo è il fatto che ha fondato su solide basi, tutt’oggi inespugnate, la nascita di un’importante innovazione tecnologica che cuce in sé decenni, se non secoli, di ricerca accademica e sviluppo industriale in settori fra loro trasversali o complementari, quali quello della matematica, della crittografia, delle teorie economiche, fino ad arrivare alle più recenti teorie di progettazione di sistemi (system design) .

Vediamo come questa tecnologia potrebbe essere di supporto per la tracciatura e il contenimento di Covid-19.

La blockchain per tracciare i test di positività

In questi giorni si è discusso molto sulle soluzioni proposte per l’individuazione e la tracciatura dei casi positivi. In particolare, sono state discusse due tecnologie, PEPP-PT e DP-3T.

Secondo l’autore, ambo le soluzioni, nel perseguimento del loro scopo, seguono un approccio bottom-up, cioè dal campo (uomini) verso un server centrale. Ciò appare naturale, in quanto l’obiettivo è tracciare soggetti infetti e risalire alla catena dei contatti.

Propongo però di fare un cambio di prospettiva, un passo indietro verso l’origine e vedere il problema da un altro punto di vista. Per accertare una positività occorre un test. Esistono test di vario tipo e altri se ne potranno sviluppare. Che sia un tampone, un test serologico, o un esame diagnostico, un test è una entità alla quale si possono dare attributi. Ad esempio, qualora sia un tampone, possiamo determinarne la sorgente e la destinazione. L’origine può essere la casa produttrice, l’autorità sanitaria o qualsiasi soggetto intitolato. Immagino che un test sia un kit prodotto da una o più case farmaceutiche che venga distribuito attraverso una filiera fino a giungere in un laboratorio. A ogni passaggio il test ha un nuovo proprietario intitolato a trasferirlo o spenderlo su un paziente. Il consumo del test e l’accertamento della positività costituiscono dunque solo uno degli ultimi passaggi di un processo che ha una origine remota.

Tornando alle blockchain, le operazioni di trasferimento del test, dalla sua fabbricazione fino al consumo, possono essere viste come l’equivalente di transazioni.

Il 15 aprile 2020, la Commissione europea ha pubblicato le linee guida per la realizzazione di applicazioni finalizzate al tracciamento dei contagi. In esse la Commissione ha affermato che “le app mobili hanno il potenziale per rafforzare le strategie di tracciamento dei contatti personali, che sono necessarie a contenere e invertire il corso della diffusione del Covid-19”. La Commissione ha aggiunto: “Gli Stati membri dell’Ue stanno convergendo su soluzioni efficaci, basate su app che minimizzano il trattamento dei dati personali; riconoscono inoltre che l’interoperabilità tra queste app può non solo aiutare i servizi sanitari nazionali ma anche facilitare la riapertura delle frontiere interne dell’Ue”.

In ragione di queste raccomandazioni, tutela della privacy e interoperabilità, questo pare il caso perfetto per la creazione di un sistema di tracciatura basato su tecnologia blockchain, ove tracciatura, in primo luogo, significa tracciatura dei test. Tracciare i test ci consente di cogliere il fenomeno sotto una prospettiva differente spostando il centro dell’attenzione dall’individuo privato al sistema diagnostico. Infatti, assumendo la possibilità di creare una blockchain (permissioned o un-permissioned lo potremmo discutere dopo) doterebbe l’Italia prima e la Comunità Europea e il globo poi di uno strumento idoneo a trasferire informazione in maniera massimamente interoperabile, sincrona e trasparente, trattando in un contesto regolamentato strumenti diagnostici, diagnosi, e decorsi.

I test potrebbero essere visti come l’equivalente degli UTXO (unspent transaction output) in una blockchain e i trasferimenti avvenire per mezzo di operazioni crittografiche, più o meno come avviene per le cryptovalute.

Uno dei vantaggi rilevanti, oltre interoperabilità, è che a ogni istante tutti i partecipanti sarebbero a conoscenza di una gran mole di informazioni utili e validate, tipo l’ammontare dei test spendibili nel sistema, la loro distribuzione presso i laboratori o autorità sanitarie, il numero di test spesi e il loro esito diagnostico.

Evidentemente un test speso e la relativa diagnosi, se positiva, sarebbe associato a un identificativo “paziente”, una sorta di chiave pubblica atta a rappresentare un individuo senza rilevarne attributi superflui, che rimarrebbero in totale disponibilità del paziente medesimo.

La potenza informativa di un modello del genere sarebbe rilevante e coordinata fra i partecipanti, oltre le frontiere. Informazioni come test totali, nuovi positivi, etc., sarebbero “sincrone” e trasparenti fra comuni, province, regioni, stati. Anche i servizi di comunicazione e informazione, di soggetti pubblici e privati, avrebbero facoltà di accesso ai dati predisposti per la pubblicità, e verrebbero a cadere le barriere d’accesso a favore della democrazia, delle pari opportunità e dello sviluppo, anche in fatto di comunicazione e servizi diagnostici, analitici e più in generale accessori. Nessuno correrebbe il rischio di trasmettere informazioni errate in conferenza o di evidenziare che la tal regione non ha trasmesso i risultati. Infatti, ogni laboratorio, all’atto della diagnosi, dovrebbe solo trascrivere la transazione, una sola volta nel sistema, quale entità immutabile, eventualmente sotto-imposta a una successiva transazione.

Tracciatura dei contatti in modo distribuito, non centrale

Partendo dal test dunque, e non dal positivo, si riuscirebbe a controllare al meglio il flusso informativo. Ancora, ad esempio, potrebbe divenire anche chiaro se esistono test che vengono trasferiti a soggetti non titolati al possesso o che non vengono spesi o individuare lotti produttivi fallati, invalidando le diagnosi in maniera automatica.

La raccolta della chiave pubblica utente avverrebbe a priori, prima dell’esecuzione del test, quale passo necessario per l’esecuzione della diagnosi. Successive interazioni con il caso, come la convalida di un Istituto Superiore di Sanità o l’annullamento per cause di difettosità di un lotto, per esempio, sarebbero tracciate. Da qui, il passo verso la registrazione del decorso clinico del malato è breve.

Venendo alla tracciatura dei contatti, disponendo di un simile sistema, potrebbe avvenire in modo distribuito, non centrale, per mezzo di tecnologie simili alla DP-3T, con la differenza che, in ogni caso, non sussisterebbe l’esistenza di un servizio centrale di proprietà e gestione particolare. In questo caso, venendo i dati a confluire su una blockchain regolamentata attraverso protocolli condivisi (Open Governance) si andrebbe a minimizzare il rischio di uso improprio dei medesimi. Il trattamento dei dati sarebbe trasparente, vincolato a codice open-source e condiviso fra le parti (internazionale).

Possiamo pensare a un algoritmo blockchain come una sorta di artefatto dato dalla mediazione e contrattualizzazione fra parti. Il termine contratto non è casuale, infatti le blockchain prevedono la possibilità di eseguire contratti intelligenti, smart-contract, ovvero set di operazioni che possono essere svolte sui dati stabilite e scritte a priori. Ad esempio, questi smart-contract potrebbero svolgere i calcoli statistici necessari per evitare falsi positivi o altre operazioni sui dati concordate fra le parti. Qualora il dato fosse vincolato opportunamente, nessuno avrebbe la facoltà di utilizzarlo per scopi diversi da quello consentito e si potrebbe arrivare alla distruzione delle informazioni per smart-contract, all’insorgere di condizioni date.

A me pare chiaro che un approccio di questo tipo avrebbe il vantaggio da un lato di favorire la fiducia (in un ambiente trust-less, che non la richiede), la democratizzazione, l’interoperabilità, di essere trasparente, di smorzare le critiche, e dall’altro di porre le basi per la creazione di un caso significativo e di successo dell’impiego della tecnologia blockchain di cui da tempo si va parlando sia a livello nazionale che a livello europeo.

Le tecnologie blockchain disponibili per il tracciamento dei contatti

Questo progetto potrebbe apparire vago se non citassi tecnologie specifiche che potrebbero consentire di realizzare tutto questo in tempi brevi e con la dovuta robustezza. Dunque, per concludere l’articolo citerò, come esempio, Hyperledger un insieme di tecnologie disponibili atte a implementare quanto fin qui discusso. Hyperledger è un progetto open-source per lo sviluppo della tecnologia blockchain ospitato dalla Linux Foundation e supportato fra gli altri da IBM. Cooperano al progetto soggetti privati, banche, operatori finanziari, industrie. Come ogni blockchain si fonda sull’architettura punto a punto, sulla crittografia e sulle regole di consenso. I progetti fondamentali sono Burrow, Fabric, Indy, Iroha, Sawtooth.

Non rientra negli scopi di questo articolo una descrizione dettagliata di questi framework, quanto l’evidenziazione dell’esistenza di queste tecnologie e della loro praticabilità.

Hyperledger Fabric, ad esempio, consente di realizzare sistemi distribuiti in maniera modulare, flessibile, resiliente, scalabile e mette a disposizione, fra gli altri moduli, chaincode, un sistema per scrivere smart-contract.

Hyperledger Indy è una tecnologia che permette di sviluppare sistemi distribuiti per la gestione dell’identità digitale, promuovendo da un lato l’interoperabilità, condividendo l’autenticazione dell’identità ma rilevando solo ed esclusivamente i dettagli necessari per lo scopo particolare. Ad esempio, un istituto sanitario, potrebbe aprire una pratica di test senza acquisire il codice fiscale di un individuo ma avendo la certezza che questo sarebbe rilevato qualora necessario per gli scopi delle successive pratiche.

Hyperledger Sawtooth, per continuare con i nostri esempi, è impiegabile la dove sia necessario sviluppare un sistema di tracciabilità (per esempio i test), dall’industria fino al laboratorio, integrando sensori IoT e telemetrie avanzate.

Concludendo, abbiamo descritto un sistema di tracciatura dei test basato su tecnologia blockchain, condiviso fra attori indipendenti e atto a massimizzare la trasparenza dei dati e delle operazioni sui medesimi, la qualità delle informazioni, l’interoperabilità e la protezione dei dati sensibili e ho dimostrato, attraverso la citazione di tecnologie di comprovata robustezza, la possibilità di realizzare un progetto di questo tipo in breve.

Mi auspico che giunga all’attenzione di coloro che hanno la possibilità di influire sugli sviluppi di un sistema atto a contenere Covid-19 e a garantire, al contempo, trasparenza, pari opportunità e la privacy del cittadino.

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