Con la blockchain StreetLib reinventa il libro

A colloquio con Antonio Tombolini, fondatore e Ceo di StreetLib, sui lavori in corso sulla blockchain applicata al mondo dei libri. Una rivoluzione che potrebbe davvero arrivare

Pubblicato il 25 Lug 2018

libreria

In principio fu l’ebook, non solo con Simplicissimus, per essere più precisi Simplicissimus Book Farm, ma con una prima forte presa di posizione nei confronti di una editoria “tradizionale” ancora fortemente avversa all’arrivo del digitale. Poi arrivò StreetLib, evoluzione di Simplicissimus, nata nel 2016 esattamente dieci anni dopo l’inizio dell’avventura nel mondo dei libri. Con StreetLib si parla di una vera e propria piattaforma per l’editoria indipendente, che abbraccia tutto il ciclo, dalla scrittura all’editing alla distribuzione, dall’ebook alla copia stampata.

Antonio Tombolini - StreetLib

Oggi, per Antonio Tombolini, che ha giocato in prima persona in tutto questo percorso e che di Simplicissimus e di StreetLib è fondatore e Ceo, è l’alba di una nuova sfida, quella della Blockchain.
Una sfida che Tombolini ha accettato purché (e perché, si potrebbe anche dire) non fosse dettata da mode o trend del momento.
“Per più di un anno ho voluto studiare la blockchain per capirla a fondo, con la disponibilità ad aprire un cantiere su questa tematica solo se avessi capito che ci sarebbero stati ambiti applicativi utili, significativi e fruttuosi”.

Focus sulla blockchain per cambiare i libri, prima che l’editoria

Logo StreetLib

E per capirlo, Tombolini ha cominciato a lavorare su alcune aree problematiche per il mercato librario, per capire se dalla blockchain possa venire la soluzione.
“In primo luogo – spiega ancora – stiamo lavorando non a una blockchain per l’editoria, bensì alla blockchain per il libro. Ci abbiamo lavorato in sordina e in cantina, ma ora posso dire di essere pronto”.
Il primo problema sul quale Tombolini e StreetLib si sono concentrati riguarda la codifica dei libri.
“I libri si vendono corredati di ISBN, uno standard, un codice parlante, nato per l’editoria tradizionale, per i libri di carta. Quando si è cominciato a lavorare sugli ebook, è parso naturale e logico continuare a utilizzarlo”.

Problema numero 1: gli ISBN

Qual è il problema?
Il punto, in questo caso, è che gli ISBN costano, che costano in proporzione decrescente in relazione al numero di copie stampate e che costano ancora di più se si considera il numero di pubblicazioni realizzate in un anno.  Con il self publishing, il numero di pubblicazioni aumenta a dismisura: basti pensare, sono numeri che cita lo stesso Tombolini, che nel 2016 un editore come Mondadori fece richiesta per 3600 ISBN mentre StreetLib già si attestava sui 16.000 codici, saliti a 20.000 nel 2017.
Tenendo conto che un operatore come Amazon già utilizza un proprio identificativo digitale, ne deriva che il costo per i codici ISBN diventa sempre meno comprensibile.
“Stiamo parlando di un identificativo digitale fuori scala, che il più grande operatore del mercato già non usa più e di cui l’altra metà del mercato farebbe volentieri a meno se ne esistesse un altro più adatto al contesto attuale, ad esempio al print on demand”.

Ed è qui che entra in gioco la blockchain.
In questo caso, Antonio Tombolini e StreetLib hanno pensato a una tecnologia come Namecoin, vale a dire, stando alla definizione che si legge sul sito del progetto stesso, una tecnologia open source che migliora la decentralizzazione, la sicurezza, la privacy, la resistenza alla censura e la velocità di alcuni componenti di una infrastruttura internet, come i DNS e le identità.
“Namecoin – spiega Tombolini – viene utilizzato come identificativo di prodotti e noi ne stiamo pensando una applicazione per il mondo dei libri. In questo caso, non si parlerebbe più di costi legati all’emissione di ISBN, bensì di costi correlati alla gestione della blockchain”.

Problema numero 2: la gestione delle transazioni

Una seconda criticità sulla quale StreetLib sta lavorando riguarda la gestione delle transazioni all’interno della stessa piattaforma.
Molti utenti di StreetLib, ad esempio, agiscono con ruoli diversi.
“Un utente può, ad esempio, percepire compensi sulla piattaforma in quanto autore, ma può a sua volta aver bisogno di acquistare servizi, ad esempio quelli di un illustratore. A oggi, gestire tutte queste operazioni in moneta Fiat è complesso, farraginoso, anche perché molte delle operazioni avvengono in contesti transnazionali. In questo caso la blockchain ci consentirebbe di dotarci di un nostro coin, con il quale cominceremmo a pagare i percettori di royalty, fissando noi direttamente un cambio con il dollaro”.
Anche in questo caso, StreetLib ha già valutato tra le tecnologie già disponibili quelle che meglio si adattano a questa specifica necessità, come, ad esempio, Stellar. Con il coin, l’utente ha la possibilità di pagare i servizi della piattaforma, convertendo in valuta fiat quando vuole.
“Non facciamo alcuna ICO. Stellar o qualunque altra tecnologia dovessimo scegliere, per StreetLib è una currency con un tasso di cambio fisso. Cosa che ci consente di sottrarre il coin stesso dalle fluttuazioni”.

Problema numero 3: abilitare nuovi modelli di business

La terza sfida è quella probabilmente più ambiziosa, perché è quella che apre la strada anche a possibili nuovi modelli di business.
“Parliamo infatti della possibilità di cambiare la logica della piattaforma di base, passando dall’aggregazione dei dati in modalità client server a una logica distribuita”.
In questo caso tra le tecnologie prese in esame vi sono Filecoin e IPFS: i token di Filecoin vengono utilizzati per creare storage marketplace, mentre IPFS (Interplanetary File System), su cui Filecoin si basa, di fatto ambisce a creare un protocollo diverso da http, che non faccia riferimento a istanze centralizzate.
“Con il timestamping, noi trasformiamo il prodotto digitale associandogli le dinamiche di un prodotto fisico. Questo significa identificare ogni singola copia di un libro, che diviene dunque unica e tracciabile”.
Ed è qui che si aprono nuovi spazi.
Spazi di personalizzazione, spazi per la possibilità di associare a una copia – a quella specifica copia – contenuti premium, spazi per l’abilitazione di diritti di prestito o di rivendita, di noleggio bibliotecario, mantenendo ad esempio aperta la possibilità di retribuire comunque l’autore. Si apre lo spazio alla possibilità di associare a una copia un layer di commenti, o un aggiornamento del contenuto.
Tutto questo “semplicemente” attivando degli smart contract.
“In realtà quello che stiamo preconizzando è il futuro del libro: cosa può diventare un libro e quali sono i modelli di business aggiuntivi che si possono creare. Possiamo pensare a un libro che nasce prima ancora di essere libro. L’autore ha la possibilità di creare un draft, facendolo circolare, alle condizioni che lui stesso decide, in modo tracciabile in una community da lui stesso definita”.

Cosa Streetlib ha già messo in campo

Tutto questo per StreetLib è già molto più che una idea.
“Abbiamo sviluppato, parallelamente alla nostra piattaforma tradizionale, una piattaforma nuova, che oltre alle attività tradizionali comincia a sviluppare nuovi servizi che non sarebbero possibili senza blockchain”, spiega ancora Tombolini, che non vuole accelerare i tempi, ma che proprio in questi giorni sta attivando il Blockchain Lab di StreetLib .
“La parte di autenticazione e quella di cryptocurrency sono le prime che pensiamo di attivare, probabilmente tra l’inizio e la metà del prossimo anno, mentre la terza parte è quella che richiederà più tempo. Quello che ci preme dimostrare è che se si prende sul serio la blockchain, si possono fare grandi cose”.

Immagine di apertura: Wikimedia Commons

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