Crypto-art: la rarità di un bit

La “art-drop” milionaria del designer statunitense Beeple delinea nuove opportunità per gli artisti digitali contemporanei. La monetizzazione dell’arte e il rapporto con i propri follower potranno rifondarsi proprio grazie a criptovalute e token digitali collezionabili. Come apparirà il (crypto)artista di domani?

Pubblicato il 11 Gen 2021

Erich Fortuni

Blockchain Specialist & Project Manager at Consulcesi Tech

crypto-art

Siamo abituati a pensare all’arte digitale come a qualcosa di facilmente riproducibile e senza valore intrinseco. Blockchain e la nascita di nuovi servizi decentralizzati sembrano salvarci da questa presunzione. Come i registri distribuiti permettono di rendere scarsa un’opera fatta di soli bit? Quali sono le nuove piattaforme della Crypto-art?

Crypto-art: copia digitale ma “scarsa”

Con l’avvento della società digitale il concetto di riproducibilità ha assunto contorni nuovi. Campionando la realtà in una sequenza finita di 1 e 0, un’immagine, un video o un brano musicale possono essere replicati, distribuiti e fruiti in modo illimitato in copie uguali in tutto e per tutto alla loro matrice. In tempi non sospetti, Walter Benjamin nel suo L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica paventava già gli effetti con cui la tecnologia aveva rivoluzionato la produzione artistica. La nascita del personal computer avrebbe, da lì a pochi decenni, ridefinito i limiti della creazione e accessibilità alle opere. Prima materiali e fruibili solo di persona, ora distribuite fedelmente in tutto il mondo e consultabili con un clic. Con una digitalizzazione sempre più pervasiva, l’istanza dell’opera digitale sembra cedere il suo valore intrinseco brillando della sola luce riflessa del suo creatore.

Negli ultimi anni, grazie all’incontro con tecnologie blockchain e registri digitali distribuiti, l’arte digitale si arricchisce di possibilità tutte da esplorare. Per la prima volta un’opera digitale può essere unica o limitata a livello universale. Si tratta di una condizione inedita ed estremamente affascinante: è la combinazione della persistenza del dato informatico con l’univocità garantita da un registro digitale globale: chiunque, in modo indisputabile, può verificare la paternità e la proprietà di una creazione.

La non-fungibilità in un token

Come si realizza questo binomio? Un’opera d’arte digitale diventa scarsa associandola in modo permanente a un token crittografico. Il token costituisce un’unità rappresentativa dell’opera stessa e la lega a un contenuto informativo importante: è possibile conoscerne in modo trasparente e inconfutabile l’autore, la data di creazione, il numero di edizioni emesse, e il proprietario. Sì, perché se il token è registrato su una blockchain, assumiamo un registro pubblico e distribuito in tutto il mondo, l’informazione diventa universale. Ed ecco che un asset digitale può farsi scarso: copiabile, riproducibile, ma esistente in un numero limitato di esemplari custoditi all’interno di digital wallet proprio come delle criptovalute.

Quello che differenzia un token di questo tipo dalle criptovalute come Bitcoin e Ethereum è però la sua fungibilità. Se similmente ai contanti, nella veste di cash digitale due bitcoin condividono le stesse proprietà tra di loro, con uguale spendibilità, i token di cui parliamo qui conservano caratteristiche peculiari e non interscambiabili. Nacque così un modello di token “non-fungible” (NFT) che all’interno dell’ecosistema Ethereum è implementato tramite lo standard ERC-721, poi evoluto in ERC-1155.

Crypto-art: i nuovi mercati dell’arte

Un primo momento di gloria è stato vissuto dai non-fungible token con il fenomeno CryptoKitties. Lanciato nel 2017 dallo studio canadese Axiom Zen, la piattaforma di gattini digitali è stato il primo caso di “cryptocollectible” con una risonanza internazionale. Complice l’hype attorno alle criptovalute di dicembre 2017, questa applicazione decentralizzata, o DApp, portò la blockchain Ethereum vicina alla saturazione. Di fatto una vera e propria corsa ad acquistare e scambiare delle figurine digitali, pagate anche allora anche oltre 100 dollari, ciascuna con caratteristiche grafiche uniche, tratti genetici come il colore e la grandezza degli occhi, la forma e l’espressione del muso codificate in una stringa di DNA di 256 bit.

Questa iniziativa di successo, i cui tentativi di imitazione sono stati numerosi, ha senza dubbio dato uno stimolo decisivo alla nascita di servizi di emissione, scambio e custodia di asset digitali di tipo collezionabile. Sono nati così ecosistemi dedicati come Rarible e Open Sea che hanno segnato un punto di incontro tra i collezionisti e una schiera di decine di migliaia di creator sempre più variegata. Di fatto si tratta di vere e proprie community in cui le logiche di acquisto e vendita si uniscono a quelle di vera e propria cura del catalogo artistico. Una combinazione di market efficiency e funzionalità di art curation che abilita nuovi modelli di business. Una ricetta vincente che sta attirando l’attenzione di digital artist di fama internazionale.

Beeple, “mister 3,5 milioni”

Uno dei nomi più in voga del momento è senza dubbio quello di Beeple. All’anagrafe Mike Winkelmann, il graphic designer statunitense, che tra i suoi clienti vanta Apple, Space X e Louis Vuitton, si destreggia tra grafica 3D, loop visuali con beat elettronico e cortometraggi. Una delle peculiarità che l’hanno reso famoso in tutto il mondo è stata senza dubbio la sua persistenza nella produzione artistica. “If you are persistent, you will get it. If you are consistent, you will keep it” chiosa Mike sul canale YouTube “The Futur”. Uno dei precursori del movimento “everyday”, Beeple aggiunge ogni giorno una nuova opera d’arte digitale al suo portfolio da oltre 4.900 giorni, che sommati fanno più di 13 anni di lavoro continuo.

L’incontro tra la sua arte e i token digitali collezionabili è stato un colpo di fulmine. A tutti gli effetti un passo decisivo verso l’accettazione nell’immaginario mainstream della arte crypto. Preannunciata con un paio di giorni di anticipo per alimentare il giusto hype, l’11 dicembre sul marketplace NiftyGateway è andata in scena una vera e propria art drop. Beeple mette in vendita sulla piattaforma acquisita da Gemini, exchange dei gemelli Winklevoss, pezzi della sua collezione Everyday 2020. Le opere si collocano in un indefinito temporale trasfigurato e distopico, alternando soggetti della pop culture del ventesimo secolo a elementi del mondo crypto, il tutto calato in un universo cyberpunk cupo e privo di speranza. A un Gameboy-megalite rappresentato come una tecnologia scomparsa fanno eco la scazzottata tra Tom Hanks e un coronavirus umanoide, o il trionfo di Jabba di Star Wars e la sua progenie. A tratti, la dialettica si capovolge in un’inquietante rivincita dei cattivi.

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Un’opera di Beeple dal titolo “Moon Farm”

Le opere sono offerte da Beeple in diversi formati, concertando un’abile strategia di allocation che abbraccia tutte le fasce di collezionisti, dal parvenu dell’arte digitale agli speculatori più facoltosi. Forse anche questo tra i motivi del successo dell’evento che in pochi minuti dal lancio registrava vendite oltre 500 mila dollari, totalizzando più di 3,5 milioni di dollari grazie alle aste delle edizioni uniche delle illustrazioni, battute per cifre superiori ai 100 mila dollari l’una.

Il (crypto)artista di domani

Un’iniziativa di queste proporzioni non potrà che scatenare ulteriori “network effect” per l’intero ecosistema della Cryptoart e contribuire con nuovi spunti al business model dei (crypto)artisti di domani. L’emissione di token digitali in edizioni limitate oltre a costituire un ulteriore revenue stream per gli artisti, può intensificare il legame tra l’artista e i suoi follower. In un contesto “phygital”, in cui le logiche del digitale si mischiano con eventi e connessioni nella vita reale, il possesso di un non-fungible token può diventare un punto di accesso privilegiato a eventi esclusivi con l’artista, dirette streaming riservate su Twitch insieme ai fan più fedeli, o persino incontri 1-to-1 con il proprio idolo.

È solo la superficie di una rivoluzione che, più genericamente, riguarderà tutti i content creator. Una rivoluzione che attingerà alle possibilità offerte dalla monetizzazione decentralizzata dei propri contenuti e dei diritti d’autore associati. E se Jeff Goins nel suo “I veri artisti non fanno la fame” sostiene che è dovere di un artista “ricercare e vivere nuovi modi per garantire la sopravvivenza della propria arte”, tecnologia e decentralizzazione possono essere davvero un viatico per figure di artisti più indipendenti e in controllo del proprio destino creativo.

Video: “Manifest Destiny” dal canale YouTube di Beeple

Immagine in evidenza: Beeple “Space Exploration”

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