Digital transformation, le Pmi guardano alla blockchain

La ricerca nazionale realizzata da Talent Garden: tra le figure professionali più richieste nei prossimi tre anni digital marketing specialist, data analyst e digital officer. Alessandro Rimassa: “Una nuova generazione di giovani imprese si sta attrezzando per il futuro”

Pubblicato il 30 Mag 2018

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Per il 27% delle piccole e medie imprese italiane una delle priorità strategiche sui cui investire nei prossimi tre anni nella strada verso la digital transformation è la blockchain, che viene subito dopo il machine learning (28%), l’Internet of things (33%) e il cloud computing (35%). Sono i dati che emergono dalla ricerca nazionale sullo stato di digitalizzazione del Paese, giunta alla sua seconda edizione e realizzata da Talent Garden in collaborazione con Cisco Italia e Intesa Sanpaolo e il supporto di Enel.

Lo studio, su un campione di oltre 500 aziende, evidenzia anche quali saranno i profili professionali più richiesti dalle Pmi italiane nell’arco dei prossimi 36 mesi: digital marketing specialist (34%), data analyst (26%) e digital officer (23%).

A supportare dal punto di vista scientifico la realizzazione della ricerca i ricercatori del Master in Digital Transformation per il Made in Italy, pensato per formare consulenti in grado di accompagnare le aziende verso il digitale e l’industria 4.0.

“Il divario digitale tra le nostre imprese e quelle europee è ancora notevole – afferma Alessandro Rimassa, co-founder e Ceo di Innovation School – È evidente che per avere un vantaggio competitivo nel mercato attuale sia necessario dare una spinta e accelerare il processo di digitalizzazione che coinvolge l’azienda nel suo insieme, puntando a strategie basate sul digitale. È tuttavia interessante il fatto che le Pmi, che come noto rappresentano una parte forte del tessuto economico italiano, siano al pari delle grandi corporate nell’aver identificato le tecnologie che possono avere un impatto strategico sul business. Un dato che racconta, forse, anche di una nuova generazione di giovani Pmi che pensano a come attrezzarsi per generare una crescita importante nel futuro, e non per mantenere la dimensione e la posizione acquisita. Per fare questo però, non bastano le tecnologie, occorrono figure preparate in grado di guidare le imprese nel loro percorso di evoluzione anche culturale. Formare giovani digitali infatti, è l’unica strada che porta le aziende verso il futuro”.

Tornando alla ricerca, che ha preso in considerazione con un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro, il 67% del campione ritiene infatti, che l’innovazione impatti principalmente sull’acquisizione di un vantaggio competitivo, il 49% sull’aumento della produttività, il 48% sul miglioramento della qualità percepita dei clienti e il 47% sulla qualità interna del lavoro. Anche se per il momento l’effettivo cambiamento organizzativo rimane ancora limitato all’ambito della comunicazione e affidato a professionisti appartenenti al marketing (63%) e non a figure specifiche come il Digital Officer. Le Pmi italiane vivono in ogni caso un momento di relativo entusiasmo, con l’86% delle aziende che nel 2017 ha investito una percentuale del proprio fatturato in trasformazione digitale: il 38% del campione ha investito tra l’1% e il 10%, il 18% tra il 10% e il 20%, l’11% tra il 20% e il 30% e solo il 6% tra il 30% e il 40% del proprio fatturato.

“Il nostro impegno come grande operatore italiano è contribuire allo sviluppo e alla formazione di nuove risorse e di capitale umano con le competenze adatte ad affrontare le sfide della trasformazione digitale – sottolinea Fabrizio Paschina, responsabile comunicazione e immagine Intesa Sanpaolo – Per noi il digitale oggi non solo è la parola d’ordine delle relazioni fra banca e clienti, ma è uno dei pilastri fondamentali del piano industriale 2018-2021. In questo quadro si inserisce anche la nostra volontà di supportare i giovani attraverso percorsi innovativi, offrendo loro gli strumenti utili a competere con i migliori talenti europei”.

“Sempre più le Pmi italiane hanno la percezione del fatto che la digitalizzazione sia un fattore di competitività e di trasformazione dei modelli di business e non uno strumento accessorio – aggiunge Michele Dalmazzoni, sales leader Cisco Italia Collaboration & Industry 4.0 – per questo oggi più che mai è il momento di aiutarle a fare chiarezza sugli strumenti e sulle opportunità per costruire in concreto percorsi di trasformazione digitale, e questo è il valore aggiunto di figure come i digital officer. D’altra parte, c’è ancora molto lavoro da fare sul tema delle tecnologie abilitanti, sulle competenze e su questi ultimi due punti i vendor possono fare molto, scegliendo di collaborare con le aziende a 360 gradi, proponendo insieme soluzioni e supporto per sviluppare capacità interne, competenze delle persone e reti di relazioni che possano aiutare a sviluppare co-innovazione. È l’approccio che promuoviamo con il nostro piano Digitaliani e che sta funzionando per tante imprese con cui lavoriamo”.

“La digitalizzazione delle attività e dei processi aziendali offre importanti vantaggi competitivi non solo per le grandi corporate ma anche per le Pmi – conclude Nicola Lanzetta, responsabile mercato Italia Enel – si tratta di innovazioni che permettono di ripensare e strutturare in maniera completamente diversa le modalità con cui si relazionano con i clienti. L’obiettivo è quello di avere un rapporto diretto, basato sulla fiducia e trasparenza che ponga la persona al centro della relazione. Per questo motivo è fondamentale formare giovani professionisti in grado di sfruttare e cogliere appieno le enormi potenzialità offerte dalla digitalizzazione”.

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