La trasformazione digitale è particolarmente vibrante nel mondo della gestione dei servizi agli immobili. Mai come oggi, i facility manager delle grandi aziende sono tenuti a bilanciare due interessi:
- Garantire un’elevata qualità dei servizi, da cui dipende l’esperienza lavorativa dei dipendenti, la loro produttività e l’engagement;
- Perseguire la massima efficienza, ovvero l’ottimizzazione dei costi e i saving su servizi non essenziali. Soprattutto in era di smart working e di revisione degli spazi lavorativi, bilanciare i servizi agli immobili con le reali esigenze dell’azienda e della sua workforce è un’attività tutt’altro che banale.
Perseguire trasparenza e flessibilità nel facility management
Esiste soltanto un modo per realizzare un giusto bilanciamento tra le due esigenze riportate, ed è quello di perseguire trasparenza e flessibilità nei rapporti tra l’azienda e il complesso ecosistema di fornitori di servizi di facility che ruota attorno ad essa, cosa che presuppone la necessità di una forte evoluzione dei rapporti in senso digitale.
I contratti di servizio devono diventare sempre più modulari e flessibili, nonché basati su concetti innovativi come il comfort ambientale, il benessere soggettivo e l’occupazione degli spazi. Soprattutto, l’esecuzione delle prescrizioni contrattuali deve trovare riscontro in un sistema di monitoraggio con caratteristiche di assoluta certezza e trasparenza.
Al giorno d’oggi, buona parte dei pain dei facility manager si concentra su quest’ultimo punto, ovvero sulla limitata capacità di monitoraggio delle attività dei fornitori, che chiaramente si traduce in oneri economici per l’azienda e rende il tutto piuttosto aleatorio. Se il monitoraggio non offre caratteristiche di certezza, come disciplinare e attuare eventuali bonus o penali previste nel contratto?
Molti facility service hanno intrapreso da tempo la strada del digitale e, per certi servizi (come manutenzione e pulizie) forniscono sistemi digitali di monitoraggio delle attività – basati su dati IoT e sulle dichiarazioni degli operatori – che confluiscono in cruscotti di sintesi facilmente interpretabili e accessibili.
Anche in questo caso, però, la componente di trust nei confronti del fornitore non può mancare, ed è anzi il pilastro su cui si fonda la relazione. In casi estremi, infatti, come avere la certezza che quei dati non siano stati alterati, magari per non incorrere in penali o da un attore malevolo esterno interessato a screditare un competitor agli occhi dei suoi clienti?
È sulla base di tutte queste esigenze, unite a un naturale percorso di evoluzione digitale, che da qualche anno i temi di smart contract e blockchain sono entrati a far parte del facility management. Spesso si tratta di progetti pilota, ma le prospettive sono molto interessanti.
I benefici di smart contract e blockchain nel facility management
La trasposizione in codice di un contratto di facility determina la sua discretizzazione in eventi, che il sistema procede a monitorare e a registrare (notarizzare) su rete blockchain, fornendo a tutte le parti in causa i benefici di massima trasparenza e, aspetto tutt’altro che secondario, di sicurezza e immutabilità del dato.
L’accoppiata smart contract e blockchain porta l’automazione nei rapporti di facility (si parla di auto-esecuzione contrattuale) perché lo smart contract certifica l’esecuzione delle prestazioni nei termini previsti dagli accordi contrattuali. La fiducia nei confronti della controparte si affianca o trasferisce allo strumento digitale (digital trust) andando di fatto ad allentare buona parte dei limiti e delle inefficienze tradizionali presenti in quest’ambito.
Un aspetto che vale la pena sottolineare, è che il beneficio dell’innovazione non ricade unicamente sul committente, che ha ora certezza sulla fase esecutiva del contratto, può confrontare le performance del fornitore con gli accordi in essere (SLA) e ipotizzare serenamente formule contrattuali moderne e flessibili, ma anche per il fornitore, che acquisisce gradualmente un diritto al credito con caratteristiche di esigibilità.
La registrazione su blockchain è di fatto la prova che la prestazione è avvenuta con tempi e modi confacenti al dettato contrattuale, e a questo può seguire istantaneamente la fase di rendicontazione e di pagamento. In quest’ambito si innestano le sperimentazioni sulla tokenizzazione dei contratti, ovvero la loro scomposizione in prestazioni elementari, che il sistema può monitorare e controllare in modo preciso e indipendente.
Verso un ecosistema digitale connesso
L’ipotesi più evoluta, cui stanno lavorando alcuni player, è quella dell’integrazione di smart contract e blockchain in un ecosistema di soluzioni digitali innovative al servizio della gestione end-to-end dei servizi agli immobili.
A titolo d’esempio, tramite IoT, sistemi di automazione e tutto il tema del Building 4.0 è possibile rilevare autonomamente parametri di comfort ambientale (temperatura, umidità relativa) o di occupazione degli spazi, registrarli su blockchain in momenti ben definiti della giornata e confrontarli autonomamente con gli SLA, mentre l’adozione di algoritmi di intelligenza artificiale può essere utile per abilitare un approccio predittivo su eventuali disservizi futuri (si pensi alla manutenzione predittiva, un tema centrale in ambito di facility management) e sull’andamento contrattuale futuro.
Quanto appena descritto andrebbe a confluire in un sistema digitale armonico e indipendente dalle tecnologie e dalle soluzioni dei singoli fornitori. Oltre a tutte le considerazioni fiduciarie di cui sopra, occorre considerare anche la loro numerosità: ogni grande azienda ha decine di fornitori di servizi e non può permettersi – pena l’inefficienza – di dover gestire altrettante tecnologie e sistemi indipendenti.