Uno dei settori che sembra più interessato a sperimentare la tecnologia Blockchain per gestire nuove modalità transattive è quello delle utilities: i processi di automazione attivabili con la DLT (Distributed Ledger Technology) potrebbero infatti rivelarsi strategici in vista della diffusione delle smart grid e dell’accesso alle reti di distribuzione da parte di piccoli e piccolissimi produttori di energia. Questa prospettiva futura è al tempo stesso il motore e il freno dello sviluppo delle applicazioni Blockchain per aziende come Enel. Che, pur contribuendo ad alimentare il dibattito internazionale, mantengono una certa cautela di fronte all’entusiasmo che l’industria tecnologica dimostra rispetto alla soluzione, fomentando un hype – secondo Diego Dal Canto, Innovation Manager di Enel – non sempre giustificato. Alla conferenza internazionale Consensus 2017, che si è tenuta a New York a fine maggio, Dal Canto ha parlato della partnership con Ponton, fornitore di software per il mondo enterprise, per la creazione di Enerchain, un marketplace europeo per fornitori di energia decentralizzato e basato per l’appunto sulla tecnologia Blockchain. Il prototipo dovrebbe essere presentato entro l’estate, mentre la versione beta della piattaforma potrebbe vedere la luce entro la fine del 2017. Al progetto partecipano più di 20 trader europei. «Molti parlano dell’utilizzo di Blockchain per la creazione di mercati locali Peer to Peer», ha detto Dal Canto, «ma sfruttare la Blockchain nell’ambito Smart Energy per coordinare le vendite tra produttori residenziali di rinnovabili è molto più complicato di quanto si possa immaginare, perché bisogna fare poi i conti con l’effettiva disponibilità e distribuzione fisica dell’energia messa in vendita».
Dunque in che modo la Blockchain può portare valore al vostro settore e in particolare a Enel?
È una domanda ancora aperta: le risposte non sono scontate, né in senso positivo né in senso negativo. Dopotutto è soltanto da un anno che si sono accesi i riflettori sulle utilities e non siamo gli unici che si sono dovuti rimettere sui banchi di scuola. Gli ambiti applicativi della Blockchain su cui al momento pensiamo si possa lavorare sono quelli del trading, della gestione delle reti e dei pagamenti digitali. L’unica cosa che ci è perfettamente chiara è che non si può affrontare l’adozione della Blockchain solo dal punto di vista tecnologico, creando torri d’avorio a cui viene poi applicata l’etichetta “innovazione”. Per questo abbiamo dato vita a una comunità interna che raggruppa non solo colleghi che a prescindere dall’ambito professionale sono interessati alla materia, ma anche risorse provenienti da tutte le business line: bisogna far dialogare trading, finanza, pagamenti, persone che abitualmente non si occupano di digitale e ICT. Disseminazione, brain storming e confronto continuo si stanno rivelando fondamentali per estrarre idee su ciascun ambito. Questo modo di fare innovazione sfruttando orizzontalmente risorse all’interno del gruppo e facendo leva sui nostri stessi fornitori e partners è ciò che chiamiamo Open Innovation, un nuovo approccio che si sta rivelando fondamentale per rispondere rapidamente ad un mercato in continua evoluzione.
Oltre a Ponton, con chi state esplorando questa opportunità?
Un percorso di Open Innovation è per definizione rivolto a tutti i soggetti potenzialmente interessati: abbiamo quindi incontrato tutti gli attori principali a livello mondiale, dai big della Silicon Valley a piccole StartUp, molte anche in Italia, intervistando decine di soggetti che talvolta si presentano addirittura come “disruptor” del sistema elettrico. A fronte di un livello di hype così elevato abbiamo organizzato lo scorso 1 e 2 febbraio 2017 un incontro dal titolo “Blockchain, quali casi d’uso per superare l’hype” che ha visto la partecipazione di circa 40 utilities europee e molte società attive nel panorama Blockchain con lo scopo di avviare un dibattito concreto e oggettivo sul tema.
La prospettiva futura?
Stiamo approfondendo alcuni ambiti applicativi dove intravediamo la possibilità di testare soluzioni ispirate alla blockchain nell’ambito dell’energia. Le questioni pratiche da risolvere quando si cerca di applicare una tecnologia basata su un registro pubblico e uno schema di incentivi costruito su cryptovalute a un contesto enterprise sono moltissimi, senza contare gli ostacoli di natura regolatoria. Posso affermare che nel momento in cui si identificherà uno use case che porti vantaggio ai nostri clienti, saremo pronti anche ad applicare Blockchain nel mondo delle utilities, ma senza aver chiaro prima il problema da risolvere e il modello di business non ha senso parlare di applicazioni per una nuova tecnologia per quanto nuova e affascinante. Tutto parte sempre dal cliente, laddove si possano identificare interesse e convenienza per i nostri clienti saremo i primi a metterci in gioco. Come per esempio stiamo facendo con le nostre pionieristiche iniziative in ambito Vehicle to Grid, la tecnologia grazie alla quale è possibile utilizzare i veicoli elettrici come vere e proprie batterie mobili, in grado di immettere in rete l’energia inutilizzata tramite le apposite colonnine. Il V2G è già presente dallo scorso anno in Danimarca grazie al primo hub commerciale presso la sede dell’utility Frederiksberg Forsyning, in Inghilterra presso il Nissan Technical Centre Europe di Carnfield e recentemente anche in Francia e in Germania. Le prime infrastrutture di ricarica per auto V2G sono arrivate anche in Italia, grazie a un progetto pilota di car sharing elettrico aziendale a servizio dell’IIT di Genova, che abbiamo sviluppato in partnership con Nissan, anche se purtroppo il piano normativo non permette ancora la bidirezionalità del processo, vista l’impossibilità di immettere l’energia in surplus in rete.