L’energia è uno dei settori, extra Finance, dove la tecnologia blockchain può trovare una vasta gamma di impieghi. Pwc ha compiuto uno studio approfondito, Blockchain–an opportunity for energy producers and consumers, dove, accanto a utilizzi più “tradizionali” come quello di criptovalute per il pagamento dei consumi energetici, ne vengono evidenziati alcuni più innovativi che diventano veri e propri abilitatori di nuovi modelli di business.
Dalla fornitura centralizzata di energia alla decentralizzazione
Un’applicazione chiave è rappresentata dalla possibilità di sviluppare un sistema decentrato di fornitura e scambio di energia (figura 1).
Nel sistema attuale, i diversi attori (produttori, trasportatori, distributori, fornitori dell’ultimo miglio) effettuano le transazioni in modo sequenziale; il consumatore è l’ultimo anello della catena senza alcuna possibilità di far sentire la propria voce, se non verso i fornitori dell’ultimo miglio. La tecnologia blockchain consentirebbe invece di mettere direttamente in contatto il produttore con il consumatore e di gestire in un modo totalmente nuovo il flusso di distribuzione dell’energia: l’implementazione all’interno della blockchain di smart contract consentirebbe di iniziare o interrompere l’erogazione di energia in base alle regole definite nel contratto digitale. L’energia prodotta in eccesso potrebbe essere resa facilmente e immediatamente disponibile quando necessario.
L’utilizzo di questa modalità di erogazione permetterebbe inoltre di tracciare in modo molto preciso e non modificabile il consumo di energia, producendo tutta la documentazione necessaria ai fini amministrativi, contabili e fiscali. Quest’ultima funzionalità apre, per esempio, tutto un mondo di possibilità nel campo della certificazione energetica, prima fra tutti una gestione decentralizzata dei certificati verdi.
I certificati verdi sono una forma di incentivazione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che consiste, in pratica, in titoli negoziabili, il cui utilizzo è diffuso in molti Stati come nei Paesi Bassi, Svezia, UK e alcuni stati USA e che sono stati introdotti in Italia nel 1999. Si tratta di certificati che corrispondono a una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto, utilizzando fonti rinnovabili, produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas naturale, carbone ecc.), il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere (a prezzi di mercato) a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili, ma non lo fanno o non possono farlo autonomamente. In Italia i certificati verdi sono emessi dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) su richiesta dei produttori di energia da fonti rinnovabili. La cronologia di proprietà di ciascun certificato potrebbe essere registrata utilizzando la tecnologia blockchain in modo sicuro, trasparente e senza che possa essere manomesso, il tutto senza bisogno di intermediari.
Un altro caso d’uso, che investe il mondo Internet of Things, è quello di creare una blockchain che registri e regoli la proprietà e lo stato attuale (asset management) di oggetti come contatori intelligenti, reti e impianti di generazione (per esempio pannelli solari).
Il documento Pwc immagina una potenziale trasformazione radicale del mercato dell’energia grazie alla blockchain: l’energia prodotta in impianti distribuiti (campi eolici, campi di pannelli solari, anche di piccolissime dimensioni come quelli dei cosiddetti prosumer ossia i consumatori che, grazie a pannelli installati nelle loro proprietà, producono più energia di quanta sia loro necessaria vendendo quella in eccesso) potrebbe essere trasportata ai consumatori finali utilizzando reti più piccole invece delle grandi reti di distribuzione di oggi; i contatori intelligenti misurerebbero la quantità di energia prodotta e consumata, mentre le attività di negoziazione e pagamento sarebbero controllate da smart contract ed eseguite attraverso la blockchain. Il panorama degli attori della catena di produzione e distribuzione dell’energia verrebbe fortemente disintermediato e il consumatore finale potrebbe avere un maggiore controllo sull’intera filiera gestendo con maggiore autonomia i propri contratti di fornitura di energia.
Se questo è lo scenario più dirompente, il documento Pwc propone altre applicazioni dove la tecnologia blockchain potrebbe essere utilizzata anche dai grandi produttori e distributori di energia.
Semplificando il modello di fatturazione, renderebbe più semplice l’approvvigionamento di energia su vasta scala per le auto elettriche: le colonnine di ricarica, dotate di smart meter, potrebbero essere poste ovunque, per esempio nel parcheggio di un centro commerciale: l’autista parcheggia l’auto che si ricarica mentre lui fa la spesa; una volta che il conducente lascia il parcheggio, la ricarica viene fatturata e pagata immediatamente tramite blockchain.
O, ancora, si potrebbero avere interessanti sviluppi nell’ambito della building automation dove l’integrazione tra blockchain e smart devices potrebbe semplificare la comunicazione diretta tra i diversi sistemi intelligenti all’interno dell’abitazione ai fini dell’approvvigionamento energetico necessario.
Applicazioni pratiche: dalle sperimentazioni alle realizzazioni concrete
Quelle esposte non sono semplici teorie, incominciano infatti ad affacciarsi sul mercato progetti che le stanno concretizzando.
Uno dei più conosciuti è la Brooklyn Microgrid (figura 2), rete nata dalla joint venture tra LO3 Energy (azienda americana che da più di dieci anni si occupa di efficienza energetica) e la software house ConsenSys: i partecipanti al progetto installano smart meter che registrano l’energia generata dai pannelli solari posizionati sui tetti delle proprie abitazioni e quella consumata; ConsenSys ha progettato un sistema basato sulla piattaforma blockchain Ethereum che, grazie all’utilizzo degli smart contract, consente la tracciatura automatica delle transazioni che avvengono tra vicini di casa, monitorando costantemente produzione e consumi. Grazie alla partnership firmata nel novembre 2016, il progetto ha inoltre goduto del supporto di Siemens e di next17 unit, ecosistema di startup (aggregato dalla stessa Siemens) che si occupano della messa a punto di progetti di microgrid per la produzione e distribuzione di energia utilizzando la tecnologia blockchain.
Lawrence Orsini, fondatore di LO3 Energy, nel corso della conferenza Business of Blockchain, organizzata lo scorso aprile da MIT Technology Review e MIT Media Lab Digital Currency nel MIT Campus di Cambridge, ha affermato che “la distribuzione dell’energia mediante lo sfruttamento di questo protocollo avviene in modo più efficiente rispetto alla trasmissione a distanza; inoltre i quartieri diventano di fatto più resilienti alle interruzioni di corrente, consentendo di soddisfare la domanda anche quando i fabbisogni energetici hanno dei picchi. Questa iniziativa imprenditoriale è inoltre in linea con il crescente sostegno dei cittadini alle energie rinnovabili, ai sistemi energetici distribuiti e decentralizzati e ai gruppi di acquisto locale”.
Who's Who
Lawrence Orsini
Attualmente Brooklyn Microgrid è costituita da 50 nodi fisici, ma Orsini si è già rivolto alle autorità di regolamentazione presenti negli Stati Uniti, in Australia e in Europa, per favorire l’espansione del suo progetto. Ma questa non è una dichiarazione di guerra alla tradizionale filiera produzione-distribuzione di energia, perché, come ha dichiarato lo stesso Orsini nel corso della conferenza bostoniana, “non abbiamo intenzione di estromettere le utility dal mercato, vogliamo invece che il loro modello di business si evolva”.
La dimostrazione che questi progetti possono coinvolgere anche attori tradizionali, aprendo nuove opportunità, è il progetto nel quale è coinvolta Vattenfall, produttore svedese di energia elettrica, quarto maggiore fornitore in Europa. L’azienda ha lanciato in Olanda la startup Powerpeers (figura 3), un marketplace, sempre abilitato da tecnologia blockchain basata su smart contract, dove singoli produttori (sempre attraverso pannelli solari o pale eoliche) e singoli consumatori possono vendere e acquistare energia elettrica. “Stiamo cambiando la nostra strategia – ha dichiarato Martijn Hagens, Head of Customers & Solutions di Vattenfall – la nuova Vattenfall vuole basarsi su produzioni di energia sostenibili e fornire soluzioni incentrate sul cliente. Vogliamo essere un’azienda climate-neutral [che produce energia elettrica con zero emissioni di CO2 ndr] entro il 2050 e Powerpeers aiuterà noi e i suoi clienti a essere più sostenibili”. E Lars Falch, CEO di Powerpeers, ha aggiunto: “Abbiamo sviluppato un nuovo tipo di società di energia che è in linea con la tendenza del vivere ‘verde’ di oggi e poiché siamo una startup siamo estremamente flessibili e possiamo evolvere in modo continuo insieme ai nostri clienti”.
Un altro esempio di collaborazione tra attori tradizionali e attori innovativi del settore Energy viene dai progetti che stanno sviluppando la startup Slock.it (il cui slogan è “affittate, vendete o condividete qualsiasi oggetto – senza intermediario”) con RWE (compagnia elettrica tedesca fondata nel 1898 che, tramite le sue società controllate, distribuisce elettricità, ma anche gas e acqua a oltre 120 milioni di clienti ed è il secondo produttore di elettricità tedesco) per l’integrazione degli smart contratc, basandosi sulla blockchain Ethereum, nel caricamento di vetture elettriche autonome, per semplificare l’autenticazione, il pagamento e la fatturazione dell’energia consumata.
C’è infine un aspetto di carattere macroeconomico e finanziario sul quale gli economisti stanno lavorando: come si sa, la crisi economica mondiale dalla quale non ci siamo ancora completamente sollevati ha avuto origine dalle speculazioni finanziarie che hanno portato allo sgonfiarsi della bolla immobiliare statunitense e poi, in un domino che ha coinvolto tutte le economie, a una crisi finanziario-economica di dimensioni globali, con il conseguente lievitare dei prezzi delle materie prime (petrolio prima di tutto) e la crisi alimentare mondiale che ha messo in ginocchio numerosi paesi. La disintermediazione finanziaria di alcuni beni essenziali per le nostre economie, come l’energia elettrica, abilitata dalla tecnologia blockchain, porterebbe invece questi beni a essere meno impattati dalle speculazioni finanziarie (in quanto oggetto di contrattazione diretta). Del resto l’ormai noto articolo dell’ottobre 2015 di The Economist, The trust machine, “sdoganava” la cattiva reputazione che fino a quel momento avevano avuto i bitcoin (considerati fino a poco tempo fa alternativamente un gioco per nerd o uno strumento per finanziare traffici illeciti nel dark web), ma soprattutto attribuiva alla blockchain, la macchina della fiducia appunto, il potere di trasformare il funzionamento stesso dell’economia.