Eredità digitale e criptovalute, le regole della successione

I beni digitali oggetto della successione possono essere a contenuto non patrimoniale o patrimoniale. Fra questi, in primis Bitcoin, Ethereum, Monero, Ripple, Stellar, Litecoin

Pubblicato il 24 Giu 2020

Alessandro D'Arminio Monforte

NetworkLex Studio Legale

Matteo Rocchi

NetworkLex Studio Legale

tokenizzazione

La rivoluzione digitale ha provocato effetti significativi anche dal punto di vista successorio: il patrimonio personale è andato infatti a comporsi di nuovi beni, i beni digitali. Tra questi, le criptovalute, ovvero le monete virtuali prive di un contro valore garantito utilizzate ora come moneta di scambio, ora come strumento di investimento, hanno assunto un ruolo da protagoniste. Nonostante ciò, se è vero che sono stati esaminati gran parte degli aspetti legati alla loro circolazione, è altrettanto vero che, paradossalmente, le questioni successorie sono state affrontate solo marginalmente e in sporadiche occasioni, ragione per la quale si rende opportuno un ulteriore approfondimento.

I beni digitali di natura patrimoniale e le criptovalute

I “beni digitali” sono beni rappresentati in formato binario[1] (ovverosia da una serie di 0 e 1), di cui si possiedono i relativi diritti di utilizzo[2], contenuti all’interno di un dispositivo di memorizzazione (fisico o virtuale), che esistono o esisteranno in futuro[3].

Sono tali, ad esempio, i documenti informatici di testo (.doc, .pdf, .txt, ecc.), le immagini (.jpg, jpeg, .bmp, ecc.), i video (.mp4, .avi, ecc.), i programmi per elaboratore, i nomi a dominio, gli e-books, la corrispondenza elettronica (e-mail), i beni compravenduti on-line e, in generale, qualsiasi “dato” che sia stato creato dal defunto o su cui lo stesso poteva vantare un diritto di proprietà esclusivo e assoluto, a prescindere dalla sua incorporazione (o incorporabilità) su un supporto di memorizzazione fisico o virtuale[4].

I beni digitali, sebbene non risultino idonei a rappresentare il fenomeno della successione digitale nella sua interezza e complessità, possono essere distinti in patrimoniali/non patrimoniali.

I beni a contenuto non patrimoniale (o personale o familiare[5]) sono tutti quei beni che sono suscettibili di essere valutati soltanto nella loro rispondenza a interessi individuali, familiari, affettivi o sociali[6], quali ad esempio, e-mail, fotografie di famiglia, scritti intimi o personali.

I beni a contenuto patrimoniale, invece, si caratterizzano per il loro valore economico intrinseco e la correlata facoltà di utilizzazione economica che essi attribuiscono al titolare, quali i programmi per elaboratore, le fotografie digitali scattate da un fotografo professionista, ecc.

I beni digitali a contenuto patrimoniale per eccellenza però sono le criptovalute (quali Bitcoin, Ethereum, Monero, Ripple, Stellar, Litecoin): monete virtuali prive di un controvalore garantito da un soggetto terzo e accessibili attraverso una chiave crittografica, destinate all’investimento, alla detenzione o all’uso esattamente come la moneta avente corso legale, con la differenza però che le transazioni possono essere realizzate solo attraverso strumenti tecnologici[7], ossia attraverso la blockchain.

La detenzione della criptovaluta e la successione ereditaria

Il sistema di gestione e circolazione delle criptovalute è l’aspetto che maggiormente interessa il diritto delle successioni e, in particolare, il passaggio generazionale della ricchezza digitale, è quello della loro detenzione che si può realizzare:

a) attraverso fondi comuni di investimento, certificati, futures o altri strumenti finanziari comuni che abbiano come sottostante il valore della criptovaluta[8].

In questo caso non esiste una criptovaluta di proprietà del defunto in quanto ciò che rileva è unicamente la quotazione dello strumento finanziario che riflette il valore della criptovaluta di riferimento;

b) attraverso un account aperto presso un istituto bancario o altri intermediari on-line (c.d.exchange). Il servizio di exchange si occupa di convertire la valuta “fiat” in criptovaluta secondo la quotazione del momento e di fornire all’utente un account per operare con la criptovaluta detenuta (ovvero scambiare nuovamente la criptovaluta con moneta fiat, inviare e ricevere pagamenti). Per effettuare le operazioni sulla blockchain, l’exchange utilizza sempre la propria chiave privata, riconducibile esclusivamente al proprio portafoglio, e tiene traccia dell’effettiva giacenza di ciascuno dei propri utenti all’interno del proprio portafoglio (come una banca ordinaria che tiene traccia della giacenza sui conti correnti di ciascun cliente).

L’utente del servizio di exchange deve conservare e custodire i dati di accesso al proprio account come un qualunque servizio on-line. L’exchange, di norma, conosce tutti i dati dell’utente e risulta dunque sempre in grado di recuperare i dati di accesso all’account in caso di decesso.

c) direttamente dall’utente. In questo caso, la chiave privata è detenuta direttamente dall’utente il quale potrà custodirla attraverso:

  • i c.d. “paper wallet”, ovvero un semplice foglio cartaceo (o un documento informatico) sul quale è stampata la complessa chiave privata in caratteri alfanumerici o codificata attraverso un QRcode;
  • i c.d. software wallet, ovvero applicazioni, accessibili tramite password, che contengono la chiave privata. Trattasi di un software installato su un device grazie al quale sarà possibile generare la chiave privata (la quale resterà memorizzata esclusivamente sul medesimo) per disporre della criptovaluta ed effettuare le transazioni sulla blockchain;
  • i wallet di tipo hardware (c.d. hardware wallet, quali Ledger Wallet, Trezor), ovvero dei device esteticamente simili a memorie flash Usb e collegabili a un computer con le stesse modalità, contenenti sia la chiave privata sia un’interfaccia per il sistema di firma attivabile mediante un PIN complesso[3]. In altre parole, la chiave privata viene generata dal dispositivo, protetto crittograficamente dall’utente con un PIN scelto dallo stesso e ivi rimane memorizzata senza mai essere esposta. Frequentemente il dispositivo opera in combinazione con un’applicazione software (simile al software wallet) destinato tuttavia solo alla predisposizione della transazione.

Le problematiche legate al subentro nei diritti del defunto sulle criptovalute

Se la criptovaluta è utilizzata solo quale indice di uno strumento finanziario l’acquisizione del suo possesso non presenta particolari problematiche, essendo l’oggetto della successione costituito unicamente dallo strumento finanziario.

Nel caso in cui, invece, la criptovaluta sia detenuta direttamente dal defunto, la questione appare più complessa:

  • se le criptovalute sono detenute attraverso un software wallet, al fine di entrare in possesso delle stesse, i problemi da superare saranno legati all’accesso, da un lato, al device all’interno del quale è stato installato il software di custodia della chiave privata e, dall’altro lato, al software medesimo che, infatti, è protetto da una password. Le criticità relative al recupero della chiave privata non differiscono di molto da quelle per l’accesso a un qualsiasi file criptato, con l’aggravante di una eventuale localizzazione non sempre agevole nel caso di un moderno sistema operativo che sia efficacemente protetto da quella che a tutti gli effetti risulta essere un’esfiltrazione di dati malevola;
  • se invece le criptovalute sono detenute attraverso un hardware wallet, oltre alle difficoltà di reperimento dell’hardware medesimo, sarà necessario recuperare la password di accesso alla chiave privata o alle funzionalità del token, rinvenendo indizi utili attraverso investigazioni sugli averi del defunto o, come extrema ratio attraverso il c.d. “chip off” – ovvero la rimozione fisica dei componenti dalla scheda logica finalizzata ad un accesso fisico al componente contenente la chiave privata da estrarre – procedimento questo estremamente rischioso e di esito assolutamente incerto, data la presenza della cifratura, che può volatilizzare una fortuna qualora non giunga a buon fine[9].

Nel caso in cui, invece, la criptovaluta sia detenuta da un exchange, l’acquisto del suo possesso non si rivela (rectius, non dovrebbe rivelarsi) particolarmente complesso. Saranno infatti applicabili le norme previste per l’accesso all’account del defunto, ovvero a) il Regolamento UE 679/2016 sul trattamento dei dati personali, b) il d. lgs. 196/2003, come modificato dal d. lgs. 101/2018, eventualmente in combinazione tra loro.

Tuttavia, la prima (oltre che più semplice) forma di acquisizione delle criptovalute depositate presso un exchange e accessibili tramite un account, resta sempre l’accesso attraverso lo stesso (o gli stessi) devices (personal computer, smartphone, tablet, ecc.) in uso al defunto (se accessibili ab origine).

In altre parole, qualora i chiamati all’eredità siano riusciti ad accedervi, potranno tentare di entrare nell’account del defunto utilizzando il suo personal computer, il suo tablet o il suo smartphone.

I programmi di navigazione (browser), anche al fine di agevolare l’utente, consentono infatti di memorizzare localmente le credenziali di accesso ai diversi servizi in rete (il browser utilizzato per la navigazione in internet conserva tutte le password che l’utente ha deciso di salvare in occasione del primo accesso ad un account o alla modifica delle password medesime).

  1. Marino, La successione digitale, in Oss. dir. civ. e comm., 2018, 171.
  2. Berti e Zanetti, La trasmissione mortis causa del patrimonio e dell’identità digitale: strumenti giuridici, operativi e prospettive de iure condendo, in Law and Media Working Paper Series, n. 18/2016, il testo è disponibile al seguente link <http://www.medialaws.eu/la-trasmissione-mortis-causa-del-patrimonio-e-dellidentita-digitale-strumenti-giuridici-operativi-e-prospettive-de-iure-condendo-working-paper-series-no-182016/>, 4.
  3. Serena, Eredità digitale, in Aa.Vv. Identità ed eredità digitali, stato dell’arte e possibili soluzioni, Ariccia (RM), 2016, 113”
  4. Camardi, L’eredità digitale. Tra reale e virtuale, in Dir. inf. e inform., 2018, 75.
  5. Mastroberardino, Il patrimonio digitale, Napoli, 2019, 10.
  6. Marino, La successione digitale, cit., 184.
  7. Morone, Bitcoin e successione ereditaria: profili civili e fiscali, in Giustiziacivile.com, n. 2/2018, 3, il testo è disponibile al seguente link <http://giustiziacivile.com/soggetti-e-nuove-tecnologie/articoli/bitcoin-e-successione-ereditaria-profili-civili-e-fiscali>
  8. Morone, Bitcoin e successione ereditaria: profili civili e fiscali, cit., 6.
  9. D’Arminio Monforte, La successione nel patrimonio digitale, Pacini Giuridica, 101.

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