Con il web3 torna di moda la decentralizzazione e la blockchain ricomincia a tentare le imprese che finora non ne hanno valorizzato l’utilizzo. Questo trend, per ora appena percepibile, ha messo in allerta le piattaforme cloud, che non hanno alcuna intenzione di sbagliare i tempi ed entrano in gioco subito. Lo dimostra il recente annuncio di Google Cloud che ha lanciato il suo Blockchain Node Engine, definito “un nodo-hosting completamente gestito per lo sviluppo web3”. La prima blockchain sarà Ethereum, ma presumibilmente in futuro saranno supportate anche altre blockchain.
Agnostico e semplice, uno strumento per “attivare” sempre più developer web3
Con questa novità, Google Cloud si rivolge direttamente agli sviluppatori del nuovo ambiente, ancora “under costruction”. La promessa è quella di aiutarli a creare e distribuire nuovi prodotti su piattaforme basate su blockchain con il minimo sforzo e nella massima sicurezza.
Blockchain Node Engine è il primo grande risultato del lavoro del team dedicato agli asset digitali che l’azienda ha voluto creare a inizio 2022. Gli sforzi dei suoi membri si sono focalizzati subito su un processo ad alta intensità e risorse come quello della sincronizzazione dei nodi di una blockchain. Esso infatti comporta uno scambio continuo di dati e presenta numerose complessità da gestire, parallelamente alla mission “innovare”, sempre più pressante.
La scelta di Google Cloud è stata quella di creare un servizio agnostico con cui gli sviluppatori possano costruire tutto ciò che desiderano, partendo da delle “basi fondamentali” messe a disposizione per mettere a terra più rapidamente e concretamente l’innovazione. Tra i casi d’uso possibili, si trovano per esempio lo sviluppo di smart contract e la lettura e scrittura sulla blockchain. Due task attuali, frequenti e realistici che mostrano l’intenzione di Google Cloud di fornire uno strumento utile nell’immediato.
Sicurezza, agilità e facilità d’uso per un team DevOps più libero
Minimo effort, provisioning semplice e sicurezza, sono i tre principali vantaggi che la novità di Google Cloud offre nel mondo del web3. Un invito agli sviluppatori a “lanciarsi” in questo nuovo ambiente e, forse, velocizzare una transizione che per ora non ha alcuna data certa associata.
L’Engine presentata introduce la logica dei servizi gestiti e riduce al minimo gli sforzi che le aziende devono compiere per creare un nodo sulle blockchain supportate e poi gestirlo al posto dell’utente. Invece di “tenere in ostaggio” il team DevOps con lunghi turni di monitoraggio per intervenire in caso di problemi o interruzioni, Google Cloud lo libera. È infatti Blockchain Node Engine a vegliare sulla rete, provvedendo al riavvio in caso di criticità e lasciando le risorse umane libere di dedicarsi a una innovazione customer-centric.
Un altro problema che Google Cloud vorrebbe risolvere con il suo nuovo servizio è quello relativo alla velocità e alla semplicità del processo di sincronizzazione di un nodo completo dal primo blocco. Per come si svolge attualmente, è un passaggio che può richiedere diversi giorni perché prevede il provisioning di un’istanza di calcolo, l’installazione di un client Ethereum (per esempio geth) e l’attesa che il nodo si sincronizzi con la rete. Il Blockchain Node Engine riduce tutto a un solo passaggio, lato sviluppatori, chiedendo loro solo di specificare la regione e la rete desiderate (mainnet, testnet).
Per non far erigere muri di diffidenza al settore finanziario e istituzionale, anche l’aspetto della sicurezza è stato approcciato in modo prioritario. Guardando alla carenza di offerta di protezione per le infrastrutture blockchain nel web3, Google Cloud introduce alcune configurazioni di sicurezza che possono aiutare a prevenire l’accesso non autorizzato ai nodi. La mossa chiave, in tal senso, è il posizionamento dei nodi dietro a un firewall Virtual Private Cloud, in modo che possano comunicare con gli endpoint client solo le macchine e gli utenti affidabili. Al contorno si aggiungono servizi Google Cloud, come Cloud Armor, che contribuiscono alla protezione dei nodi, in particolare dagli attacchi DDoS, una delle tipologie più frequenti e in grado di creare danni devastanti.