Mauro Bellini @mbellini3 Linkedin
Più che una innovazione tecnologica è una innovazione culturale che si appoggia alla tecnologia. Ed è la base di un approccio completamente nuovo ai dati per avviare, grazie alla Blockchain, una gestione capace di garantire al tempo stesso la possibilità di studiare e analizzare l’enorme mole di informazioni che sta arrivando da innumerevoli nuove fonti, senza rinunciare ai valori fondamentali della sicurezza e della privacy.
Per Marcella Atzori Blockchain Advisor, GovTech Expert & Researcher e consulente dell’italianissima, ma sempre più con profilo e respiro europeo, IFIN Sistemi, i Green Data sono la risposta oggi più concreta ed efficace alla grande richiesta di conoscenza che arriva dalla proliferazione di nuove fonti di dati nelle imprese e nelle pubbliche amministrazioni. Basti pensare a fenomeni come l’Industria 4.0 o l’Open banking, da fonti come IoT e Mobile, per rendersi conto che se il “nuovo petrolio” è nei dati occorre avere strumenti adatti per poterlo sfruttare al meglio.
«I Green Data – osserva Atzori – sono uno dei risultati e degli effetti più importanti e affascinanti del progetto TrustedChain (puoi approfondire la conoscenza leggendo l”articolo relativo: Che cos’è TrustedChain® e perché può cambiare la logica di gestione delle transazioni grazie alla Blockchain), ovvero il progetto basato sulla Blockchain ideato e lanciato da IFIN Sistemi che assegna alla figura del Trust Service Provider (leggi qui cosa sono i TSP Trust Service Provider) un ruolo nuovo, o meglio un compito più attivo e dinamico rispetto al passato.
Un ruolo e una funzione che possono diventare realtà grazie alle possibilità offerte proprio dalla Blockchain. «Un tempo – spiega Atzori – i Trust Service Provider avevano di fatto il solo compito di archiviare i dati fornendo tutte le garanzie di affidabilità e sicurezza. Erano (e sono) figure che forniscono un servizio basato sulla “Fiducia“, sul “Trust“. Ovviamente tutto questo non viene meno, tutt’altro, ma si può passare da una gestione dei dati di tipo inerziale, di pura archiviazione, a una visione dei dati più dinamica, che noi come TrustedChain abbiamo definito come “dati verdi” – Green Data». Se il passaggio dalla dimensione inerziale, di sola conservazione dei dati, a una dimensione dinamica, di utilizzo concreto, è il cuore del concetto, nella realtà questa prospettiva permette alle imprese, alle pubbliche amministrazioni, al mondo della sanità, solo per fare qualche esempio, di passare a una nuova fase nella quale i dati parlano non solo ed esclusivamente nel momento in cui sono “interrogati” da coloro che dispongono di tutti i diritti per gestirne l’accesso, ma anche da chi, per il tramite dei Trust Service Provider, può disporre della conoscenza che i dati sono in grado di trasferire senza “violare la privacy“.
Disaccoppiamento tra dati e identità
Il tema è da una parte quello del “disaccoppiamento” tra il dato e l’identità di coloro, persone o eventualmente anche “cose”, che li hanno generati. Persone (o anche cose, giova ripeterlo per le implicazioni legate alla diffusione dell’Internet of Things in contesti come Smart City, Smart Home o come Industry 4.0). «Il concetto Green Data – spiega Atzori – vuole anche esprimere la possibilità di liberare i dati dai vincoli che sino ad oggi non hanno permesso di sfruttarli in tutte le loro potenzialità. Grazie al progetto Green Data di TrustedChain – prosegue Atzori – posso utilizzare i dati a scopo scientifico ad esempio, per finalità di analisi. Nel mondo della sanità molti pazienti non concedono il consenso all’utilizzo dei dati, grazie all’utilizzo della Blockchain si possono rendere dinamici i dati, leggendone il loro significato senza conoscere l’identità dei soggetti coinvolti e dunque rispettando la volontà delle persone o delle imprese di non concedere l’accesso ai loro dati.
Lo stesso principio può essere utilizzato naturalmente anche in ambiti commerciali, ad esempio utilizzando i dati di più imprese, anche in competizione tra loro, per analizzare il mercato nel quale operano, ma impedendo a chi svolge l’analisi o a chiunque altro, di associare i dati all’identità di ciascuna impresa. Ovvero nel rispetto di una parte dell’anonimità dei dati e dall’altra della privacy delle imprese.
Analisi dei dati con la massima garanzia per la Privacy da parte dei Trust Service Provider
«Grazie a questa visione – prosegue Atzori – entriamo in una dimensione che è segnatamente diversa rispetto a quella dei Big Data. Non ci sono più “silos” con enormi quantità di dati, ma ciascun Trust Service Provider contribuisce gestendo il valore e l’accesso ai dati dei propri clienti, aumentandone il valore grazie alle correlazioni con altre fonti di dati, ma garantendone nello stesso tempo l’integrità a livello di privacy. I Green Data – aggiunge ancora Atzori – creano anche un effetto network con tutti i partecipanti, proprio perché tutti ne possono trarre un vantaggio».
Dal punto di vista dei settori i Green Data si possono applicare alle pubbliche amministrazioni, ad esempio, con l’obiettivo di gestire in modo più efficace i servizi e i flussi analizzando i dati relativi al comportamento degli utenti e alle loro esigenze. Grazie alla logica Green Data è possibile mettere a disposizione degli enti pubblici e delle pubbliche amministrazioni una conoscenza del rapporto con gli utenti un tempo impraticabile. Nell’ambito bancario, per fare un altro esempio importante, si possono mettere a sistema tutti i dati bancari e si possono utilizzare i pattern dei dati per progetti di machine learning. «Se ai robot attivi sui servizi di analisi dei rischi – osserva Atzori – o sui livelli di interrogazione delle funzioni di banking, vengono dati in “pasto” i dati relativi non a una singola banca come avviene adesso, ma ad esempio a molte e diverse banche, e se i pattern di interrogazioni fanno riferimento a tipologie e numeriche di clientela di contesti diversi, la capacità cognitiva dei robot aumenta in modo esponenziale. Non solo – prosegue Atzori – ma tutto il workflow di sistema ne può trarre vantaggio, ad esempio nella disponibilità di dati comuni da utilizzare per la lotta alle frodi, una lotta che si vince soprattutto aumentando la conoscenza e l’analisi dei comportamenti a disposizione di tutti gli stakeholder della filiera».
Dal punto di vista dell’approccio ai mercati si deve osservare che TrustedChain è aperto a tutti i Trust Service Provider con la consapevolezza che ogni Trust Service Provider vanta tipicamente una specializzazione settoriale e dunque ognuno è in grado di portare un pacchetto di dati di riferimento e di eccellenza in almeno un settore».
Trust Service Provider al centro del progetto
Concretamente TrustedChain non attiva un rapporto diretto con i clienti. Tutte le attività passano solo ed esclusivamente attraverso il Trust Service Provider, è questa realtà che gestisce i dati per i clienti e ha la possibilità di “agganciarsi” al nodo TrustedChain. Le imprese o le Pubbliche Amministrazioni che affidano i propri dati ai Trust Service Provider concedono a questa entità di attivare delle forme di analisi sui propri dati con la massima garanzia della inviolabilità della privacy. I clienti ricevono in cambio una serie di vantaggi nella forma di servizi che prima non erano praticabili o attuabili. Ad esempio, e in concreto, una azienda può disporre di una più ampia e approfondita conoscenza delle esigenze dei propri clienti; un ospedale può disporre di maggiori informazioni sul comportamento dei pazienti; un ente pubblico può contare su una maggiore conoscenza delle problematiche legate alla erogazione dei propri servizi.
«Come TrustedChain – osserva Atzori – siamo impegnati nel fornire ai Trust Service Provider tutte le informazioni e il supporto necessario per trasferire ai clienti i vantaggi di questo modello. Il progetto è peraltro aperto a tutti i Trust Service Provider a livello europeo che vogliono offrire ai propri clienti servizi in maniera diversa con nuovi pacchetti e nuovi servizi e possono contare su un vantaggio competitivo». Accanto a questa attività c’è poi un lavoro legato alla consulenza specifica per implementare la Blockchain, con pacchetti operativi specifici pensati per servire al meglio i propri clienti, con attività di accompagnamento sulle tecnologie, con assistenza tecnica e strategica e con corsi di formazione e moduli operativi».
Il posizionamento della Blockchain nelle imprese e nella PA
Atzori è molto attenta alle tematiche legate alla relazione con la Blockchain e in generale al posizionamento della Blockchain stessa presso imprese e pubbliche amministrazioni e ai possibili use case che si possono aprire grazie a TrustedChain. «Nel mondo dell’industria – osserva – ci sono enormi potenzialità, ad esempio a livello di tracciabilità dei prodotti, in particolare nel settore alimentare o nel fashion, dove uno dei valori principali è nella tracciabilità assoluta dell’intera catena. Per questi settori è importante avere una logica di medio e lungo periodo che faccia riferimento anche alle possibili evoluzioni della legislazione.
Atzori ricorda che la legislazione non può muoversi sino a che non è disponibile e non è stata certificata una tecnologia di riferimento, adesso, grazie a TrustedChain, questo è possibile e si può agire a livello di legislazione di supporto. Ma non basta, serve anche la capacità di aggregare gli stakeholder del mercato. Quando si parla di supplychain e di tracciabilità di prodotti nel settore agroalimentare c’è una lista infinita di stakeholder: i produttori di sementi, gli agricoltori, i produttori di beni e servizi che insistono sulla filiera, ma anche i veterinari, le ASL, tutti i ricercatori, così come pure i produttori di wearable che “vestono” gli animali e i provider di analytics che recuperano e analizzano i dati. In questo scenario un vitello può essere seguito sulla Blockchain dal momento in cui nasce, con tutte le informazioni sul suo stato di salute, sull’alimentazione su eventuali cure e sui passaggi di proprietà, sino a quando finisce sulla nostra tavola. Il tutto con informazioni che sono e restano immutabili, ovvero non possono essere alterate.
Appare naturalmente evidente che per la radicalità e la profondità di questa innovazione è importante aiutare tutti gli stakeholder ad avvicinarsi a questo passaggio culturale con la dovuta e necessaria preparazione. In Italia – osserva Atzori – siamo ancora indietro. Sino ad oggi si sono affrontate tematiche legate alle architetture e alle tecnologie. Perché senza un vero e proprio prodotto sicuro, la legislazione non si può muovere.
«La Blockchain certamente piace a tutti, ma la domanda che si deve porre è quale Blockchain? Quale Blockchain è sicura? Quale affidabile? Quale è gestibile per questi processi? Purtroppo – prosegue Atzori – oggi abbiamo ancora una concezione astratta della Blockchain, ci sono ancora interrogativi importanti, come ad esempio chi deve convalidare i dati nella Blockchain? Chi deve garantire l’identità e la certezza delle transazioni»? Ed è proprio qui che si inseriscono i Trust Service Provider, vale a dire le entità che sono nate proprio per garantire le transazioni digitali.
«Il nostro lavoro oggi come TrustedChain – prosegue Atzori – è assimilabile a una attività di lobbying, di conoscenza, di pressing istituzionale e di promozione dello standard e del metodo migliori nei confronti degli stakeholder istituzionali. TrustedChain è il primo network in grado di fornire questo tipo di risposte, è una idea Made in Italy che parte da una società come IFIN Sistemi specializzata da tempo nell’offerta di servizi bancari per creare una Blockchain “diversa” dalla Blockchain tradizionale, se si può eventualmente parlare di Blockchain tradizionali. In altre parole si può classificare questo progetto come di una Via Italiana alla Blockchain con una nuova logica di governance.