Italia: piena validità legale a DLT, blockchain e smart contracts

La Camera dei deputati ha approvato il testo della legge di conversione del decreto semplificazioni che contiene una disposizione specifica sulle “Tecnologie dei registri distribuiti”.

Pubblicato il 08 Feb 2019

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La Camera dei deputati ha approvato il testo della legge di conversione del decreto semplificazioni che contiene una disposizione specifica sulle “Tecnologie dei registri distribuiti”.

Abbiamo chiesto a Massimiliano Nicotra e Fulvio Sarzana autori del libro Diritto della Blockchain, Intelligenza Artificiale e IoT, di darci una prima opinione su cosa significa questa norma per l’ordinamento italiano e come potrà agevolare le imprese che vogliono avvalersi di queste nuove tecnologie.

In sintesi potete farci un quadro delle novità introdotte dalla nuova legge?

Fulvio Sarzana di S. Ippolito, avvocato, Professore straordinario di diritto dell’amministrazione digitale presso l’Università telematica internazionale UNINettuno di Roma

Con l’approvazione della nuova norma acquistano piena validità giuridica le registrazioni dei documenti informatici su tecnologie blockchain e simili. Inoltre, gli smart contracts a determinate condizioni consentono di porre in essere accordi che soddisfano i requisiti della forma scritta quanto richiesta dall’ordinamento.

Nello specifico quale sono gli effetti delle evidenze informatiche su blockchain e cosa significano questi effetti per le imprese?

La nuova legge conferisce ai documenti informatici registrati su blockchain gli effetti che il regolamento Europeo riconduce alla validazione temporale elettronica (la cd. Marca temporale). Questo significa che la data ed ora di esistenza di un documento informatico può essere garantita, ed opposta ai terzi, registrando il documento su un blockchain.

Per le aziende si tratta di un’importante novità. Pensiamo alla regolazione della supply chain che in questo modo acquisisce validità temporale per ogni passaggio.

Oppure alla possibilità di “notarizzare” tramite blockchain alcuni documenti societari, quali i verbali delle delibere assembleari o gli altri documenti per i quali si desideri ottenere la certezza della loro esistenza ad una certa data ed ora.

E gli smart contracts? 

 

Massimiliano Nicotra, avvocato, Università di Roma Tor Vergata, membro del consiglio direttivo del Blockchain Education Network Italia

La capacità di soddisfare il requisito della forma scritta apre innumerevoli strade per le aziende di automatizzare tra loro rapporti anche complessi. Ricordiamo innanzitutto che nel nostro ordinamento il principio prevalente è quello della libertà di forma e che solo nel caso in cui la forma vincolata è espressamente richiesta dalla norma essa costituisce un requisito per la validità o per la prova del contratto.

Chiarito questo, molte previsioni richiedono che i contratti vengano redatti per iscritto. Si pensi al Testo Unico Bancario, alle clausole accessorie di alcune tipologie di contratti di lavoro o a particolari tipologie specifiche (ad esempio la fideiussione). Ebbene, in tutte queste ipotesi la circostanza che la norma dica che lo smart contract, redatto con certe condizioni, soddisfa il requisito della forma scritta significa che si potranno utilizzare i vantaggi degli smart contract, soprattutto in termini di automatizzazione dell’esecuzione delle prestazioni, per queste tipologie contrattuali.

Ciò significa, per fare un esempio, poter stipulare uno smart contract per un contratto di agenzia in cui viene automatizzato il rendiconto e la erogazione delle provvigioni alla stipulazione del contratto con il cliente procurato dall’agente.

Quali sono i prossimi passi?

La legge rimanda ad AGID la definizione dei requisiti tecnici che devono essere soddisfatti per avere una tecnologia a registro distribuito, nonché quelli relativi al processo di identificazione delle parti che stipulano lo smart contract.

Sotto questi punti di vista crediamo che in realtà molti passi avanti sono stati già fatti, sia sui tavoli di lavoro attivi in Unione Europea sia perché, de facto, alcuni standard di blockchain già esistono.

Dal punto di vista dell’identificazione delle parti degli smart contract non si può evitare di rimandare all’attuale previsione dell’art. 20, comma 1 bis, del Codice dell’Amministrazione Digitale, che già prevede forme analoghe di processi idonei a dare validità ai documenti informatici, nonché all’uso dello SPID.

Come giudicate questa norma nel contesto europeo?

L’Italia è stato uno dei primi Paesi al mondo a disciplinare la firma digitale nel 1997. Più recentemente siamo stati i precursori in Europa per il sistema di identità digitale, tramite SPID. Oggi ci poniamo nuovamente come un Paese che vuole essere attento alle nuove tecnologie, disciplinando espressamente la blockchain e gli smart contracts nell’ambito dell’ordinamento europeo. A differenza di Malta, altro Paese europeo che ha introdotto una normativa ad hoc, infatti la norma italiana viene per così dire calata all’interno del sistema giuridico del documento informatico, come disegnato anche dal regolamento eIDAS, senza necessariamente costruire nuovi istituti giuridici e dando piena certezza all’utilizzo di tali nuove tecnologie.

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