La Blockchain? Sarà un successo solo se sviluppata in sinergia con altre tecnologie

Big data e Artificial Intelligence devono integrare le soluzioni DLT per generare piattaforme adatte ad analizzare e condividere il capitale informativo delle aziende. «Ma è anche necessario fare sistema con partner e clienti, se vogliamo maturare una vera visione architetturale in grado di rispondere alle esigenze di business», dice Carlo Secci di GFT Italia, pronta a offrire alle banche un POC (sviluppato con R3 e SIA) dedicato al processo dell’anticipo fatture

Pubblicato il 09 Mar 2018

Carlo Secci, Executive Director, Innovation Workgroup di GFT Italia
Carlo Secci, Executive Director, Innovation Workgroup di GFT Italia

Della Blockchain spesso si parla come di un’innovazione destinata a cambiare per sempre i meccanismi transazionali. C’è chi la descrive come una rivoluzione che avrà un impatto simile a quello che ha avuto il World Wide Web. È possibile, gli scenari sono ancora in via di definizione e le promesse non mancano. Ma una cosa è certa: non sarà la Blockchain da sola a creare il punto di discontinuità che parte del mercato si aspetta. Soprattutto non è proponendo alle aziende la sola Blockchain che si costruiranno i POC (Proof of Concept) e gli use case necessari dimostrare l’effettiva capacità di generare valore dei sistemi DLT (Distributed Ledger Technology). «La Blockchain è una soluzione che rappresenta un tassello all’interno di un mosaico più ampio», conferma Carlo Secci, Executive Director, Innovation Workgroup di GFT Italia.

GFT, società specializzata in soluzioni e strategie per la trasformazione digitale del settore dei servizi finanziari, è fortemente impegnata nella ricerca su questo fronte, e punta sulle partnership qualificate per dare vita a ecosistemi e ambienti di sperimentazione che traducano in pratica la filosofia del gruppo. Ha avviato, per esempio, a Londra il Progetto Jupiter, un incubatore Blockchain che contiene il framework architetturale Jupiter Sandbox Architecture, grazie al quale sono già stati implementati prototipi in Germania, Italia, Spagna e Regno Unito (per la Royal Bank of Scotland) in vari ambiti come crediti, transazioni di pagamento, operazioni transfrontaliere di compensazione e regolamento. «Le parole d’ordine? Integrazione e interoperabilità», spiega Secci, che ha condiviso con Blockchain4Innovation le linee strategiche che guideranno nei prossimi anni lo sviluppo tecnologico di GFT.

Che cosa rappresenta per voi la Blockchain e come intendete svilupparla?

In GFT abbiamo colto da subito i primi due elementi distintivi di questa “super-tecnologia”: distribuzione e condivisione sicura delle informazioni. Ciò significa che l’adozione di questa tecnologia al suo minimo permette già a più organizzazioni di “fare sistema”, di efficientare i processi, di ridurre i rischi, di intercettare il cambiamento facendo leva sul capitale informativo. Partendo da qui GFT ha sviluppato la propria roadmap che, in analogia alla genesi di tecnologie dirompenti quali Internet, si sviluppa su due wave in parziale sovrapposizione tra loro e sempre veicolate tramite gli smart contract: condivisione delle informazioni come prima wave; interazione transazionale come seconda wave. E conta sempre di più maturare una visione architetturale di soluzioni in sinergia tra loro.

Ovvero?

Ci riferiamo in primo luogo ai Big Data e alle tecnologie di Artificial Intelligence, attraverso cui è possibile aggregare fonti e dati eterogenei che sintetizzino, interpretino ed evidenzino risultati di business. Ma anche fatto questo ulteriore passaggio, si scoprirà che le sinergie sono inutili se non le si supporta con un approccio metodologico concreto, creando dei tavoli di lavoro multidisciplinari con partner e clienti – nel caso specifico banche in primis – che ci aiutino a osservare la questione da più angolazioni possibili attraverso workshop dedicati, analisi di fattibilità e use case da tradurre in POC. Credo che negli scorsi anni ci sia stato un eccesso di aspettative rispetto all’immediatezza delle penetrazione della Blockchain, come spesso accade per le nuove componenti tecnologiche che suscitano grande curiosità. Ora è il momento di atterrare su casi concreti.

Che caratteristiche devono avere questi Proof of concept per risultare convincenti?

Devono innanzitutto superare il limite intrinseco della DLT, che come ho già detto è la sua irrilevanza per le aziende nel momento in cui viene utilizzata dalla singola organizzazione e singolarmente in quanto tecnologia. Devono quindi essere sviluppati con un approccio di sistema, senza dimenticare che è necessario avere la capacità di tradurre le opportunità in qualcosa di misurabile. Per esempio, insieme ai partner in Italia, stiamo supportando la creazione di una piattaforma europea trasversale sicura e interoperabile che avrà due aree di applicazione principali: nel settore finanziario e nel settore industriale. Per lo scenario dei finanziamenti basati su “anticipo fatture”, GFT ha sviluppato un POC basato sulla tecnologia Corda del Consorzio R3 che ha simulato, su rete Blockchain DLT, il processo dell’anticipo fatture e che sta per andare in produzione.

Di cosa si tratta, più nello specifico?

Nel momento in cui un’azienda chiede a una banca un prestito presentando come garanzia una fattura emessa dall’azienda stessa, si avvia un processo vulnerabile alle frodi, dato che la stessa fattura potrebbe essere portata a diversi istituti. Con le tecnologie DLT, possiamo mitigare questo rischio integrando tutti i documenti in un unico libro mastro sicuro, aggiornato in tempo reale, a cui le banche possono accedere in qualsiasi momento. Ma nella realtà dei fatti il registro che governa queste informazioni permette anche di massimizzare l’utilizzo della fattura come strumento conoscitivo dei clienti, che possono essere profilati in base al comportamento. La banca a questo punto può integrare i profili generati con i dati originati dalle interazioni delle società con altri istituti e costruire cruscotti capaci di generare all’occorrenza allarmi di rischio o nuove opportunità di business per sé e le controparti. È un progetto sviluppato insieme a dieci delle maggiori banche italiane, e che vede SIA come partner di riferimento, indispensabile per la creazione di infrastrutture come SIAChain che possano interconnettere tra loro le banche con soluzioni standard, sicure e resilienti. In quest’ottica stiamo di fatto sviluppando un metodo che ci aiuterà più avanti a rispondere anche alle necessità di altri comparti.

Ci sono altri progetti di questo tenore?

Siamo impegnati su altri tre casi d’uso, ma ci troviamo nella fase preliminare e non è ancora il momento per entrare nel dettaglio. Posso solo anticipare che rimangono agganciati al mondo dei crediti e al tema della condivisione delle informazioni.

In che modo pensa che si aggregheranno i vari network fondati su logica Blockchain?

In base a precise esigenze di interoperabilità. Saranno queste esigenze a dettare gli standard tra le varie nuvole e le diverse piattaforme che stanno venendo a crearsi in uno scenario che è abbastanza eterogeneo: le tecnologie in gioco, pur sposando principi comuni, sono attualmente oggetti abbastanza diversi.

Serve una killer application, quale sarà?

Pensando al mondo Finance, bisogna ragionare in modo particolare sulla condivisione delle informazioni e sul capitale informativo di cui dispongono le stesse banche e che non è ancora monetizzato.

Quali partner tecnologici e commerciali si riveleranno utili in tal senso?

Direi gli operatori che hanno una presenza significativa nel supporto al business di ciascun comparto.

Le telco?

Perché no, ma più in generale chiunque sia portatore di esperienze solide in servizi ad elevata sicurezza e resilienza. Potremmo forse fare un parallelismo con la genesi di Internet, che nei primi tempi era relegato a università e centri di ricerca e che poi si è fatto pervasivo grazie ai contenuti e ai servizi a valore aggiunto offerti da un numero limitato di tipologie di operatori, che sono via via aumentate. Pensiamo che anche la Blockchain sia destinata a diventare una commodity, cioè qualcosa di “ottenibile comodamente”.

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