Anche il social network più famoso della storia, e più popolare, ha lanciato una sua moneta virtuale, che seppur sganciata dalla struttura “tradizionale”, è entrata a fare parte dell’elenco di sistemi di pagamento più incomprensibili per i più datati, al pari delle cambiali per le nuove generazioni: Libra.
Libra, la moneta virtuale di Facebook
Lo scopo di un utilizzo su larga scala di Libra, la moneta virtuale di Facebook, è quello di permettere una maggiore propagazione del social network, cercando di fare concorrenza sul mercato economico ai portali come Amazon, stringendo di fatto economic agreement con società gestrici di carte di credito, quali Master Card e Visa, nonché servizi elettronici come Paypal.
Tale criptovaluta peraltro è agganciata al mercato currencies per garantirne stabilità (Yen, Dollaro e Euro) e per evitare le tipiche oscillazioni che hanno contraddistinto le monete virtuali.
Prima di un’analisi delle monete blockchain e della loro convergenza in Libra, appare necessario fare un volo pindarico che permetta di leggere i tratti comuni di tale economia elencando le caratteristiche essenziali di un mercato poco conosciuto.
Breve storia delle criptovalute
Nell’immaginario collettivo il nome di Satoshi Nakamoto rappresenta l’ideatore delle monete virtuali. Seppure nessuno sappia chi sia la persona che si cela dietro l’acronimo, la leggenda mente sul primo reale creatore della valuta virtuale.
Nel bel mezzo dei ruggenti anni ’80, David Chaum aveva infatti già ideato un algoritmo, peraltro più volte utilizzato nei metodi di crittografia moderni, che permetteva il baratto di informazioni tra più soggetti, in diverse parti del globo, senza che queste potessero essere alterate durante il percorso.
Fu così creata la società Digicash che lavorava sulla produzione della prima moneta virtuale al fine di poter essere usata come denaro per scambiare o acquistare beni e servizi.
La differenza principale con le moderne criptovalute era chiaramente la centralizzazione del sistema. In un mondo nel quale la rete era immaginata solo nella testa dei pionieri e pirati informatici, non si intravvedeva un altro modo che non prevedesse la centralizzazione della produzione, così come si era sempre esercitata l’impresa produttiva.
Purtroppo l’esperimento Digicash si concluse con un fallimento durante i primi anni ‘90, per contrasti che riguardavano il divieto di introduzione di nuova moneta all’interno di un ordinamento giuridico, che non poteva che vedere di cattivo occhio la circolazione di denaro differente dalla valuta corrente.
Ma non si ferma un fiume in piena, sicché dalla metà degli anni ‘90 iniziarono ad arrivare sul mercato i nuovi sistemi di pagamento come PayPal o esperimenti più settoriali come E-Gold (che permetteva di scambiare oro con moneta virtuale).
Ad ogni modo la centralizzazione rimaneva la principale caratteristica che rappresentava anche un grande problema e, così, E-Gold fu costretta a chiudere a causa delle numerose truffe (principalmente phishing) caratterizzate da accessi fraudolenti nei propri server che svuotavano i crediti dei clienti.
Ma la fine di E-Gold è coincisa con la nascita di Bitcoin.
I Bitcoin
Nello stesso anno (2009), Satoshi Nakamoto inventa i Bitcoin, una valuta virtuale, parallela al denaro stampato, che non fosse manipolabile da nessuno, nemmeno dall’inventore.
Il motivo per cui il sistema inventato da Sakamoto è divenuto così popolare tanto da essere oggetto di ricerca e sviluppo per applicazioni future è celato dietro il numero di soggetti che ora “costruiscono” i blocchi.
Oggi la blockchain rappresenta un modello e una piattaforma innovativa che consente di fornire adeguate risposte alle esigenze della pubblica amministrazione, degli utenti, dei cittadini e delle imprese; entrando poco a poco nella quotidianità si è cercato di dare al sistema una prospettiva istituzionale, questo perché il sistema blockchain permette, rispetto a tutte le altre tecnologie, di rendere affidabile e trasparente un ambiente, senza le possibilità intromissive che generalmente fanno guardare con sfiducia la nuova tecnologia, specie se applicata al mondo virtuale.
Proprio per distinguere due mondi legati dalla stessa struttura, gli operatori hanno inteso separare la Blockchain (con la B maiuscola) riferendosi alle criptovalute, dalla blockchain (minuscola) che si riferisce alle applicazioni diverse da quelle delle monete virtuali.
La struttura blockchain
Non essendoci una definizione è difficile poter rappresentare la struttura senza conoscerne il funzionamento. La blockchain, possiamo dire, è un sistema in cui il registro è strutturato come una catena di blocchi contenenti le transazioni e la cui validazione è affidata a un meccanismo di consenso.
Tale consenso può essere:
- distribuito su tutti i nodi della rete nel caso delle blockchain permissionless o pubbliche;
- su tutti i nodi i nodi che sono autorizzati a partecipare al processo di validazione delle transazioni da includere nel registro nel caso delle blockchain permissioned o private.
Ciò che rende il sistema interessante è che la catena di blocchi è immutabile, ciò ne garantisce la trasparenza e la tracciabilità, mentre la sicurezza è garantita dalla distribuzione dei nodi e dalle tecniche crittografiche.
L’inalterabilità e l’impenetrabilità rendono il sistema sicuro da corruzione e interpolazione.
Per tale ragione nel presente articolo analizzeremo come potrebbe essere applicata la tecnologia blockchain in due sistemi tradizionali quali il libro immobiliare e l’archivio dei dati dei pazienti.
Ogni blocco della catena blockchain contiene le transazioni ed è provvisto di un Hash (collocato nell’header – nell’intestazione del pacchetto dei dati). L’Hash registra tutte le informazioni relative al blocco e un altro Hash – con le informazioni che si riferiscono al blocco precedente – consente la creazione di una catena, composta appunto da due o più blocchi.
Ricapitolando, possiamo immaginare la blockchain come un database, un libro mastro di contabilità, impossibile da corrompere, perché distribuito, condiviso cioè da più computer, chiamati nodi, connessi alla rete.
Ebbene, con il termine database distribuito si parla di un database che non si trova fisicamente su un unico server, bensì è locato su tutti i computer che compongono la rete, nel medesimo istante.
Questo genera due effetti: la transazione è reperibile in maniera molto rapida, in quanto la potenza di calcolo sfrutta la potenza di tutti i computer connessi e l’informazione contenuta, all’interno di un sistema blockchain è immutabile perché un nuovo blocco di transazioni che viene creato all’interno della blockchain viene rispettivamente controllato, validato e crittografato dagli attori che partecipano. Solo attraverso i miners, che risolvono un problema matematico – l’algoritmo appunto – si può creare moneta.
Il mining
Come detto, la struttura principale dei Bitcoin coincide con il database condiviso.
Qui vengono annotate tutte le transazioni. Ma per aggiungere una transazione alla blockchain è necessario crittografarla e convalidarla con una funzione di hash, che richiede una serie di calcoli lunghi e complessi.
Chi effettua i calcoli sono i minatori, i miners, che eseguono i calcoli complicatissimi per poter aggiungere i nodi. Nel 2009 erano singoli utenti che mettevano a disposizione i propri computer e le proprie Gpu per aumentare la potenza di calcolo in cambio di bitcoin, e il sistema di fatto è rimasto invariato fino a oggi, ma con differenti prospettive di guadagno.
All’aumentare della popolarità e della diffusione, i nodi sono diventati sempre più difficili ed estrarre monete per i minatori sempre più faticoso. Oggi si necessita di potenze di calcolo che escludono gli users tradizionali da possibilità reali di guadagno.
In altre parole il bitcoin mining è stato progettato per essere complesso, perché solo la complessità, dalla quale deriva la non corruttibilità del sistema, rende stabile e sicura la moneta virtuale e ciò permette al sistema di avere sempre più valore, perché la moneta è sempre più complessa.
A calcoli più complessi corrispondono utilizzi sempre più stressanti dei computer e delle farm (fattorie di minatori, gruppi di lavoro che uniscono la potenza di calcolo dei singoli computer) . Si crede che nel 2019 il consumo di energia elettrica mondiale fosse paragonabile a quello dell’intera Svizzera, per i soli Bitcoin, e non smette di crescere.
Quanto vale un Bitcoin
Il primo tasso di cambio stabiliva il valore di un dollaro a 1.309 BTC. Ma la crescita è stata vertiginosa. Nel 2013 un bitcoin veniva scambiato al prezzo di 1.000 dollari. Nel 2017 si è superata la soglia dei 20.000 dollari per bitcoin scambiato/creato.
Alcune scissioni (ben tre) dovute a litigi nella proprietà del marchio, nonché relative alla lentezza del sistema, hanno fatto crollare il prezzo della più famosa criptovaluta a 8.000 dollari nel 2018 e fino a 3.500 dollari nel 2019. La moneta in ogni caso rimane uno degli investimenti più volatili e redditizi mai esistiti, tanto che, sempre nel 2019, il suo valore è arrivato anche fino a 11.000 dollari.
Libra e le altre criptovalute
Bitcoin cash (BCH)
Il bitcoin cash è una valuta digitale diversa rispetto al BTC nata a seguito della scissione del 2017.
In termini tecnici, la scissione, derivata principalmente per impossibilità di aggiornare il sistema di mining, ha generato una valuta con una block size massima di 8 MB che permette di elaborare un numero superiore di transazioni al secondo rispetto al bitcoin, la cui block size è di 1 MB. Ogni transazione e creazione risultano così più veloci, ma si necessita di un mining particolare e specializzato.
Ripple (XRP)
Il Ripple è la criptovaluta “istituzionale” perché si basa su rete autonoma utilizzata anche da alcuni istituti bancari. Permette transazioni davvero velocissime, perché utilizzate anche per metodi di pagamento (Es: American Express), ma il sistema istituzionale e la possibilità di utilizzare la rete per transazioni “ordinarie” fanno dubitare della decentralizzazione del sistema.
Stellar (XLM)
La meno conosciuta tra quelle citate. Nasce – come Ripple – con un sistema mischiato con quello utilizzato per la transazioni con altre valute anche tradizionali. Viene inoltre richiesta una piccola commissione per ogni transazione.
Ethereum
Ethereum è un computer virtuale decentralizzato, il cui scopo è sviluppare e gestire gli smart contract (letteralmente contratti intelligenti). Il carattere della virtualità è garantito dalla presenza di un computer che risiede nella rete, computer a sua volta costituito da altri computer, che rendono il sistema difficile da attaccare o controllare.
Ether è la criptovaluta del paese Ethereum, che viene scambiata per pagare l’utilizzo della potenza di calcolo. Da tale spiegazione emerge che Ethereum non è solo una criptovaluta, ma un sistema più ampio, tanto da essere lo strumento criptovalutario più utilizzato al mondo.
Libra
Per definizione Libra è una “stablecoin” che utilizza la tecnologia blockchain.
La stabilità di Libra è garantita da un valore statistico comunque legato al dollaro, nonché da alcuni asset che permetteranno di tenere bassa l’oscillazione del prezzo di scambio – una sorta di valore standard che consentirà di tenere salda la valutazione nel tempo così come è successo nel sistema aureo delle monete tradizionali.
Conclusioni
L’introduzione di Libra potrebbe portare al superamento dell’idea delle monete legate alle nazioni, alle differenze di sistemi e all’eliminazione delle speculazioni. In altre parole un paradigma non corruttibile, perché basato sulla blockchain, non influenzabile, perché garantito da asset stabili, che peraltro costituirebbero l’intera impalcatura del sistema.
Ci potremmo trovare, in un prossimo futuro, innanzi a un sistema che sarebbe non solo too big to fail, ma anche too fair to fail, tanto da poter far rimpiangere nei più nostalgici il caro vecchio Euro.