La vitalità di una tecnologia o di un fenomeno di innovazione si misura nella capacità di rispondere ai bisogni emergenti e nella capacità di anticiparli e interpretarli. Per la blockchain, intesa non solo come tecnologia ma come “paradigma”, queste aspettative sono molto elevate. Sappiamo bene che sono tanti gli ambiti nei quali la blockchain ha permesso di aprire nuove strade e ha permesso di pensare a nuove prospettive con tantissime aspettative. L’Osservatorio Blockchain & DLT del Politecnico di Milano che si è tenuto lo scorso 22 gennaio ha invitato tutti a guardare alle logiche di collaborazione e di sviluppo basate sugli ecosistemi. È certamente arrivato il momento di un maggior pragmatismo e si è aperta una fase in cui serve vedere cosa concretamente si può ottenere grazie alla blockchain e come. Con questi stimoli e con l’idea di comprendere cosa significa approcciare la Blockchain in chiave di ecosistema abbiamo incontrato Demetrio Migliorati, Head of Innovation di Banca Mediolanum impegnato da sempre sui temi dell’innovazione in generale e della blockchain in particolare.
Qual è la tua visione in merito al ruolo degli ecosistemi per la blockchain? Con quali aspettative si può guardare a questa prospettiva?
La mia risposta e la mia visione sono influenzate dalle tante esperienze che stiamo portando avanti e mi sento affermare che non può esistere davvero una blockchain senza un suo ecosistema. Potremmo persino dire che il termine stesso blockchain potrebbe essere inteso come una sorta di “sinonimo” di ecosistema anche perché fa riferimento a valori che sottostanno al concetto di relazione e di fiducia. Il trust che un tempo riponevamo in una persona, possiamo averlo anche grazie a un protocollo a cui possiamo affidare tante funzioni importanti: dalle transazioni ai documenti, dai dati legati ai prodotti e ai processi, sino alla definizione e gestione stessa di contratti.
Non dobbiamo poi dimenticare che Blockchain significa decentralizzazione e processi che hanno il loro punto di riferimento nella gestione innovativa del consenso, ovvero in uno degli ingredienti fondamentali della fiducia. Nello stesso tempo sappiamo altrettanto bene che nel tempo sono nati dei modelli ispirati al meccanismo originario della blockchain che pur aprendo nuove prospettive hanno cambiato in modo rilevante quella che noi continuiamo ancora a definire genericamente come blockchain.
Al netto di queste considerazioni è certo che abbiamo vissuto e stiamo vivendo progressi straordinari che sono stati “messi in moto” dai principi della blockchain e che oggi si concretizzano solo se così creano degli ecosistemi composti da un significativo numero di entità giuridiche connesse, con necessità di scambio di informazioni protette e certificate.
Massima attenzione dunque ai progetti concreti più che agli annunci, come emerso dal recente Osservatorio Blockchain & DLT, come vedi questa prospettiva e questa fase?
Bene. È molto positivo che l’attenzione sia adesso concentrata sui progetti concreti. Possiamo anche dire che il concetto di blockchain sia ormai radicato e compreso e che sia anche venuto il momento di dire “basta ai PoC”. La sperimentazione va benissimo, ma si devono consolidare le tante conoscenze ed esperienze e si deve passare all’azione. Sono contento di sottolineare che iniziamo a vedere importanti progetti pensati per passare in produzione.
Un esempio arriva nel banking dalle 100 banche che collaborano al progetto Spunta o le tante istituzioni che operano nell’ambito delle fideiussioni. In quest’ultimo caso intorno al tavolo ci sono attori del mondo finance, dell’insurance e della PA: aziende diverse, ognuna con un pezzo della catena del valore ben identificato. Questo è un esempio che permette di mostrare come si possano affrontare quei temi in modo innovativo proprio grazie alle tecnologie ispirate dalla blockchain. Ed è una sperimentazione sul campo con risultati e prospettive molto concrete.
Anche in ambito assicurativo ci sono esperienze che grazie all’uso degli smart contract hanno permesso di supportare lo sviluppo di polizze parametriche per la liquidazione immediata dei sinistri. Un percorso che sta permettendo al mondo insurance di sviluppare nuovi servizi basati sulla programmabilità della blockchain. Si tratta di modelli che portano non pochi vantaggi anche sotto il profilo della sostenibilità consentendo di mettere a terra straordinarie forme di efficienza.
Ci sono poi le prospettive della tokenizzazione che ha aperto a sua volta nuove strade. Anche da questo punto di vista possiamo pensare a tante altre forme di innovazione che possono migliorare la catena del valore in diversi settori. E un segnale importante arriva dall’attenzione delle istituzioni come nel caso di Banca d’Italia che ha dichiarato la volontà di effettuare sperimentazioni nel campo degli asset digitali.
Possiamo dire che la blockchain si sta avvicinando ai bisogni e alla realtà di “tutti i giorni”?
Beh, possiamo dire che si vede un bel segnale nel fatto che la blockchain e le tecnologie che ha ispirato non sono più considerate temi di pura innovazione, ma utensili in grado di indirizzare la soluzione di problemi e di esigenze di business con la consapevolezza che ci sono strumenti adeguati per farlo. Senza che si debba “partire da zero”. Per certi aspetti è più un tema di progettazione di modelli adeguati alla valorizzazione di asset innovativi che non la ricerca di tecnologie adeguate. E questa evoluzione ha contribuito a spostare il focus da argomento di innovazione tecnologica ad argomento di sviluppo di sistema e di business.
Si avverte in generale un bisogno di nuove competenze, più adeguate, in grado di portare nelle aziende skill capaci di sfruttare le tante opportunità della blockchain
Se penso al Gruppo Mediolanum devo dire che le competenze che abbiamo per valutare le tecnologie sono eccezionali. Mi trovo a parlare con responsabili di compliance, di processi, di contrattualistica con una grande sensibilità e competenza per valutare queste nuove possibilità. Nella nostra realtà poi la forma mentis è orientata al “come fare” e anche questo è un grande aiuto. Devo poi aggiungere che ho la fortuna di relazionarmi in Italia con riferimenti nell’ambito legal che contano su un livello di competenza così rilevante che considero superiore a quello di tanti altri paesi. Ma nello stesso tempo voglio anche aggiungere che è veramente importante riuscire a portare lo stesso livello di competenza anche nella Pubblica Amministrazione, per poter sostenere la creazione di progetti strutturali.
Dobbiamo infine considerare, senza più nessuna esitazione, che la competenza è un fattore centrale. Ci stiamo muovendo in una direzione dove la regola è rappresentata da sistemi basati su un legame sempre più stretto tra architetture tecnologiche, competenze legali e skill manageriali e per questo bisogna contare su risorse adeguate.
C’è un altro tema forte e riguarda il fatto che tra le priorità oggi, in qualsiasi settore, ci sono gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed etica. Che ruolo può svolgere in questo senso la blockchain?
Sul piano della sostenibilità, quando parlo di blockchain, confesso di avvertire un certo imbarazzo. Purtroppo, una delle prime riflessioni riguarda il fatto che alcuni dei protocolli più diffusi sono ancora energivori. C’è certamente la necessità di evolvere e sappiamo bene che le risposte ci sono e vengono anche da protocolli più leggeri e meno energivori. In ogni caso, sgombrando il campo da questa considerazione comunque doverosa e guardando a “cosa la blockchain può fare per la sostenibilità”, dobbiamo dire che la decentralizzazione della blockchain può essere di aiuto in tantissimi ambiti. L’efficienza che può portare in tanti settori può permettere di ottenere enormi vantaggi in termini di risparmio sui tempi e sulle risorse.
Gli esempi non mancano e dobbiamo pensare soprattutto a tutti quei settori in cui serve un registro facilmente accessibile e in tutti quei contesti in cui soffriamo della disomogeneità o addirittura dell’assenza di registri. Con un protocollo light si può fare la differenza, senza il controllo e i costi di un’unica organizzazione. Nell’energia, per fare qualche esempio, la blockchain può dare vita a nuove forme di “mercato” mettendo in gioco anche la capacità produttiva di singoli soggetti. Nella gestione documentale può aiutare le amministrazioni a generare documenti accessibili (si pensi ai milioni che hanno il problema della propria “identificazione”) in modo trasparente e sicuro semplificando procedure e ottimizzando la gestione delle risorse. In ambito education, nella attestazione dei processi formativi, la possibilità di disporre di un common way of attesting delle competenze da mettere a fattor comune in tutto il mondo può elevare il livello di conoscenza delle persone e accelerare la individuazione della “competenza giusta, per il posto giusto al momento giusto”.
Tra i tanti ambiti quello che promette di avere un impatto più consistente nell’ambito sociale sembra essere quello della digital identity. Cosa ne pensi?
Il fatto che si possa pensare a una struttura sovranazionale in grado di determinare l’identità di una persona in maniera efficace rappresenta un passaggio e una conquista sociale straordinari. La possibilità di gestire in sicurezza l’identità delle persone apre tante possibili applicazioni e rappresenta una risposta importantissima a un tema che è sempre più determinante sul piano della sostenibilità sociale. Pensiamo a quanti benefici può portare a fronte della gestione dei flussi migratori. Si tratta di aspetti che sono fondamentali nella gestione di diritti sacrosanti di un individuo e sotto questo aspetto la blockchain consente di dare risposte nuove alla dimensione etica della sostenibilità (pensiamo in questo caso ai temi dell’ESG, Environmental, Social, Governance. n.d.r.)
Rispetto ai temi dell’identità ci sono prospettive nuove anche nell’ambito degli oggetti. Quali altre opportunità si aprono?
Anche qui la blockchain ha aperto nuove strade che possono portare nuove forme di efficienza in tante catene del valore. Il fatto di disporre di soluzioni in grado di gestire l’identità degli oggetti permette realmente di rivedere la gestione di tante filiere con benefici a livello di sicurezza, affidabilità, efficienza. Ma non ci dobbiamo dimenticare che l’identità degli oggetti ripropone il tema della gestione del “passaggio” dal mondo fisico al mondo digitale e in questo passaggio c’è sì un ruolo che spetta all’innovazione digitale (in particolare si deve pensare all’Internet of Things), ma c’è un ruolo che è e resta alla dimensione “Human”. Pensiamo al valore del notariato che conta su competenze, metodiche e asset appropriati per “certificare e garantire” il punto di partenza dei dati “dalla realtà fisica” al loro ingresso nel mondo digitale, per un “journey” che come abbiamo visto mette in moto tanti processi di innovazione e che anche per questo ha assolutamente bisogno di garanzie e certezze.
Sostenibilità significa anche riuscire a spingere sui temi dell’innovazione gestendo con la massima attenzione il ruolo del digitale in equilibrio con il ruolo della componente “Human”.