Moneta digitale e criptovalute, in Europa si chiedono norme più severe

La moneta digitale non è un fenomeno transitorio, ma è destinata a restare e a crescere. Non senza una regolamentazione internazionale che ne eviti i principali rischi

Pubblicato il 23 Set 2020

Gianpiero Ruggiero

esperto in processi di innovazione e di valutazione del CNR

moneta digitale

Ciò che sta succedendo nell’economia mondiale non ha precedenti. Stiamo entrando in territori completamente nuovi e inesplorati, e può succedere di tutto per quanto riguarda inflazione/deflazione. Come reagiranno allo stimolo le diverse classi di asset? Quali dimensione assumerà in futuro il denaro? Assisteremo a una moneta digitale di banca centrale per tutti?

Il denaro, da tempo, sta cercando di assumere nuove forme, perché tale è la sua natura. Sappiamo che la moneta è una convenzione sociale; se decidiamo tutti di usarla la useremo. Oggi molte persone usano “moneta elettronica”: bonifici da casa, carte di credito in taxi, in negozio o per fare acquisti su internet, app degli smartphone. In alcuni paesi del Nord Europa il denaro contante sembra vicino a sparire. Eppure in questi giorni le monete virtuali, gestite e movimentate in forma elettronica, diventate validi strumenti finanziari a tutti gli effetti, sono tornate nell’occhio del ciclone.

Non si tratta tanto di Bitcoin, la moneta virtuale più grande al mondo, che finora non ha svolto alcun ruolo di rilievo nelle transazioni commerciali[1]. Negli ultimi tempi la sfida semmai sembra provenire dalle cosiddette stablecoins, tra le quali l’anno scorso ha catturato molta attenzione il progetto “Libra” avanzato da Facebook. Nell’ambito del G7, il settore ufficiale ha reagito con molta circospezione all’idea delle stablecoins, mettendone in evidenza, accanto ai potenziali benefici, anche tutti i rischi finanziari, operativi, legali. C’è una riflessione in corso e non si sa come si concluderà.

Analogo discorso per la progettazione della valuta digitale europea. A livello europeo, oltre a paper scientifici del Parlamento, è stato creato l’EU Blockchain Observatory and Forum, sotto la spinta della Commissione, e l’European Blockchain Partnership (di cui l’Italia ha assunto la presidenza nel luglio 2019) al fine di formulare suggerimenti e raccomandazioni in tal senso. Sia come sia, la prospettiva delle stablecoins ha dato a molti l’idea che debba esistere un’alternativa di moneta elettronica offerta direttamente dalle banche centrali; una prospettiva che sta inducendo molte autorità monetarie e politiche a riflettervi seriamente. Il pensiero corre ai possibili ai continui adattamenti che potrebbe comportare per le banche centrali e la politica monetaria, in modi non del tutto ancora prevedibili.

La discussione insomma è aperta. Si tratterà di valutare i rischi delle criptovalute, di regolamentarle e controllarle di conseguenza. L’alternativa, altrimenti, sarebbe quella di metterle al bando, ostacolando di fatto lo sviluppo della blockchain. Uno scenario alquanto irrealistico.

Monete digitali: cinque paesi chiedono alla Commissione Ue norme più severe

La Commissione europea è chiamata a presentare entro fine settembre le proposte normative sulle monete virtuali, con regole chiare e severe. Sono queste le richieste avanzate dai ministri economici di cinque Paesi (Italia, Francia, Germania, Spagna e Olanda), preoccupati di proteggere i consumatori da attività fraudolente (riciclaggio e violazione privacy) e difendere la sovranità degli Stati nella politica monetaria.

Nella dichiarazione congiunta è stato messo al centro il tema relativo alle cosiddette Central Bank Digital Currencies[2] (moneta di banca centrale emessa al pubblico in forma digitale per pagamenti retail) e alla possibile incidenza delle monete virtuali sull’esercizio delle funzioni tipiche delle banche centrali (politica monetaria, sorveglianza sul sistema dei pagamenti, tutela della stabilità del sistema finanziario, vigilanza bancaria e finanziaria).

Una moneta digitale pubblica come forma di pagamento sarebbe una risposta efficace alla progressiva marginalizzazione di quella cartacea, in alternativa ai depositi privati e sarebbe in grado quindi di rafforzare gli attuali strumenti, permettendo di aprirsi a nuovi canali di trasmissione monetaria – come quella diretta sul portafoglio digitale, la distribuzione di helicopter money o l’estensione del credito al settore privato, rivoluzionando di fatto l’asset bancario tradizionale. Inoltre, una CBDC europea avrebbe il vantaggio di favorire la trasmissione di denaro tra pari, agevolando gli scambi tra persone e macchine o macchine e macchine, riducendo i processi di carattere amministrativo.

Con l’entrata in vigore di una valuta digitale, però, altri strumenti di pagamento devono ridursi gradualmente fino a scomparire del tutto quando si scende al di sotto di una certa soglia – per evitare soprattutto che ci siano effetti collaterali nell’economia. In uno scenario di questo tipo, il calo dell’utilizzo del cash potrebbe portare le banche a ridurre gli sportelli automatici e gli esercizi commerciali potrebbero rifiutarsi di accettare contanti.

Per l’Associazione Bancaria Italiana, la creazione di una valuta digitale europea rappresenterebbe un’innovazione nel campo finanziario, in grado di rivoluzionare in profondità la moneta e lo scambio, apportando benefici in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali. Così come l’Italia, anche le altre banche si sono rese disponibili a lavorare a un progetto simile, a condizione però che vengano preservati la stabilità monetaria e il rispetto della cornice regolamentare.

Il documento dei cinque Paesi, nel sottolineare la necessità di esaminare attentamente le implicazioni di una valuta digitale unica, prendendo in considerazione la possibilità della sua emissione, punta a riconoscere la Banca Centrale Europea quale unico soggetto autorizzato a emettere moneta elettronica. Stop alle criptovalute, per ora, a cui non dovrebbe essere consentito di superare i confini e operare nell’UE fino a quando non saranno state affrontate le numerose sfide legali, normative e di vigilanza che pongono.

Monete digitali a un bivio, tra potenzialità e rischi

Nel mirino sono finite tutte le criptovalute supportate da asset tradizionali, ma soprattutto Libra, la stablecoin di Facebook, che più di tutte preoccupa e vista con circospezione perché appare come un progetto davvero distopico che mette a rischio la stabilità di interi Paesi, in particolare quelli più poveri. Molti pensano che le GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft) abbiano già un potere illimitato e se fosse concesso loro anche di emettere una valuta digitale transnazionale, verrebbero meno alcune delle funzioni dello Stato. I più critici pensano che queste multinazionali agiscano con l’obiettivo di creare profitto per i propri azionisti e non per il benessere dei cittadini. Questo spiega la posizione di chi è favorevole a una limitazione dei poteri in Europa, sperando che gli Stati del G20 seguano.

D’altra parte ultimamente sia FED sia BCE stanno spostando gli obiettivi oltre quello classico della stabilità dell’inflazione ed è abbastanza chiaro che la leva monetaria sia una leva politica che in questo momento ha una grande forza. Di conseguenza non c’è da stupirsi che molte autorità non vogliano altri emettitori di moneta che perturbino il sistema.

Le autorità monetarie si trovano di fronte a un trade-off chiaro: la disintermediazione del sistema bancario non è un fenomeno desiderabile, ma è quasi impossibile progettare una valuta digitale che non invada il “campo da gioco” delle banche commerciali.

I tanti altolà dei Governi e dei regolatori sia in Europa che negli Stati Uniti hanno costretto a posticipare la data di lancio di Libra. Ma è stato possibile farla saltare soprattutto perché non è decentralizzata, tutt’altro. Per ora, di fatto, non si sono concretizzate né Libra, né altre stablecoins globali. Eppure la prossima generazione di stablecoins, basata su un equilibrio tra domanda e offerta gestito algoritmicamente su blockchain pubbliche, mira a reinventare completamente il sistema monetario globale e per molti appaiono come il futuro per il settore.

La massa critica non è ancora arrivata e la crescita potrebbe essere stata ostacolata dalla complessità legata alle rampe d’accesso del settore. La liquidità nei mercati cripto rimane ancora oggi opaca. Gran parte degli scambi sono enormi lavatrici senza alcuno scopo sociale se non quello di perpetuare schemi equivalenti al semplice gioco d’azzardo. Gestire la custodia e le chiavi è ancora una faccenda complicata per la maggior parte della gente. I wallet sono per lo più inutili, e ne esistono una miriade, ma stanno facendo progressi.

Nel complesso, con specifico riferimento ai rischi, appare evidente che gli stessi non attengano unicamente alla possibilità di utilizzo delle valute virtuali in operazioni di riciclaggio o finanziamento del terrorismo o, comunque, per finalità criminali e illecite[3]. Al riguardo, sono state rilevate, tra l’altro, le seguenti criticità: carenza di informazioni; assenza di adeguata tutela legale; assenza di forme di garanzia delle somme depositate; possibili malfunzionamenti; attacchi informatici con perdite straordinarie; elevata volatilità del valore.

Conclusioni

Il mercato delle monete digitali è in fermento. Ha ancora dimensioni contenute. La capitalizzazione globale è stimata ai primi di marzo 2019 in misura pari a 130 miliardi di dollari[4], tuttavia l’eventuale ingresso dei giganti del web nel settore potrebbe portare cambiamenti di straordinario rilievo.

Le criptovalute non sono perciò un fenomeno transitorio, piuttosto sono destinate a restare e a crescere. Non senza una regolamentazione internazionale, però, che ne eviti i principali rischi. Le valute virtuali possono essere esaminate da molte angolazioni. Alcune di queste, come quelle tecnico-informatiche, risultano particolarmente impervie. Comprenderne i vari schemi è difficile e richiede tanto tempo, anche per i giuristi e per gli investitori più esperti, ma stiamo per assistere all’arrivo di una rivoluzione.

In un mondo sempre più digital first, i cui processi di digitalizzazione sono stati accelerati dal coronavirus, diventa sempre più indispensabile ripensare quei paradigmi tradizionali che lo hanno regolato fino a oggi. Stati e Governi non sono esenti dalla corsa contro la concorrenza e devono riuscire nell’impresa di trovare strumenti e metodi che possano rendere meno attraenti le offerte dei privati (un chiaro esempio è appunto la Libra di Facebook).

  1. L’alto costo energetico, la limitata scalabilità, la scarsa trasparenza della struttura di governance ne hanno impedito l’accettazione su larga scala come strumento per le transazioni. Lo stesso meccanismo di limitazione delle quantità, lungi da garantire la stabilità del valore, è servito a innescare e rafforzare quei movimenti puramente speculativi che hanno determinato l’estrema volatilità delle quotazioni di Bitcoin e quindi l’impossibilità di usarlo efficacemente nelle transazioni.
  2. La Central Bank Digital Currency (CBDC) è un nuovo tipo di valuta a corso legale emessa dallo stato che permette l’accesso digitale ai conti della banca centrale – oggi limitato esclusivamente alle banche commerciali – combinando la natura digitale dei depositi bancari con i vantaggi tradizionali del contante.
  3. D’altra parte, proteggere la privacy della “banconota elettronica” esentando la moneta elettronica di banca centrale dalle regole di identificazione e prevenzione dei reati a cui sono sottoposti i conti correnti bancari sembra arduo per ragioni sia pratiche, sia di principio.
  4. Il dato è tratto da A. Caponera e C. Gola, “Aspetti economici e regolamentari delle ‘cripto-attività’”, Banca d’Italia Questioni di Economia e Finanza Numero 484 – Marzo 2019 https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2019-0484/QEF_484_19.pdf

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