Nel mondo dei token: gli sviluppi della token-economy e delle applicazioni decentralizzate

Pubblicato il 22 Gen 2020

Pubblica amministrazione

Un’analisi completa delle definizioni di token, dei loro principali impieghi e degli sviluppi delle applicazioni decentralizzate e della token-economy, in un percorso evolutivo che supera il paradigma 3.0, attraversa quello dell’Industria 4.0, per approdare a uno schema di Società 5.0. Questi in sintesi i contenuti dell’articolo che, prendendo le mosse dalla disamina di un termine, il token, molto spesso confuso nelle proprie accezioni, vuole offrire al lettore una visione di scenario, supportata da un’analisi dei principi fondamentali.

Perché (prima ancora di come) usiamo i token

Offrire una definizione di token universalmente valida è impresa ardua e, con ogni probabilità, priva di valore. Prima ancora di cimentarsi in un esercizio tassonomico, è forse utile chiedersi quale sia la principale ragione per cui nasce ciò che, non sempre consapevolmente, chiamiamo, token e quali siano i motivi che ne supportano l’impiego. Genericamente possiamo assumere che quando si ha la necessità di gestire un bene nel suo valore o nella propria esistenza , senza dovervi riferire puntualmente e in ogni circostanza d’uso, la creazione di un token diventa essenziale, laddove esso è in grado di rappresentarne un surrogato. Perché mai dovremmo aver bisogno di riferire a un bene considerandone solo la sua rappresentazione? Per rispondere a questa domanda si guardi al bene che, in un’economia di scambi, deve potersi allocare, trasferire ed estinguere. Se pensassimo di poter utilizzare il bene in ogni transazione (e non la sua rappresentazione), avremmo non poche difficoltà nella maggior parte dei casi d’uso. Questo concetto molto semplice ci permette di riflettere su un paio di considerazioni che riconducono non tanto al concetto di token, quanto a quello di “tokenizzabilità”. L’utilizzo di un bene tokenizzato consente di efficientare un gran numero di processi, ma è necessario che qualcuno garantisca la legittimazione, ovvero la bontà, di quell’accoppiamento “bene-token” all’origine, sia sotto il profilo della valorizzazione sia sotto quello dell’attribuzione. Laddove tale garanzia sia soddisfatta, il beneficio di usare i tokens nelle transazioni di scambio è sicuramente innegabile.

Usiamo già dei token … ma non ce ne accorgiamo

Facciamo alcuni esempi di “token” (volutamente tra doppi apici) tratti dal mondo comune.

Il buono pasto esprime un valore correlato al servizio sostitutivo di mensa che le aziende possono offrire ai propri dipendenti. Quando usiamo i buoni abbiamo certezza del loro valore facciale, garantita dall’emettitore e sappiamo che possiamo spenderli presso i ristoratori che li accettano, a fronte di un convenzionamento con l’emettitore stesso.

Le fiches del casinò rappresentano un valore monetario accumulabile e spendibile per la fruizione dei giochi all’interno della casa da gioco; il giocatore sa che può acquistarle e cambiarle presso la cassa centrale ed è certo che il croupier accetterà le sue puntate, pagando con le stesse eventuali vincite.

Il gettone dell’autolavaggio ci permette di fruire del servizio offerto dalle pompe lavatrici che, in automatico, si attivano ed erogano tutto ciò che serve per pulire la nostra auto. Il valore del gettone è commisurato alla durata del servizio e ognuno di noi sa che a detto valore corrisponde un certo numero di minuti duranti i quali possiamo aspirare i tappetini, o una quantità di spruzzi di profumo e così via.

I punti che vengono impiegati all’interno di una meccanica promozionale, ci permettono di essere ripagati per la nostra fedeltà a una marca; il valore di ciascun punto è stabilito dal brandholder che può definire le regole di assegnazione (funzione dei prodotti che acquistiamo, o correlabili alle quantità, così come ai momenti di acquisto) e di cambio (sulla base delle quali sappiamo quale premio possiamo ottenere redimendo un numero di punti).

Perché dovremmo usare i token e tokenizzare sulla blockchain

Fin qui abbiamo trattato di ciò che potrebbe essere considerata, sotto il profilo funzionale, la più semplice definizione di token, ma non abbiamo ancora parlato di come (e perché) il token potrebbe essere scambiato su piattaforme DLT, quali una blockchain. Per prepararci a una migliore comprensione è opportuno condividere alcune riflessioni che, senz’altro indugio, potremmo considerare “essenziali”.

In ciascuno degli esempi riportati dobbiamo evidenziare come, seppur non sempre consapevolmente, vi sia un requisito assunto come implicito, ma necessario al buon funzionamento del caso d’uso descritto: la fiducia. L’azienda, il dipendente e il ristoratore, si fidano dell’emettitore del buono pasto, altrimenti non impiegherebbero (o non potrebbero impiegare) il buono come sostitutivo della mensa. Il croupier e il giocatore si fidano che il casinò garantirà la liquidità necessaria per pagare le fiches. Chi lava la propria automobile presso un autolavaggio, si fida del programma che controlla le pompe. Il consumatore crede nella marca e sa che potrà redimere in qualsiasi momento i punti accumulati, ottenendo in cambio un premio a ricompensa della fiducia che ha deciso di riporre in essa.

Orbene, l’esercizio di quella fiducia, ovvero le modalità con cui tale fiducia è garantita, in ognuno degli scambi che abbiamo descritto nei casi d’uso, non sempre è operato in efficienza e, in alcune malaugurate circostanze, potrebbe essere intaccato (o attaccato) dal manifestarsi episodico della corruzione. I controlli che nei diversi processi in cui le cinematiche transazionali analizzate negli esempi si sviluppano, potrebbero essere efficientati laddove vi fosse una logica applicativa distribuita che operi nel rispetto di una governance (più) decentralizzata. Ed è qui che entra in gioco la blockchain.

Rimandando ad altri approfondimenti su Blockhain4Innovation (o a diversi e ulteriori contributi) una descrizione di cosa sia questa tecnologia, nell’economia di questo contributo si vuole ora procedere con una più dettagliata disamina di token e tokenizzazione nel contesto Distributed Ledger.

Una definizione di token didatticamente utile

Chi scrive – convinto della “utilità didattica” di tale definizione, più che dell’effettiva rispondenza lessicale – con token intende una “legatura digitale” della legittimazione di un diritto al titolo rappresento dal criptoasset[1] che consente di creare un legame tra un bene fisico o digitale (o, più semplicemente, un bene “off chain”, ossia che sta al di fuori della blockchain) e un asset nativo delle blockchain.

Il token è scambiabile su piattaforme Distributed Ledger e in una transazione in token su tali piattaforme, la validità dei negozi giuridici sottostanti potrebbe essere “tecnicamente garantita” da un protocollo di blockchain, tramite l’impiego di opportuni Smart Contract[2].

L’espressione “tecnicamente garantita” vuole indicare che, al netto della validità giuridica degli Smart Contract su cui il legislatore può o deve ancora esprimersi, con interventi sulle normative di rango primario (o, come per il caso italiano, con lo sviluppo di norme tecniche attuative di una norma primaria già promulgata[3]), lo Smart Contract deve essere in grado di garantire un’esecuzione della transazione inarrestabile e preservata da rischi di contaminazione, quali possono essere quelli che affliggono la qualità del software, o che s’ingenerano a fronte del manifestarsi di corruttele.

Da queste primissime righe dovrebbe già comprendersi sufficientemente quali siano i principali benefici dell’impiego di token su blockchain, ove si ripercorra la breve disamina proposta poc’anzi, con riferimento all’opportunità di fare efficienza, garantendo al tempo stesso un buon livello di garanzia della validità degli scambi.

Ciascuno degli asset considerati nei casi d’uso esemplificati, allorquando fossero “tokenizzati” e scambiati grazie all’esecuzione di un Smart Contract operato su blockchain, potrebbero essere gestiti con processi (forse) più efficienti, garantendo il rispetto di una serie di controlli distribuiti, in adempimento a regole inscrivibili in modelli di governance decentralizzata.

Una possibile classificazione dei token

Una possibile classificazione dei token vuole declinarne la tipologia in almeno tre macro-categorie che descriveremo in estrema sintesi.

I Security Token (o token d’investimento), cui si riferisce individuando un nuovo prodotto ottenuto grazie all’apporto della tecnologia che condivide alcune caratteristiche con le tradizionali security e che potrebbe non essere collegato a un asset reale[4].

Gli  Asset Token, rappresentativi di diritti su asset anche non finanziari, scambiati tra parti diverse e adottati nel contesto tecnologico reso possibile dalla blockchain per creare un nuovo canale di scambio. Laddove rappresentano titoli finanziari, ciò rende ampliabile il loro mercato e ne aumenta la liquidità. Qualora riferiti a valori non finanziari (si pensi al caso in cui rappresentano un’identità digitale o un diritto di voto nell’ambito di un modello di governance decentralizzata), il nuovo canale consente loro una gestione più sicura rispetto a sistemi centralizzati.

Infine, gli Utility Token, ovvero titoli rappresentativi di futuri impieghi del prodotto o servizio provveduto dall’azienda che li “emette”, non pensati per essere investimenti, ancorché spesso adottati (se non abusati) quali strumenti per finanziare più “facilmente” progetti che prevedono la creazione di un’infrastruttura condivisa, operata nel rispetto di un protocollo di blockchain.

Una definizione tecnologica di token

Sotto il profilo più propriamente tecnico il token può essere inteso alla stregua di un algoritmo implementato come Smart Contract, eseguito su blockchain. Ciascun Smart Contract contiene un elenco di indirizzi tale da consentire l’individuazione di coloro che possono disporre dei token (i cc.dd. “token holder”) e del loro saldo. È l’algoritmo stesso che definisce le caratteristiche del token (si veda più avanti il dettaglio di alcune tipologie di token Ethereum). L’accesso ai token avviene ad opera del token holder, dimostrando la capacità di disporne mediante la conoscenza della chiave privata associata alla chiave pubblica da cui è ricavato l’indirizzo di cui sopra[5].

Approfondiamo ora la natura più “informatica” dei token, con ciò spiegando la loro possibile “programmabilità”.

I token emessi su Ethereum

Premettendo che il maggior numero di token in circolazione è emesso su Ethereum[6], anche in tale circostanza è opportuno presentare una macro-classificazione alla quale ascriverli: ERC20[7] e ERC721. Entrambe le categorie connotano i token per la loro capacità di avere un valore, di essere trasferibili, fungibili o non fungibili, di poter computare un bilancio laddove usati in un sistema di contabilità.

La prima categoria, a differenza della seconda, vede token identici e tra loro divisibili in sotto parti, mentre nella seconda, ciascun token possiede un identificativo univoco e non è divisibile.

Immaginando  il token ERC20 alla stregua di un oggetto che predispone all’interfaccia – almeno – le seguenti funzioni: totalSupply, balanceOf, transfer, allowance, transferFrom, approve e che è in grado di segnalare eventi come Transfer, Approval, si comprende facilmente come possa essere impiegato da Smart Contract, permettendo lo sviluppo di applicazioni decentralizzate (le cosiddette Dapp).

I token del tipo ERC721, cui si riferisce convenzionalmente con il termine Non-Fungible Token, prevedono che mediante l’interfaccia venga passato l’identificativo univoco (_tokenId) a talune funzioni o che tale identificativo sia univocamente associato al manifestarsi di certuni eventi.

I principali impieghi dei token (Fungible e Non-Fungible)

Chiarito cosa sia un token e come si impieghi all’interno di uno Smart Contract, descriviamone ora alcuni fra i principali impieghi. Attese le sostanziali differenze tra Fungible Token e Non-Fungible Token, i casi d’uso devono essere opportunamente rubricati.

Alla prima categoria vengono normalmente ricondotti tutti gli impieghi in quei contesti dove si rende necessario programmare una politica monetaria (per il controllo e il valore del token) e in cui l’uso dei medesimi supporta meccaniche di tipo economico e finanziario. A titolo esemplificativo, in tali contesti d’adozione ricadono tutte le iniziative basate sulla cosiddetta “moneta programmabile” che abilitano, seppur con diversi gradi di apertura e flessibilità, lo sviluppo di una “valuta di scopo” adottabile in ambiti assicurativi, welfare, donazioni, finanziamenti pubblici (solo per citare alcuni esempi).

Questa tipologia di token si presta altresì a supportare alcuni potenziali sviluppi di CBDC Central Bank Digital Currency (segnatamente quelli che prevedono modelli di emissione e distribuzione di CB digital tokens sia “wholesale only” sia “general purpose”). Similarmente, i Fungible Token possono costituire l’ossatura di una stablecoin i cui impieghi sono alla base di molti progetti in ambito DeFi Decentralized Finance.

Ampliando il raggio di osservazione, possiamo vedere innumerevoli casi d’uso di questi token nel contesto delle cosiddette branded currency (altresì note come branded token). Impiegati quali strumenti per tokenizzare il valore aziendale (si pensi agli sviluppi di programmi loyalty su blockchain), abilitano nuove dinamiche di engagement fra consumatore e marca o efficientano le meccaniche promozionali basate su programmi fedeltà multimarca, attive nelle iniziative di co-marketing.

Un ulteriore campo di applicazione per i Fungible Token è rappresentato dagli sviluppi dei modelli di sharing economy, dove il valore della reputazione viene espresso in appositi Reputation Token, la cui attribuzione e verifica è programmata da Smart Contract, opportunamente progettati per supportate le dinamiche commerciali (transazioni, interazioni, controlli) tipiche, ad esempio, dei Decentralized Marketplace.

Alla tipologia di Non-Fungible Token, fra le applicazioni che meglio si candidano a cogliere il valore della tokenizzazione su blockchain, si ascrivono quelle che richiedono la necessità di identificare in modo univoco un oggetto o, in senso lato, un’entità. A titolo esemplificativo possono rinvenire nel novero di tali applicazioni: la gestione dell’Identità Digitale (in particolare si pensi agli scenari di sviluppo DID Decetralized Identity e Verifiable Claims), della tracciabilità e dell’automazione dei processi di supply chain, del voto elettronico in quei contesti dove vige l’adozione di un modello di governance decentralizzata (si pensi ad esempio alle DAO Decentralized Autonomous Organization), dei sistemi che si basano sulla matrice dei colletibles[8] (quali sono la maggior parte dei giochi online).

In senso più ampio, possiamo ricomprendere nell’alveo d’impiego dei Non-Fungible Token qualsiasi applicazione che gestisca asset tokenizzati o “tokenizzabili”. L’accento posto non tanto sul token quanto sulla tokenizzazione, implica riflettere sulla natura dell’asset tokenizzabile. Laddove questi fosse digitale (si pensi a una property digitale ascrivibile ai giochi online o a un documento digitale), o fosse già digitalizzato il processo di scambio e negoziazione (si pensi ad esempio a una security, a un credito documentario, a un titolo di legittimazione o a una proprietà intellettuale), la blockchain rappresenta un’ottima opportunità per efficientare i processi che ne sottendono la gestione.

Qualora, invece, l’asset originario abbia una natura “fisica” (per esempio una proprietà – casa, terreno, opera d’arte -, un livello di temperatura o di umidità o, in generale, una misura rilevabile mediante sensori), nei processi di tokenizzazione, può essere di grande aiuto l’impiego dei cosiddetti “digital twins”, ovvero delle copie digitali ottenute, ad esempio, tramite l’uso congiunto di smart objects in un contesto IoT (Internet-of-Things) e certificati digitali. Il passaggio di tali informazioni tokenizzate agli Smart Contract, tuttavia, quando non esista un’entità terza super-partes in grado di garantire ipso iure la genuinità o accuratezza del dato stesso “a monte” (ossia prima dell’immissione sulla blockchain), richiede l’impiego dei cosiddetti oracoli, sistemi mediante cui una (o più) parti possono contribuire all’interazione fra Smart Contract e tutto ciò che è off chain.

L’estensione dell’ambito di applicazione dei Non-Fungible Token

L’ambito di applicazione dei Non-Fungible Token rappresenta, a opinione di chi scrive, un terreno su cui muoversi con cautela, avendo contezza di quanto una loro adozione possa esprimere livelli di disruption particolarmente rilevanti e pervasivi.

Alzando di poco lo sguardo e proiettandolo verso orizzonti non così remoti,  possiamo comprendere come sia possibile tokenizzare modelli di business, creando in tal modo le condizioni per lo sviluppo di un’autentica token economy, nella quale il rapporto fra brand e consumatore, così come quello fra gestore di infrastrutture (si pensi al cloud) e utilizzatore, supera il paradigma 3.0, attraversa quello dell’Industria 4.0, per approdare a uno schema di Società 5.0[9], un modello di “super-società” in cui l’uomo e le tecnologie innovative convivono, mutuandosi reciprocamente apporti e benefici. Un modello nel quale la democratizzazione dei dati e dell’accesso ai medesimi reso possibile dalla blockchain, consente di esprimere in modo efficacie e sostenibile un valore universale che affranca l’uomo dal rischio di spersonalizzazione, ri-ponendolo al centro delle dinamiche tecno-evolutive di un ecosistema del quale è autore e, al tempo stesso, interprete.


Una sintesi di questo articolo, a firma del medesimo autore, è presente nel report “Blockchain & Distributed Ledger: unlocking the potential of the Internet of Value” dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano – 17 gennaio 2020 (Leggi QUI)


NOTE

[1] Con “criptoasset” s’intende una rappresentazione digitale di valore resa univoca grazie all’impiego di meccanismi criptografici; i criptoasset possono essere “depositati” e “scambiati” su piattaforme Distributed Ledger rispettando le regole di un protocollo di blockchain.

[2]Con Smart Contract si può intendere un insieme di istruzioni espresse in linguaggio informatico e visibili a tutti, che vengono eseguite automaticamente da una piattaforma DLT, al verificarsi di predeterminati eventi. Una volta attivato lo Smart Contract, la sua esecuzione è garantita e non arrestabile. In alcune piattaforme uno smart contract è anche in grado di ricevere e inviare transazioni.

[3] L’Italia è il primo paese dell’Unione che grazie all’intervento del legislatore, con l’art. 8-ter del d.l. n. 135/201811 (c.d. “Decreto Semplificazioni”), come convertito in legge n. 12/2019, ha previsto una definizione di Smart Contract di cui al comma 2: «Si definisce “smart contract” un programma per elaboratore che opera su tecnologie basate su registri distribuiti e la cui esecuzione vincola automaticamente due o piu’ parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse. Gli smart contract soddisfano il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’Agenzia per l’Italia digitale con linee guida da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». Alla data in cui si redige questo articolo (22 gennaio 2020) la regolamentazione secondaria de quo, non è stata ancora emanata.

[4] Con “asset reale” si definisce ogni entità materiale o immateriale suscettibile di valutazione economica, i cui diritti connessi all’utilizzo e allo sfruttamento possono concentrarsi in titoli finanziari rappresentativi dei diritti stessi; gli asset sono scambiabili su piattaforme di scambio tradizionali.

[5] I token holder possono gestire i propri token tramite opportuni wallet che contengono sia la chiave privata sia l’indirizzo dello Smart Contract.

[6] Esistono anche altre piattaforme Distributed Ledger che permettono l’emissione e la gestione di token, fra queste vale ricordare Hyperledger Fabric (via chaincode) e Corda.

[7] L’acronimo ERC significa Ethereum Request for Comments.

[8] L’impiego di token ERC721 più diffuso si ritrova nel collectible CryptoKitties, un gioco online che permette di collezionare NFT che impersonificato dei cyber gatti.

[9] Il concetto di “Società 5.0” prende le mosse da alcune iniziative avviate in Giappone nel corso del 2017-2018, definendosi come una società centrata sull’uomo che integra il cyberspazio e lo spazio fisico.

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