L’acronimo NFT sta per Not Fungible Token, ovverosia Token non fungibile. La maggior parte delle criptovalute che circolano sono in realtà token fungibili, ovvero interscambiabili. Ad esempio, anche le monete che abbiamo in tasca sono beni fungibili (una moneta da 2 euro è interscambiabile con un’altra). Un NFT non è nient’altro che un asset unico, non fungibile e non intercambiabile. Come si crea? Si parte da un asset digitale (foto, video, file, …) e lo si trasforma in una sequenza di codice chiamato hash. Questo hash viene memorizzato su blockchain ed associato ad una marca temporale: così facendo viene conferita una data che certifica a tutti gli effetti l’esistenza del bene.
Quali sono le altre qualità che rendono attrattivi questi asset? Sono beni unici, non frazionabili, non replicabili e facilmente trasferibili. Tutte queste caratteristiche hanno contribuito a rendere particolarmente attraenti gli NFT tanto che intorno a loro si è creata una nuova economia, se non addirittura una bolla. Come capita spesso in questi scenari, a molti fortunati acquirenti di NFT è capitato che il valore dei beni acquistati aumentasse a dismisura in pochissimo tempo.
In questo caso bisogna pagare le tasse sul NFT? Se vendo il mio token non fungibile ad un prezzo più alto rispetto al costo al quale l’ho acquistato, ottengo una plusvalenza da tassare? Analizziamo caso per caso.
Il regime IVA NFT
Innanzitutto se si tratta di un’attività di vendita di NFT effettuata non abitualmente ed occasionalmente, le plusvalenze non vengono tassate. Sottolineiamo che stiamo parlando di un’attività saltuaria effettuata al di fuori del regime di impresa. In questo caso, eventuali guadagni rientrano nella categoria dei “redditi diversi”, cioè i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente. I valori corrispondenti a tali operazioni andranno inseriti all’interno del quadro RL della dichiarazione ed alimenteranno il reddito tassabile secondo le aliquote ordinarie.
E se invece vendo NFT in maniera professionale? Nel caso di un artista che crea un’opera digitale ed emette l’NFT, se l’NFT è legato ad un’opera classificabile come opera dell’ingegno (in presenza di creatività e non fungibilità) e viene ceduta insieme al NFT, la cessione congiunta di entrambi i beni costituisce una cessione dei diritti relativi all’opera dell’ingegno e del diritto di autore con conseguente esclusione da IVA.
Cessioni del NFT successive alla prima
Il prezzo del NFT dovrà essere comprensivo di Iva qualora il contribuente operi in regime di impresa. Se invece parliamo di una cessione al di fuori del regime è ovviamente esclusa l’imponibilità Iva e occorre inserire il corrispettivo nel quadro RL della dichiarazione dei redditi come illustrato in precedenza.
Un aspetto interessante dei NFT è la possibilità di fissare in sede di creazione dello stesso la percentuale delle royalties che sarà dovuta all’artista a seguito delle cessioni successive alla prima. Questa particolare categoria di reddito subisce una ritenuta del 30% a titolo di imposta sul 75% dell’ammontare percepito dall’autore.
In conclusione, ci teniamo a ricordare che:
– un NFT può essere creato contestualmente all’opera e venduto congiuntamente;
– può essere indipendente dall’opera e venduto in maniera autonoma;
– è possibile “mintare” un NFT completamente estraneo a qualsiasi opera intellettuale.
E’ facile notare come la miriade di casistiche ad oggi presenti complichi non poco l’inquadramento di questi asset. Siamo purtroppo consci del fatto che occorra urgentemente una normativa aggiornata. I professionisti del nostro studio rimangono a disposizione per chiarire le tematiche riguardanti le tasse sugli NFT o per approfondire altri argomenti trattati in precedenza.