La blockchain, la principale rivoluzione tecnologica “abilitante” degli ultimi anni, sta cambiando anche il settore delle donazioni. Non si tratta solo di utilizzare una moneta di scambio piuttosto che un’altra; si tratta di garantire tracciabilità e trasparenza, di stimolare il sistema delle donazioni e, soprattutto, di apportare elementi nuovi a un settore che a tutt’oggi è poco compreso e studiato, e che invece potrebbe svilupparsi e crescere molto in futuro, vista anche la sensibilità diffusa nei confronti di temi come la sostenibilità e la responsabilità sociale delle imprese.
Stando ai dati di Ernop (European Research Network On Philantrophy) il totale delle donazioni filantropiche in Europa si attestava nel 2013 a 87,5 miliardi di euro, tra famiglie, lasciti, fondazioni, corporation e lotterie di beneficenza. Le famiglie sono la principale fonte di contributo, seguite da corporation, fondazioni e lotterie.
Secondo Atlantis, sono circa 10 milioni gli italiani che nel 2018 hanno effettuato donazioni, con 385mila donatori in più rispetto al 2017: il 49% degli italiani ha donato nel 2018 contro il 41% del 2017. Numeri in crescita che fanno ben sperare dopo l’andamento negativo degli anni della crisi economica.
Parlando di fondazioni poi, sembra che l’Italia abbia il maggior capitale in Europa (90 mld €). Oltre a questo, nel 2015 l’Observatoire de la Fondation de France constata che ovunque in Europa il settore delle donazioni è in crescita, agevolato anche dalle varie agevolazioni fiscali riservate ai donatori che creano nei vari paesi casi di studio diversi. Tuttavia, paragonati agli Usa i dati sono bassi (44% della popolazione sono i donatori europei, contro il 95% della popolazione americana).
Ora, se guardiamo alle piattaforme oggi disponibili, possiamo fare qualche riflessione su cosa esiste e, soprattutto, su dove la blockchain può portare in futuro il settore charity e su come può influire sulla sua crescita.
Come leggiamo nell’ultimo rapporto “Le startup Blockchain & Distributed Ledger nel 2019” dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano – concentrato su 605 startup internazionali fondate a partire dall’aprile 2014 e con un ultimo finanziamento acquisito nell’arco temporale tra l’aprile 2017 e l’aprile 2019 – i maggiori settori nei quali le start up blockchain operano riguardano l’ambito finanziario (45% tra finance e virtual currency) con il più alto 28% attribuibile a diversi settori di attività e raggruppato sotto il nome “general purpose”. Sembra inoltre che la maggiore attenzione sia riservata ai processi di Data & Document management. Se incrociamo questi due dati è facile notare come da una parte l’ambito di applicazione della blockchain si stia progressivamente allargando, ma dall’altra restano centrali i temi della tracciabilità e della trasparenza.
Nonostante le sue incredibili potenzialità, in alcuni ambiti applicativi la tracciabilità è raggiungibile anche senza la blockchain, ma non è il caso del settore charity dove invece la trasparenza delle donazioni diventa un elemento vincente, e dove la blockchain diventa abilitatore di processi virtuosi nonché motore dell’incremento delle donazioni stesse.
Le piattaforme Blockchain per il no-profit
Partiamo da una disamina di Rachel Wolfsom su Forbes per analizzare alcune delle maggiori piattaforme di blockchain dedicate al settore charity-no profit, con un occhio all’Italia dove la start up Charity Wall è attiva con il suo marketplace per progetti charity basati su tecnologia blockchain e dove Helperbit propone la blockchain come strumento di supporto alle emergenze.
Negli USA la Binance Charity Foundation fondazione sostiene progetti ad alto valore sociale con l’obiettivo di migliorare la vita di quante più persone possibili attraverso la raccolta di fondi per progetti ad alto impatto sociale. L’idea è sfruttare la blockchain come elemento che garantisce trasparenza e fiducia ai donatori, utilizzando così la tecnologia come elemento abilitatore di una rivoluzione culturale più ampia.
Lanciata nel 2018, la piattaforma è pensata per le donazioni nel settore no-profit e garantisce trasparenza e informazioni ai donors. La fondazione nasce dalla piattaforma Binance, il più grande exchange del mondo dove è possibile comprare le principali cripto come Ethereum, ma anche criptovalute “stabili”: gli stablecoin, ovvero monete cripto che si appoggiano a monete “ufficiali”. Qui l’aspetto interessante è che si parte dall’acquisto di criptomonete per finanziare progetti di sostenibilità e responsabilità sociale, come il Pink Care token, nato per fornire assorbenti igienici alle donne in condizioni di povertà, o l’Humanity First token, progettato per fornire token ai profughi del Sudan da utilizzare per acquistare beni e servizi dai rivenditori locali senza dover possedere conti correnti bancari o possedere monete locali (i profughi si spostano per definizione).
Anche Bithope è interessante: è la prima Ong al mondo ad accettare finanziamenti in criptovalute ricevuti da campagne di crowdfunding, assicurando trasparenza delle donazioni e soprattutto offrendo una prospettiva globale. Spesso i donors e le charity organization faticano a trovarsi, mentre qui, essendo la moneta di scambio una crypto, anche persone anonime possono donare, scavalcando i confini geografici e amministrativi locali. È lo stesso sito a lanciare campagne su progetti specifici, alcuni promossi dalla stessa Bithope, alcuni promossi da altre Ong del mondo. Il flusso finanziario non è dissimile da quello di Binance, perché anche qui le criptomonete si tramutano in “fiat” money quando arrivano a destinazione nei diversi wallet. L’appoggio alle monete locali garantisce maggiore stabilità all’operazione, perché funge da ponte tra il mondo crupto e il mondo delle monete fiat ma al contempo rende possibili le transazioni in blockchain.
Nel caso di Binance è interessante rilevare l’intenzione di generare un impatto sociale: una community forte di persone legate alla piattaforma, spingendo molto l’aspetto trasversale e democratico della blockchain e delle criptovalute. Creare una community serve a diffondere il verbo della blockchain, ma anche a raggiungere persone diverse e realizzare progetti che con i mezzi tradizionali non sarebbero esistiti. Interessante il caso di Bithope, che ha compiuto un doppio scatto: registrare se stessa come Ong che riceve donazioni in blockchain e svolgere il ruolo di erogatore di servizi di intermediazione alle altre Ong attraverso la sua piattaforma.
Cosa accade in Italia
Charity Wall è nata a inizio 2019. La start up ligure ha iniziato con il “tracciamento” tramite blockchain delle donazioni charity, certificando l’impiego dei fondi e permettendo ai donatori di monitorare, commentare e verificare lo sviluppo di ogni specifico progetto sociale. La piattaforma funziona prima di tutto come un marketplace di lancio di progetti charity, che possono essere finanziati peer2peer in Bitcoin ed Ethereum e saranno finanziabili anche tramite altre cripto monete e moneta fiat.
Accedendo alla piattaforma, i donors possono leggere documenti e report sulle donazioni effettuate, mentre i receivers accederanno al loro wallet digitale dove sbloccheranno fondi per effettuare i pagamenti necessari. Con la sua trasformazione in marketplace la piattaforma funge da vetrina per le associazioni, che possono “pubblicare” progetti per i quali cercano finanziamenti.
Il tema della reputazione è evidentemente importante, riguarda tutti gli attori coinvolti che “beneficiano” sia nel donare che nel ricevere, e diventa a sua volta un trigger per il lancio di nuovi progetti benefici diffusi sulla vetrina della piattaforma. La start up sta creando anche un token per lo scambio di beni e servizi all’interno del marketplace: si chiama CWCtoken: (Charity Wall Coin Token) e fungerà da reward sia per chi dona sia per le fondazioni che danno trasparenza e seguono le regole del portale. L’obiettivo è creare una community di attori che diventano parte attiva dei progetti partecipando alla dinamica di domanda-offerta, come mettere a disposizione cibo, beni fisici, servizi.
Helperbit invece si basa sul sostegno collettivo peer2peer in caso di eventi disastrosi. Premiata agli Startup Europe Awards del 2018 come miglior startup Fintech nell’ambito dell’evento Start up Europe Summit, pone l’accento sulla componente umanitaria, che resta una delle principali motivazioni che spingono le persone a donare. Dalla campagna di ricostruzione della cattedrale di Notre Dame al lancio dei badge digitali – pensati per premiare gli ambassador della piattaforma – anche Helperbit punta sulla creazione di una community di persone che ruota attorno ai progetti benefici.
Sarebbe interessante se in Italia si riuscissse a sostenere le fondazioni pubbliche attraverso la blockchain, come ha fatto Charity Wall con la Gaslini Onlus di Genova: un esempio che molti altri poli di eccellenza per la salute residenti nel nostro paese potrebbero adottare, eliminando gli orpelli burocratici e affidandosi alla blockchain come fonte di trasparenza e di attrazione anche di un target giovane al mondo charity. La ricerca scientifica in ambito medico è infatti il primo canale di destinazione delle donazioni in Italia, e se il profilo dei donatori è composto per la maggior parte da persone di età compresa tra i 30 e i 50 anni, la blockchain e i canali digitali che garantiscono trasparenza potrebbero certamente stimolare i più giovani a sentirsi parte di una community che sostiene le buone cause ad alto impatto sociale.
Anche Consulenza e Risorse ha contribuito allo sviluppo del settore: nell’ambito delle donazioni effettuate ogni anno ha sostenuto Take Me Back – Onlus attiva nel settore della formazione nei paesi in via di sviluppo – con l’accordo di devolvere una parte del contributo alla personalizzazione della piattaforma di charity wall per introdurre nuove funzionalità in grado di tracciare il denaro ricevuto da Take Me Back.
Tutti possono contribuire a sostenere e innovare questo settore, riconoscendo che l’innovazione stessa – in particolare tramite la blockchain – può essere un driver di sviluppo. Un buon proposito per il 2020 potrebbe essere di pensare in ottica globale e non solo locale anche riguardo alle donazioni, superando i confini geografici delle monete e della fiscalità e aiutando chi ha bisogno non solo a ricevere più donazioni, ma anche i donatori stessi a essere più consapevoli delle possibilità di fundraising che la blockchain può offrire. Sarebbe un contributo attivo al miglioramento della società anche grazie all’adozione di una tecnologia che ha importanti impatti sulla democratizzazione dei servizi e della circolazione del denaro.