Orientamenti dell’agenzia delle entrate su token e ICO

L’analisi di Piero Bologna e Gabriele Tori, Legal Consultant P4I sul trattamento fiscale degli utility token. Attenzione al rischio di una doppia tassazione.

Pubblicato il 24 Ott 2018

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Piero Bologna, Legal Consultant, P4I

L’Agenzia delle Entrate (AdE) è stata chiamata a rispondere ad una società intenzionata ad emettere un cosiddetto utility token (“un token che consente al possessore di ottenere dei beni o servizi”, poiché rappresentativo di diritti legati alla possibilità di utilizzare il prodotto o servizio che l’emittente intende realizzare). Tali token, come, descrive la società che ha avviato l’interpello, serviranno per usufruire dei servizi offerti dalla società stessa; in particolare servizi di diagnosi specialistica presso i laboratori di sua proprietà.

La società in questione ha strutturato una cosiddetta ICO (Initial Coin Offering), senza però l’esibizione dell’usuale white paper (il documento che generalmente illustra l’intero progetto imprenditoriale, le caratteristiche dell’offerta e dell’emissione dei token).

Il tema del trattamento fiscale applicabile alla cessione dei token

I presupposti da cui parte l’Agenzia delle Entrate, rinvenibili nell’interpello n. 14/2018, riguardano: la possibilità per un soggetto di acquistare i token attraverso valuta corrente e/o virtuale; la possibilità per i titolari di restituirli alla società per fruire dei suoi beni e servizi; la possibilità, alternativa, di cedere questi token a terzi (ovviamente a fronte di un corrispettivo).

Gabriele Tori, Legal Consultant – Data Protection P4I

La richiesta è inerente al trattamento fiscale applicabile alla cessione dei token e alla conversione delle criptovalute ricevute da parte della società in valuta corrente. In particolare, la richiesta verte sia sulle imposte dirette (IRES e IRAP), sia su quelle indirette (IVA).

L’Agenzia delle Entrate, dopo aver precisato che la risposta si basa su una “mera prospettazione” poiché l’istante non ha esibito alcun documento a supporto, evidenzia che le considerazioni dalla stessa riportate si basano sul fatto che i token serviranno solo ad ottenere il diritto ad acquistare beni o servizi della società senza alcuna altra finalità (sia essa di tipo speculativo o monetario).

Ai fini dell’applicazione dell’IVA, la Società riporta come tali token presentino caratteristiche assimilabili a quelle dell’emissione e circolazione dei voucher (“strumenti che conferiscono al detentore il diritto a beneficiare di determinati beni e/o servizi”) i quali, come stabilito dalla risoluzione n. 21/E, non assumono rilevanza IVA nel momento dell’emissione, ma al momento del loro utilizzo.

Cessione di utility token come movimentazione finanziaria?

L’AdE invece ritiene che la cessione degli utility token sia più correttamente paragonabile ad una movimentazione finanziaria, comunque non rilevante ai fini dell’IVA e che l’imposta diverrà esigibile solo nel momento in cui tali token verranno spesi. Inoltre, anche la cessione di criptovaluta in valuta corrente è esente da IVA, come previsto nella risoluzione n. 72/E.

L’AdE stessa segnala che va attesa la trasposizione della direttiva comunitaria che riguarda il trattamento dei buoni (Dir. UE 2016/1065 che modifica la 2006/112/CE). Probabilmente è anche questo uno dei motivi per cui è rinvenibile una poca chiarezza da parte dell’Agenzia nella formulazione dell’interpello.

Circa le imposte sui redditi, l’AdE continua asserendo che, se l’operazione viene rappresentata come una mera movimentazione finanziaria, questa non assume rilevanza fiscale ai fini IRES. Come recita il testo dell’interpello stesso: “Le somme incassate a seguito dell’assegnazione degli utility token non incidono sulla determinazione del periodo d’imposta in cui concorrono alla formazione della base imponibile i beni e/o le prestazioni di servizi cui hanno diritto i possessori dei buoni regalo”.

Ai fini IRAP, invece, il principio generale è quello della “presa diretta da bilancio” per quelle voci individuate e considerate rilevanti ai fini impositivi: con l’abrogazione dell’art. 11-bis del D.Lgs. 446/1997, il tributo regionale è stato separato dall’imposta sul reddito stesso; pertanto le somme che vengono incassate a fronte dell’assegnazione dei token non concorrono alla formazione dell’imponibile IRAP.

Ai fini della valutazione del tributo regionale, la conversione delle criptovalute in valuta corrente non concorre alla formazione della base imponibile IRAP.

Compensi in token ad amministratori o dipendenti

Infine, per quanto riguarda l’erogazione di compensi sotto forma di token ai propri amministratori o dipendenti, l’AdE ritiene la stessa generare reddito dipendente o assimilato a quello di lavoro dipendente, a condizione che nel periodo di imposta il valore da attribuire a tale forma di retribuzione sia superiore ad euro 258,23.

Ma l’AdE invece, per quanto riguarda le “utilità” percepite da altri soggetti non legati alla società da rapporti di lavoro, non perviene ad una conclusione simile e infatti ritiene che l’erogazione dei token sia assimilabile ad una cessione, la quale potrà essere a titolo oneroso o gratuito.

Per questo motivo, al di fuori del contesto di un’impresa, chi detiene utility token detiene dei rapporti da cui deriva il diritto di acquistare a termine il prodotto o il servizio dedicato. Per tale motivo il reddito sarà del tipo cosiddetto diverso come da art. 67 comma 1 lettera c-quater) del TUIR.

Art. 67 Redditi diversi – 1. Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nè in relazione alla qualità di lavoratore dipendente: […] c-quater) i redditi, diversi da quelli precedentemente indicati, comunque realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere od acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o effettuare a termine uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria. Agli effetti dell’applicazione della presente lettera sono considerati strumenti finanziari anche i predetti rapporti;

Il rischio di una doppia tassazione

Come osservato da altri esperti del settore, i contratti a termine e quelli derivati devono avere la caratteristica di poter esser “chiusi” o dar diritto ad un differenziale ad un certo punto e non di ottenere beni o servizi di qualche tipo. Il fatto che l’AdE assimili la cessione di token a queste tipologie contrattuali solleva molte domande tra gli operatori, una su tutte concernente il rischio di una doppia tassazione: la prima nel momento in cui i beni o servizi vengono resi e la seconda nel momento in cui il detentore del token utilizza i servizi ad esso annessi.

Immagine fornita da Shutterstock

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