Il 2020 di Pagamenti Digitali, Manifatturiero e Blockchain nel segno di un nuovo 4.0

Anche grazie alla Legge di Bilancio 2020 i servizi di pagamenti innovativi fanno un passo avanti: da applicazione a piattaforma di innovazione; il passaggio da Industria 4.0 a Transizione 4.0 mette in campo nuove aziende; con tokenizzazione e normative verso una blockchain più focalizzata sulle soluzioni

Pubblicato il 26 Gen 2020

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Molte volte, per spiegare l’incertezza di imprese e organizzazioni nel comprendere i vantaggi dell’innovazione digitale, si è parlato di asimmetria informativa. Il valore dell’innovazione, troppo spesso, fatica ad essere percepito come tale dalle imprese, dalle organizzazioni o dai cittadini. E’ come ricevere una risposta esauriente e dettagliata, ma a una domanda che non è stata posta… Oggi, l’aspetto che ci induce a considerare 2019 un anno speciale è che in non pochi casi le risposte che tecnologia e mercato hanno dato coincidono con le domande delle persone e delle imprese. E se guardiamo adesso al 2020 appare come un bicchiere mezzo pieno, la ragione primaria è nella ritrovata simmetria tra percorsi e progetti di innovazione e realtà delle cose.

Peraltro non sono pochi i settori dove si avvertono i segnali e i benefici di questa sintonia. Ne abbiamo scelti tre, ma sono molti di più, pensando anche agli intrecci e alle connessioni di questi fenomeni tra loro:

  • I pagamenti digitali
  • L’industria 4.0
  • La blockchain

Indice degli argomenti

Payment 4.0: dai pagamenti innovativi come soluzione ai pagamenti come piattaforma

Raramente viene utilizzato nel mondo finance e nel banking, ma il suffisso 4.0 nel 2020, potrebbe stare proprio bene anche accanto ai pagamenti digitali. E nel caso, l’eventuale Payment 4.0, dovrebbe rappresentare il salto che questa industria si accinge ad affrontare nel nostro paese non solo grazie all’innovazione tecnologica, ma anche perché è indiscutibilmente mutato l’atteggiamento da parte delle istituzioni e dei cittadini.  Grazie all’iniziativa che ha portato il tema dello “scontrino elettronico con annessi e connessi” al centro del dibattito politico è venuto a galla il contrasto e la sofferta relazione-contrapposizione tra i pagamenti digitali e l’opinione pubblica. Un “odio-amore” che fa bene al mercato.

2020: anno dei pagamenti digitali

Non si può non spendere due parole su questo travaglio e sulle resistenze, a volte imbarazzanti, con cui si cerca di demonizzare lo sviluppo dei pagamenti innovativi. Da quando l’esecutivo ha abbracciato finalmente questo tema con una serie di misure a nostro avviso ancora timide, ma certamente molto positive, si è alzata una sorta di polverone mediatico che ha contribuito a superare quella asimmetria informativa di cui abbiamo parlato. La discussione che si è sollevata ha portato allo scoperto le resistenze allo sviluppo dei pagamenti digitali che per tanto tempo hanno rallentato, sottotraccia, questo sviluppo. Nello stesso tempo, questo dibattito, sta segnando una svolta anche per l’industria che ha adesso ben chiaro dove può arrivare e che prezzo deve sostenere in termini di accessibilità, riduzione dei costi, interoperabilità e customer experience. Possiamo dire che ci sono le condizioni affinché il 2020 sia finalmente l’anno dei pagamenti digitali e vediamo alcune ragioni.

Dai pagamenti digitali come applicazione ai pagamenti digitali come piattaforma

Le misure del governo sono una spinta che arriva al momento giusto ovvero quando per i pagamenti digitali stanno mostrando la loro maturità di infrastruttura, per meglio dire quando si sta cercando di passare dalle logiche in cui il pagamento digitale era solo una applicazione per la gestione delle transazioni, a un utilizzo di queste soluzioni per ridisegnare le logiche di utilizzo o di accesso alle infrastrutture, ai servizi di mobilità, all’ingaggio e alla comunicazione tra organizzazioni e clienti. In altre parole si sta passando ai pagamenti come piattaforma, ovvero come una delle fondamenta sulle quali si ripensa ai progetti di Smart City come Smart City Platform, come piattaforme di innovazione. Il 2019 ha dimostrato che il motore di questa trasformazione è nei pagamenti che aiutano la smart mobility con gli esempi dei pagamenti nel metro con carta di credito a Milano e a Roma, con i vaporetti di Venezia. che permettono di ripensare l’erogazione di molti servizi pubblici ai cittadini (da leggere i casi di Bergamo, di Piacenza, di  Torino, di Bari, solo per fare alcuni esempi, anche molto diversi tra loro).

Dunque, dai pagamenti come applicazione ai pagamenti come piattaforma in un contesto – fondamentale – in cui il pagamento digitale è più vantaggioso, per tutti, rispetto contante. E a questa evoluzione fa bene la scelta dell’obbligo dello scontrino elettronico per tutto il mondo del commercio, dei professionisti e degli artigiani.

Bene le misure presenti nella Manovra 2020

Per questo i segnali positivi presenti nella Manovra 2020 fanno ben sperare: arrivano 3 miliardi di euro nell’arco 2020 e 2021 in forma di incentivi per i cittadini che utilizzano pagamenti alternativi al contante; si conta su 2.000 euro annui con Bonus e detrazioni fiscali che fanno parte della Legge di Bilancio 2020 e del Decreto Fiscale collegato. Un aiuto dovrebbe poi arrivare dal nuovo limite all’utilizzo del contante con una progressività tra il 2020 e il 2021 di riduzione all’utilizzo del cash, con diminuzione programmata a 2.000 euro dal 1° luglio 2020 e a 1.000 euro dal 1° gennaio 2022.

Motivazione doppia: per i consumatori e per gli esercenti

Il percorso verso i pagamenti digitali è un percorso culturale e per procedere nella giusta direzione, rispettando le tappe occorre una evoluzione culturale, occorre saper conquistare le abitudini dei cittadini e serve la giusta Motivazione. Nella creazione di una vera e forte motivazione verso i pagamenti digitali serve, come è stato fatto, concentrare una doppia attenzione verso i due grandi soggetti che determinano il successo o l’insuccesso del payment innovativo: gli esercenti da una parte e i clienti dall’altra. Anche questo nel segno di una ritrovata simmetria informativa e, questa volta, anche formativa. Ma come?

Agli esercenti è proposto un credito d’imposta scollegate all’utilizzo dei pagamenti elettronici nella misura del 30% delle commissioni bancarie a fronte dell’accettazione di pagamenti con carta per tutti i punti vendita con ricavi non superiori a 400.000 euro.

La “lotteria degli scontrini”, per smuovere le acque e per una “motivazione in più”

La motivazione in più per i consumatori arriva anche con l’iniziativa che dal 1° luglio 2020 permetterà di partecipare alla lotteria basata sulla presentazione degli scontrini come previsto dal Decreto Legge n. 124/2019. Con questa operazione i consumatori potranno chiedere un «codice lotteria». Nel momento dell’acquisto il cliente comunicherà all’esercente il codice prima che venga emesso lo scontrino; l’esercente dovrà utilizzare un registratore di cassa predisposto per la trasmissione telematica con il quale dovrà inviare i dati relativi alla transazione e allo scontrino all’Agenzia delle Entrate. Difficile immagine oggi quali saranno i risultati, ma l’operazione può contribuire a favorire il passaggio culturale da una situazione in cui si domandava all’esercente se “era per caso possibile pagare con carta o con strumenti innovativi” a una in cui è assolutamente normale poter pagare con servizi di pagamento digitali. Per inciso, è previsto che nel caso in cui l’esercente dovesse rifiutare al momento dell’acquisto di acquisire il codice lotteria, il consumatore è nella condizione di segnalarlo nella sezione dedicata del portale Lotteria del sito internet dell’Agenzia delle entrate. Un mezzo importante per Agenzia delle entrate e Guardia di finanza finalizzato e cercare nuovi strumenti per ridurre il rischio di evasione.

Non c’è spazio per la crescita se non c’è una vera lotta all’evasione

E l’evasione appunto è un altro versante sul quale ai pagamenti viene chiesto di dare  un contributo nuovo. A proposito del contrasto all’evasione fiscale l’Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano stimava per il 2016 una evasione in termini di transato superiore ai 120 miliardi di euro con un danno erariale per lo Stato prossimo ai 27 miliardi di euro. Un mancato gettito con le dimensioni di una Legge di Bilancio… La lotta all’evasione non può evidentemente non essere una priorità e i pagamenti digitali possono fare la loro parte.

Dalle misure legate al contrasto all’evasione arriva una ulteriore Motivazione per accelerare e aiutare il nostro paese a superare il ritardo nell’adozione delle soluzioni per i digital payment. I dati BCE ci dicono che l’Italia sta migliorando nel percorso di sviluppo dei pagamenti innovativi: crescono infatti i payment con carta pro-capite del 16% rispetto al 2017, ma è ancora poco perché siamo ancora al 27° posto dell’Unione Europea e siamo al ventitreesimo posto in termini di volumi di transato pro-capite con carta: il numero medio di pagamenti all’anno per ciascun cittadino arriva a 65 quando la media europea supera le 100 transazioni e in testa alla classifica ci sono paesi con 350 transazioni. Dietro a tanto utilizzo del contante si nasconde purtroppo anche la volontà di non tracciare le transazioni. Il 2020 potrebbe anche non essere l’anno che risolve questo tema (serve certamente molto di più di 12 mesi per superarlo), ma deve essere l’anno in cui questo problema viene allo scoperto in tutte le sue dimensioni.

La nuova fase di PagoPA e il tema dell’integrazione dei pagamenti

L’altro grande segnale di sviluppo è rappresentato dalla costituzione di PagoPA come società pubblica per la gestione di tutti i pagamenti alla PA. La scelta di questo passaggio fa di PagoPA un asset strategico per lo sviluppo del paese ed è un segnale fortissimo di come i pagamenti digitali possano rappresentare a tutti gli effetti una piattaforma di innovazione, in questo caso nel rapporto tra cittadini e Pubbliche Amministrazioni. E questo processo parta da numeri già importanti se pensiamo che nel 2019 hanno registrato oltre 6o milioni di transazioni. La nuova fase di PagoPA nasce dall’idea che i pagamenti digitali devo essere uno degli strumenti della trasformazione digitale del Paese e deve spingere tutte le PA a gestire i servizi di pagamento online sfruttando le opportunità connesse alla piattaforma che è operativa dal 24 luglio 2019. Obiettivi? Integrazione, semplificazione, avvicinamento anche con nuovi mezzi e nuove app, alle esigenze dei cittadini.

Vediamo cioè che si stanno creando le condizioni per fare in modo che la PA possa comprendere appieno i  vantaggi dell’integrazione dei pagamenti digitali e se consideriamo che oggi ci sono ancora più di  700 miliardi di pagamenti effettuati verso la PA con strumenti desueti o che non favoriscono il pagamento immediato da parte del cittadino vediamo che c’è uno spazio di miglioramento e di sviluppo del business e di recupero di efficienze enorme. Se si riesce, per fare un esempio, ad evitare che i “bollettini” cartacei finiscano in un cassetto per poi essere dimenticati, se si riesce ad evitare che da quella dimenticanza prendano vita antipatiche, costose, spesso infruttuose sollecitazioni, si riuscirà ad aumentare gli introiti per i Comuni tra il 25% e il 30%. Il prezzo? Semplificare, semplificare, semplificare.

Obbligo POS, quando arriveranno le sanzioni

Tra i punti da “risolvere” resta poi quello dell’Obbligo POS, ovvero di un impegno che in assenza di un regime sanzionatorio resta un invito, uno stimolo, ma non si configura come un obbligo vero e proprio. Di sanzioni si era parlato nelle fasi che hanno visto la preparazione del Decreto, ma si sono “perse per strada”. Nel corso dell’iter di conversione del Collegato Fiscale 2020 (DL 124/2019) è stato infatti soppresso l’art. 23 che prevedeva l’introduzione di una sanzione del valore di 30,00 euro a cui andava aggiunto il 4% del valore della transazione contestata, a partire dal 1° luglio 2020, nel caso di rifiuto da parte di esercenti, artigiani e professionisti di accettare pagamenti con carta.  Una misura che andava (finalmente) a correggere o meglio completare quanto disposto dall’Articolo 15 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179. (da leggere a questo proposito il servizio a suo tempo dedicato a questo argomento: Del presunto “Obbligo POS”: quando la norma è debole …

Se, come abbiamo già evidenziato, il punto primo per vedere nel 2020 l’anno dei pagamenti digitali è quello di portare allo scoperto tutti i fattori che frenano lo sviluppo di questa industria e la diffusione di queste abitudini, certamente l’alibi del POS che “non prende” o che “non funziona” etc è bene che venga meno. Ma nello stesso tempo è altrettanto importante che con questo alibi si risolva anche quello, meno esplicito e più concreto, del costo delle commissioni.

L’Industria 4.0: dal manifatturiero alla Transizione 4.0

Nel mondo dal manifatturiero e della produzione il 2019 ha rappresentato un anno di passaggio, un po’ in bilico tra un entusiasmo sul “4.0” che si stava indebolendo e le incertezze di un quadro di riferimento anche in termini di incentivi che tardava a ricomporsi. I risultati del Piano Industria 4.0 e i risultati di business nel mondo delle imprese hanno contribuito ad allargare lo sguardo per “mettere a terra”  le opportunità e i benefici che le logiche 4.0 possono portare anche in altri ambiti, oltre i confini del manifatturiero. La Legge di Bilancio 2020 parla di Transizione 4.0 e disegna un quadro di misure complessive che guidano verso la trasformazione digitale delle imprese. I cambiamenti sono molto importanti e prevedono la sostituzione delle precedenti misure con una modalità di incentivi legati al credito di imposta che va a  coprire diverse attività di innovazione. Spariscono dunque superammortamento e iperammortamento in favore di diversi livelli di incentivo che potrebbero permettere di estendere il raggio d’azione del paradigma 4.0.

La rimodulazione degli incentivi per un 4.0 che va oltre al manifatturiero

  • Il credito di imposta sostituisce l’iperammortamento per investimenti in beni 4.0 e prevede uno scaglione al 40% per gli investimenti fino a 2,5 milioni di euro e uno al 20% per gli investimenti compresi tra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro. Oltre i dieci milioni di euro non sono più previsti bonus e questo aspetto segna una differenza rispetto all’iperammortamento 2019 che arrivava a un tetto di 20 milioni di euro.
  • Il credito di imposta sostituisce anche il superammortamento previsto per i beni strumentali per una quota pari al 6% con un tetto massimo di investimento di 2 milioni di euro.
  • Per i beni immateriali è previsto un credito d’imposta al 15% destinato all’acquisto di software fino a cinquecentomila euro che può essere utilizzato in modo indipendente dai beni materiali.

Fondamentali gli incentivi per beni immateriali non subordinati a beni strumentali 4.0

Per le imprese lo schema incentivante è forse più omogeneo rispetto agli impegni del Piano Industria 4.0 a suo tempo articolati in beni strumentali, impianti 4.0, soluzioni immateriali 4.0, investimenti in ricerca e sviluppo e formazione in una unica modalità determinata dall’utilizzo del credito di imposta. Semplificazione anche qui. E motivazione anche qui. Estremamente importante poi l’apertura ai beni immateriali senza subordinarlo a condizioni collegate ai beni strumentali 4.0. Una misura chiave per liberare il potenziale di innovazione che il 4.0 può portare nelle imprese senza subordinarlo necessariamente alla introduzione di macchinari. Non si deve infine dimenticare che il credito di imposta apre il tema degli incentivi 4.0 anche a “mondi” che non avevano accesso alle misure del precedente Piano Industria 4.0 come le imprese con regimi fiscali “speciali”, come le cooperative e come le startup.

Innovation manager al lavoro sui territori

La logica degli incentivi va poi letta in stretta relazione con il ruolo che dovranno svolgere gli Innovation manager e i sussidi, per la formazione nella forma di voucher per le imprese che hanno bisogno di essere accompagnate da un esperto per la loro trasformazione digitale. Su questo tema sono stati stanziati 50 milioni di euro. La sfida è fare in modo che siamo utilizzati al meglio per portare competenze nelle PMI soprattutto. E sempre sul tema della crescita delle competenze un altro segnale importante è legato al credito d’imposta per formazione 2020 in ambito Industria 4.0, anche in questo caso ci sono  bonus sul credito di imposta per portare competenze nei progetti innovativi e per far funzionare al meglio gli investimenti in macchinari mettendo le imprese nella condizione di contare su personale qualificato in grado di “sfruttare” quelle attrezzature.

Minor focalizzazione sul manifatturiero maggiore apertura verso le PMI

In generale la prospettiva 2020 nell’ottica del proseguimento del paradigma 4.0 dovrebbe veder, grazie alla maggiore flessibilità, accessibilità e apertura degli incentivi una apertura verso nuove aziende. Si perde forse qualcosa in termini di focalizzazione sulle vere logiche 4.0 per l’industria, ma si dovrebbe ottenere una maggior diffusione anche presso altre tipologie di imprese: logistica, trasporti, servizi. Per le imprese che il percorso verso il 4.0 lo hanno avviato il 2020 sarà il momento per passare dalla sperimentazione (che si tratti di veri e propri PoC o di implementazioni in produzione controllata) a una estensione totale e completa su tutti i processi produttivi.

Occhi puntati sui Competence Center

L’ultimo punto che dovrebbe contribuire a sostenere il paradigma 4.0 nel 2020 è legato all’entrata in funzione dei Competence center che ad oggi non sono ancora a regime e che, giova ricordarlo, dovrebbero contribuire a fare opera di sensibilizzazione e formazione sui territori portando:

  • strumenti di orientamento e di supporto alle imprese nella valutazione del loro livello di maturità digitale e tecnologica;
  • servizi di formazione per creare e diffondere le competenze in ambito Industria 4.0
  • supporto nello sviluppo di progetti di innovazione, di attività a livello di ricerca industriale e di sperimentazione

Il 2020 riuscirà a liberare il potenziale della Blockchain?

L’espressione e la domanda che meglio può aiutare per inquadrare il 2020 la possiamo riprendere dal bel titolo del convegno di presentazione dei risultati della ricerca dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano: Blockchain & Distributed Ledger: unlocking the potential of the Internet of Value. (leggi il servizio al riguardo: La sfida del 2020? Liberare tutto il potenziale della blockchain). Il 2020 è molto probabilmente l’anno che permetterà di comprendere veramente le potenzialità della blockchain e, come ha osservato Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio, le prospettive di questo mondo dipendono molto anche dalla capacità di superare le logiche che hanno indotto tanti attori a indirizzare gli investimenti nella creazione di nuove piattaforme. Un effetto che ha portato a una rota di proliferazione nel numero di “blockchain” e, anche per altre ragioni, nel numero di cryptocurrency; tanto che gli exchange ne trattano oltre 2400 e forse il mercato non ha bisogno di tanta “offerta”.

Blockchain: interoperabilità e interconnessione prima di tutto

Da qui il limite della blockchain nel 2019: essere vissuta come una tecnologia. La blockchain è molto di più di una tecnologia e il 2020 è l’anno per dimostrarlo. E per farlo, il mondo blockchain ha bisogno di limitare il rischio di polverizzazione, i rischi collegati al continuo sviluppo di nuove piattaforme ostacolano l’interoperabilità, aumentano la complessità nella definizione di standard comuni, creano problemi di interconnessione. Nello stesso tempo i segnali che arrivano dalle grandi piattaforme sono incoraggianti sia per quanto riguarda il lavoro destinato al miglioramento delle prestazioni sia per l’effetto e l’attenzione delle grandi aziende del web e del digital che nel corso del 2019 hanno scelto di avviare progetti sulla blockchain.

Il mercato è raddoppiato ma è ancora “piccolo”

Ma il mercato come ha risposto? Bene, è cresciuto e dai dati freschissimi dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger si vedono percentuali importanti per numeri assoluti, ma ancora limitati: in Italia i progetti passano da 15 a 30 milioni di Euro, nel mondo il numero dei progetti arriva a quota 488; per una totalità di 1.045 progetti in 4 anni. Considerando la complessità progettuale della blockchain non sono pochi. Se ci si “guarda dentro” sono ancora tanti i Proof of Concept PoC e gli annunci.

Italia nell’European Blockchain Partnership e il tavolo di lavoro del MISE

La prudenza delle aziende è ancorata a due grandi temi: la mancanza di un quadro normativo adeguato a gestire le prospettive completamente nuove che si aprono con la blockchain e la mancanza di skill per gestire i progetti.  Su questi ambiti il 2019 ha dato risposte chiare  con l’adesione dell’Italia alla European Blockchain Partnership EBP dove sta svolgendo un ruolo attivo e propositivo, con l’istituzione presso il Mise del tavolo di esperti dedicati alla Blockchain e all’AI per definire una strategia nazionale sulla blockchain.

In Europa si lavora alla European Blockchain Services Infrastructure EBSI

Tra le iniziative più importanti che fanno ben sperare per il 2020 c’è proprio il lavoro della EBP indirizzato allo sviluppo di una European Blockchain Services Infrastructure EBSI, una infrastruttura europea che partendo dalla considerazione che “la Blockchain è globale o non è blockchain” si è data l’obiettivo di sviluppare e diffondere le capabilities che permettono di garantire l’apertura, la interconnessione, la interoperabilità. Esattamente ciò che serve alle imprese per scegliere di investire in blockchain. Molto significativo che su questi temi ci sia un forte impegno proprio dell’Italia. E tra i progetti più importanti, sia a livello simbolico sia per la valenza “infrastrutturale” e abilitante, c’è quello della Self soverering identity SSI. Se si risolve in modo condiviso, sicuro e affidabile il tema della identità si accelerano tanti altri processi di innovazione.

Svizzera: regolamentazione per mercato dei capitali, stable coin e licenza per il banking

A livello internazionale il quadro di riferimento si sta componendo anche grazie alla indiscutibile iniziativa di alcuni paesi come la Svizzera  che sui temi della nuova regolamentazione della tokenizzazione per i mercati finanziari sta facendo da apripista e sta gettando le basi tanto per la costruzione di progetti sperimentali quanto per disporre di quelle esperienze che consentono poi di “scrivere le regole vere e proprie“. Intanto, anche con le competenze e la iniziativa di tanti italiani, la Svizzera detta il ritmo con la prima regolamentazione del mercato dei capitali firmato dalla Swiss Blockchain Federation, dalle linee guida per le stable coin rilasciate dalla Finma, dalle prime licenze per banking e securities rilasciate dalla Finma a due pure-play blockchain provider.

OCSE: un progetto blockchain strategico per l’Italia

Ma non dobbiamo solo guardare alla vicina Svizzera, il 2019 ha visto l’iniziativa di paesi che da tempo preparano il terreno allo sviluppo della Blockchain come Estonia e Malta e di altre realtà come San Marino, Portogallo e Lichtenstein. A livello di iniziative internazionali un ruolo importante è svolto dall’iniziativa dell’OCSE che mette la blockchain al centro dell’Osservatorio sulla Digitalizzazione. L’impegno dell’OCSE in ambito blockchain si concretizza in particolare sui temi della certificazione di provenienza garantita dei prodotti, ovvero su un asset fondamentale per il nostro paese e per le PMi in particolare.

Libra coin, Facebook e gli unbanked

Non si può chiudere un bilancio 2019 e una prospettiva 2020 senza citare i temi della tokenizzazione e delle criptocurrency. Sono tantissimi i progetti che hanno caratterizzato questa dimensione dell’innovazione blockchain, ma uno su tutti permetterà di capire le prospettive globali di questo fenomeno: Libra Association. Nell’estate del 2019 è arrivato il progetto Libra e ha avuto l’indiscutibile e straordinario merito di portare all’attenzione dei policy maker e dell’opinione pubblica le possibilità connesse alla realizzazione di una cryptocurrency globale. Facebook ha fatto parlare tutti, non solo gli esperti, non solo gli addetti ai lavori. Tre sono i temi sollevati da Facebook e dai 28 partner dell’iniziativa sui quali, a prescindere dai prossimi sviluppi, Libra ha già raggiunto un importante risultato:

  1. La possibilità di dare vita appunto una currency globale, rispondendo, con una iniziativa imprenditoriale privata, a un bisogno che prescinde dalla tecnologia e dalla blockchain
  2. La possibilità, molto concreta di unire tre livelli di innovazione che pochi progetti hanno avuto il coraggio e la forza di affrontare contemporaneamente:
    1. l’innovazione tecnologica,
    2. l’innovazione monetaria/finanziaria,
    3. l’innovazione sul piano sociale
  3. L’accessibilità. Quasi due miliardi di persone sono oggi unbanked e in condizioni normali occorrerebbero anni per creare  un vero accesso ai servizi finanziari. Al contrario in molti casi queste persone hanno o possono avere accesso a servizi web, social o digital in generale. Nello specifico hanno accesso a facebook, whatsapp, messenger e questi servizi, grazie a Libra, potrebbero diventare la via di accesso ai servizi finanziari.

Pagamenti Digitali, Industria 4.0, Blockchain: quali intrecci per il 2020

Pagamenti Digitali, Industria 4.0 e Blockchain: gli sviluppo in direzione 2020 sono nel segno di una relazione sempre più stretta. Indichiamo di seguito alcuni punti chiave sui quali nel 2020 è verosimile attendersi una importante evoluzione:

  1. IoT Payment: il 2019 ha visto numerosi progressi sia dal punto di vista tecnologico sia come “governance” di questi meccanismi. Gli oggetti in grado di pagare da soli sono una realtà che sta entrando in produzione e che può portare risultati sia sul piano industriale sia a livello di consumatori finali (leggi in proposito il servizio Pagamenti e IoT: nuovi prodotti e servizi per imprese e consumatori)
  2. I prodotti connessi e intelligenti hanno aperto nuove prospettive come nel caso dell’In Things Purchase che grazie alla integrazione Smart connected product, sistemi di gestione dell’identità e sistemi di pagamento permettono di applicare logiche dell’In-App Purchase (che ben conosciamo nel mondo mobile9 anche al mondo degli oggetti.
  3. I legami tra pagamenti digitali e blockchain sono numerosissimi ma quello indiscutibilmente più forte è rappresentato da Libra coin la criptovaluta di Facebook. Questo progetto, a prescindere dai prossimi sviluppi, ha aperto la strada a nuove forme di innovazione per risolvere con progettualità blockchain il tema degli unbanked.
  4. Tra i nuovi modelli di business abilitati dai prodotti connessi, con Big Data e data analytics e con le logiche 4.0 c’è certamente lo sviluppo nel corso del 2019 della servitizzazione ed è ragionevole pensare che il passaggio da prodotto a servizio possa trovare nella blockchain e negli smart contract in particolare gli strumenti di automatizzare in sicurezza i meccanismi di controllo e di remunerazione
  5. L’Industria 4.0 a sua volta si sta misurando con il fenomeno della tokenizzazione degli asset e con modalità di gestione delle transazioni che si appoggiano sulle reti blockchain.
  6. Il Made in Italy infine ha bisogno di garantire l’autenticità dei prodotti e di proteggerlo in tutto il mondo. La blockchain sta portando molte risposte con casi concreti. Non a caso l’agrifood è l’ambito che più sta crescendo in termini di adozione di soluzioni blockchain.

Articolo aggiornato da Mauro Bellini il 26 gennaio 2020

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