Un grande “oceano blu” un mare aperto dove è salpata la nave della blockchain e dove non ci sono “confini” per creare e sviluppare nuove idee, nuovi servizi, nuovi modelli di business. Nel 2017, Casaleggio Associati aveva scelto l’Intelligenza Artificiale per il proprio focus sull’innovazione, quest’anno la scelta è caduta sulla blockchain e come sottolinea Luca Eleuteri di Casaleggio Associati nella presentazione del report “Blockchain for Business“, siamo come al “varo di una nave” che permettere di portare a “terra” i primi risultati e (soprattutto) le indicazioni per tracciare la rotta del business delle aziende nel segno della blockchain.
Ci sono alcuni numeri che già sanciscono la vastità di questo “mare” e l’importanza della blockchain per il futuro dell’economia: “Entro il 2027 qualcosa come il 10% del Pil mondiale passerà direttamente o indirettamente attraverso la blockchain” Lo ricorda Davide Casaleggio, Casaleggio Associati, con una serie di dati che tolgono ogni dubbio in merito a quanto sia già importante oggi il “fattore blockchain”. “339 milioni di € investiti lo scorso anno e tassi di crescita con la prospettiva di arrivare a 2,3 Miliardi di $ entro il 2021 e – come prosegue Casaleggio – se si guarda al trend relativo agli investimenti, si vede che l’ecosistema blockchain ha guadagnato un consenso che si è tradotto in 945 milioni di dollari di investimenti che già nel 2018 sono proiettati a superare i 2 miliardi di dollari”. Alcune previsioni stimano una crescita dell’80% dal punto di vista dell’interesse degli investitori per arrivare a sfiorare i 10 miliardi di dollari di investimenti entro il 2021.
A guidare il trend è il mercato americano che in questo arco temporale punta a raggiungere i 4,2 miliardi di dollari mentre l’Europa è oggi a meno della metà del valore USA (con 400 milioni di dollari),ma è altrettanto dinamico e punta ad arrivare a 3,5 miliardi di dollari entro il 2022.
L’attenzione e gli investimenti dei Venture Capital per la blockchain
Ma c’è un dato sul quale Casaleggio sofferma l’attenzione e che invita a guardare in prospettiva: “Nei primi mesi del 2018 il mondo dei venture capital ha investito qualcosa come 1,3 miliardi di dollari nelle startup blockchain, segnando una crescita importantissima rispetto al valore di 900 milioni di dollari di investimento dei 12 mesi precedenti. Tuttavia – prosegue Casaleggio – appare significativo che se si sommano i valori delle 4 principali ICO della prima parte del 2018 si arriva a un valore di investimento ampiamente superiore (3,3 miliardi di dollari)”. Se poi si aggiunge che queste ICO, pur nate da iniziative e menti italiane, non hanno potuto aver luogo in Italia, ecco che appare evidente come ci sia anche un grande tema di regolamentazione di un fenomeno importante come quello dell’Initial Coin Offering come fonte di crowdsourcing innovativa per le imprese che si lega al fenomeno della capitalizzazione di mercato delle oltre 1600 criptovalute che, per dare la dimensione del loro valore, arrivano a una capitalizzazione totale ampiamente superiore ai 280 miliardi di dollari”.
Le prospettive dal punto di vista dello sviluppo del mercato e degli investimenti sono molto chiare, Casaleggio porta l’attenzione sulle prospettive di business per le aziende e lo fa indicando i capisaldi di questo sviluppo che vede in tre strati della blockchain: Il Registro, i Token e gli SmartContract. Questi tre assi, sui quali costruire lo sviluppo della blockchain vanno collegati al mondo reale, come insiste Casaleggio nella sua analisi. E a fare da ponte con la realtà del business e dei progetti ci sono, secondo Casaleggio, tre altri fattori come l’Internet of Things, la capacità di agganciare l’utilizzo delle Criptocurrency nel mondo reale e il concetto, importantissimo, del legal value, del valore legale.
Cosa vuol dire tokenizzare un bene
Il passaggio dal mondo reale a quello digitale si concretizza anche attraverso il processo di tokenizzazione e qui Casaleggio si domanda cosa vuol effettivamente dire tokenizzare un bene, cosa significa creare titoli di proprietà associati ad asset di valore che rappresentino quel bene o quel servizio e che siano in grado di ricostruirne la fisionomia nel mondo digitale. Con la tokenizzazione si prosegue con la “regola del tre” e si gestisce in digitale il Valore di scambio e la Proprietà, protetti dalla certezza di “evitare il rischio del double spending” e quindi dell’unicità e dell’univocità del valore di quel bene. Questo concetto apre a sua volta a una ricca serie di opportunità e a nuovi modelli di business a partire dalle logiche che si possono attuare grazie a nuove modalità per gestire, ad esempio, i sistemi di ricompensa. Proprio attorno a quest’ultimo punto, alla capacità di sfruttare le funzionalità di remunerazione dei token che consentono di facilitare azioni di remunerazione e dunque fidelizzazione dei clienti sono nate tante esperienze di startup e di gestione innovativa di community. Token dunque come uno strumento di scambio, come la maggior parte delle criptovalute oggi attive, ma anche token come certificato di proprietà e dunque come una delle forme di tokenizzazione di un asset e infine token come valore di “scambio” per un’attività, per un lavoro, per un servizio e come strumento che consente di sviluppare nuove forme di loyalty.
Smart Company e Smart Marketplace
Su queste funzioni si vanno a costruire quelle che Casaleggio indica come le prospettive delle Smart Company e degli Smart Marketplace. Grazie all’uso dell’IoT, degli Smart Contract, della tokenizzazione, le imprese possono partire e svilupparsi su altri presupposti e possono attuare nuovi modelli di business e Casaleggio insiste sulla prospettiva delle imprese di muoversi verso lo scenario delle Smart Company e sul ruolo che possono svolgere in questo senso gli Smart Contract, ad esempio, per favorire lo sviluppo di ambienti con nuove modalità di transazione come gli Smart Marketplace dove verrà drasticamente ridimensionato il ruolo degli intermediari e delle terze parti. Non ci sarà più bisogno di soggetti chiamati a svolgere il ruolo di garanti, tutti gli attori nella blockchain saranno chiamati a svolgere un ruolo di garanzia del funzionamento complessivo della blockchain e delle transazioni. Casaleggio osserva che è su questa base che si può effettivamente realizzare una vera sharing economy e che, la ”tokenizzazione spinta” potrebbe essere applicata a innumerevoli servizi, all’utilizzo delle vetture, alla condivisone della capacità computazionale, al mondo dell’energia, alle stesse abitazioni, piuttosto che ai servizi di rete. In prospettiva, ogni attività si presta per essere tokenizzata e grazie al token che la rappresenta può essere condivisa affidanbo alla blockchain la gestione delle transazioni, dei contratti, dei documenti, dell’infrastruttura.
Blockchain: quali criticità e quali prospettive
Ma è con Barbara Carfagna, giornalista TG1 e moderatrice della discussione, che si arriva anche ai risvolti più critici e in alcuni casi tuttora irrisolti della blockchain. Il tema del consumo energetico, che oggi pesa sullo sviluppo della blockchain, ma che è da vedere, come osserva Casaleggio, in prospettiva, nel senso di una ottimizzazione dei consumi e di meccanismi di gestione del consenso funzionali all’uso specifico che potrà essere svolto da ciascuna blockchain. Accanto a quello dell’energia c’è poi il tema della privacy e dell’immutabilità dei dati. Un tema, quello dell’immutabilità, dalle straordinarie potenzialità, ma che pone limiti e criticità importanti ai quali occorre dare una risposta, come appunto il caso del diritto all’oblio o alla cancellazione dei propri dati. Per Casaleggio l’orientamento deve essere quello di arrivare a soluzioni blockchain in grado di garantire la Self Sovereign Identity che possa valere a prescindere dal luogo geografico nel quale la persona si trova a vivere e che permetta a ciascuno di gestire direttamente e personalmente la propria identità.
Arriva da Barbara Carfagna lo stimolo ad affrontare i casi di Dubai e Singapore con due testimonianze di come, grazie a SmartDubai e alla startup GovTech nella città asiatica, si siano attivati processi di innovazione che hanno le proprie basi anche nella blockchain, ma con i piedi ben piantati per terra, tanto che dalle testimonianze arriva l’invito esplicito a “prendere” il buono della blockchain con la consapevolezza che pone una serie di nuovi importanti temi tutti da risolvere, come il consumo energetico appunto m come la “lentezza” per certe operazioni. In entrambi i casi il messaggio che si coglie è che serve una governance appropriata alla cultura del luogo, agli obiettivi, alle risorse disponibili, ai percorsi di creazione e implementazione di questi progetti.
Quali sono i costi della blockchain
Carfagna incalza Casaleggio sul costo complessivo della blockchain rispetto ad altre soluzioni o ad “altri paradigmi. Un tema quello dei costi che punta l’indice sulle tecnologie, sul dispendio energetico, sull’organizzazione necessaria a “far funzionale” i processi blockchain. Casaleggio invita a valutare il valore alternativo della blockchain. Alla luce delle esperienze in corso i costi della blockchain sono ragionevolmente chiari, mentre è più difficile rappresentare i vantaggi anche economici di una organizzazione che permette di sostituire e quindi ridurre o cancellare i costi di grandi organizzazioni centralizzate preposte a fare da garante nella gestione di processi o transazioni. il calcolo dei costi operativi di queste organizzazioni e dei costi indiretti in termini di tempi di gestione delle operazioni sono ancora tutti da stimare e da valutare. In altre parole, il trust complessivo offerto della blockchain può essere più affidabile e meno costoso, anche se ci vorrà ancora tempo per dimostrarlo concretamente. Ma, dobbiamo aggiungere, non è un valore oggi a portata di mano. Occorre infatti fare un percorso dove più che sulla tecnologia si deve lavorare sulla formazione, sulla capacità di favorire lo sviluppo. Anche sulla capacità training e di sviluppo degli skill, Barbara Carfagna torna sui rischi legate proprio alle competenze e alle scelte che le istituzioni devono assumere in merito ai percorsi formativi. Per Casaleggio il rischio è nascosto in nuove forme di digital divide, ma il tema non è più la blockchain è l’accesso alla Rete, sono le competenze per muoversi nel mondo del lavoro e per orientarsi.
Quali sono i limiti della tokenizzazione
E sulla tokenizzazione? Oggi c’è tanta enfasi sulle possibilità di vederla all’opera nella realizzazione di nuovi servizi, ma quali sono i limiti. Possiamo tokenizzare anche il Colosseo?” chiede provocatoriamente Barbara Carfagna. Ci sono edifici privati che sono stati commercializzati sfruttando la possibilità di trasformarli in un asset di valore rappresentato da token. E’ una risposta nuova nelle transazioni tra privati e vedremo se è una risposta in grado di generare valore nel tempo. Al contrario, per esempi come quello del Colosseo, si può tokenizzare il servizio che permette alle persone di godere di questi beni e fare in modo che possa essere acceduto, venduto, trasferito, arricchito di nuovo valore attraverso nuovi servizi (loyalty ad esempio) basati sulla blockchain. Si deve laborare cioè nella tokenizzazione di un valore artistico sia per proteggerne il valore sia per trovare nuove forme che ne permettano la condivisione.
Perché sono importanti Consenso e Ultimo Miglio
Per Massimo Chiriatti, IBM Italia, per capire gli sviluppi e le potenzialità della blockchain occorre guardare al concetto e alle logiche di consenso, perché è da qui che passano le prospettive, anche in termini di gestione dei carichi energetici e di tempi di gestione, per il raggiungimento di determinati risultati in termini di certificazione, di governance, di affidabilità ed è qui che si “sente il peso” di temi come il costo complessivo della blockchain”. Nello sviluppo progettuale della blockchain, nella visione condivisa da Chiriatti, un ruolo fondamentale lo hanno svolto e lo svolgeranno l’Open Source da una parte e la creazione e sviluppo di consorzi dall’altra.
Chiriatti ricorda che la blockchain sta già mostrando concreti risultati in tanti e diversi settori e IBm è attiva in molte e diverse forme. Nel Food certamente, dove è arrivata di recente la general availability della piattaforma IBM Food Trust, nel mondo della logistica e dei trasporti, dove è attiva sia dal punto di vista della creazione di un vero e proprio ecosistema con il consorzio TradeLens, sia nell’ambito di questo stesso progetto, con i concreti risultati ottenuti specificatamente con Maersk. Ed è proprio la logica della creazione e dello sviluppo di ecosistemi che caratterizza la strategia e la proposta Blockchain di IBM. Ecosistemi che permettono di rispondere in modo condiviso, collaborativo e partecipativo alla realizzazione delle proposte e delle soluzioni di governance che sono una delle basi primarie per il successo dei progetti blockchain.
Renato Grottola, senior Vice President, Global Director M&A & Digital Transformation di DNV GL – Business Assurance, ricorda che per una società di certificazione l’arrivo della blockchain è apparso come una minaccia inesorabile. In realtà è un cambiamento assolutamente rivoluzionario nel momento in cui alla blockchain si chiede di gestire la transazione di asset di valore digitali come possono essere pagamenti in cryptocurrency. “Ma quando si tratta di beni fisici ecco che il ruolo del certificatore o, generalizzando, del notaio, non è in alcun modo fuori gioco”. Il luogo comune che la blockchain cancella il lavoro dei notai non corrisponde alla realtà, ma dipende ovviamente da come queste professione riusciranno ad adattare il loro valore a un contesto organizzativo, metodologico e tecnologico che sta radicalmente cambiando
Grottola sottolinea inoltre come la Blockchain permetta di creare nuovi meccanismi di fiducia e proprio per questo abilita lo sviluppo di nuovi meccanismi di business. Per DNV GL oggi sono soprattutto paesi come l’Italia che possono trarne valore, e per proteggere il valore dei propri prodotti e dei propri marchi, per rafforzare il posizionamento sulla qualità e sulla protezione e valorizzazione della qualità di un paese su un mercato globale il valore della certificazione gioca un peso rilevante che può essere misurato in termini di risultati commerciali.
Cosa vuol dire creare una Infrastruttura giuridica per la blockchain
Certamente per chi fa certificazione i cambiamenti sono radicali e profondi. Grottola osserva che nel problema del primo o dell’ultimo miglio, quello del passaggio dal fisico al digitale è quanto mai necessario il ruolo di garanzia che deve essere svolto dai certificatori. Il tutto non solo in chiave di esercizio di forme di controllo perché la blockchain può ad esempio esser sfruttata, grazie alla tokenizzazione, per creare meccanismi di fiducia che possono premiare comportamenti virtuosi, ma perché possano trasformarsi in risultati serve costruire una Infrastruttura Giuridica sulla quale poggiare le basi di nuove forme di Governance.
Per Mirko Mischiatti, Responsabile della funzione Sistemi Informativi di Poste Italiane, il tema dell’ultimo miglio dal punto di vista della logistica intelligente può trovare nuove risposte nella integrazione tra soluzioni Internet of Things e blockchain. Anche qui rientra in gioco il concetto del punto di contatto tra mondo fisico e mondo digitale, ovvero della capacità di una realtà come Poste Italiane, grazie anche alla presenza sul territorio, di aggiungere la certezza di una “certificazione” sul servizio fisico che si aggiunge a quella che la blockchain porta in termini di rappresentazione dei dati e delle informazioni del prodotto o del servizio lungo tutta la filiera. Uno dei temi di Poste Italiane può essere letto come sviluppo di soluzioni blockchain nella direzione di progetti di Smart Logistics e in questo ambito rientra anche la sperimentazione e lo sviluppo di progetti legati agli smart contract. Ma Mischiatti ci tiene a precisare che gli sviluppi legati al mondo blockchain non si fermano qui e ricorda i progetti di Poste Italiane nell’ambito del payment e della sperimentazione di servizi che permettano di gestire servizi basati su criptovalute.
La gestione delle filiere: vino, food, energia
Con Giuseppe Perrone, Blockchain HUB MED Leader EY Financial-Business Advisors, si parla di alcuni casi concreti che attengono proprio al mondo del Made in Italy. EY è da tempo attenta al mondo dell’agrifood. A partire dal progetto per la Smart Agrifood di Wine Blockchain uno dei primi indirizzati alla difesa e alla valorizzazione del Vino italiano con una soluzione dedicata alla tracciatura della filiera di produzione con autocertificazione dell’intero processo produttivo. Giuseppe Perrone ricorda a Blockchain for Business che EY ha da poco lanciato OpsChain for Supplychain Transparency, una soluzione a supporto della trasparenza delle filiere, dell’autenticità e che va oltre la notarizzazione delle informazioni, per arrivare (nello spirito del convegno stesso) alla tokenizzazione, ovvero alla possibilità di associare un token ad ogni prodotto e automatizzarne le operations sull’intera blockchain.
Perrone insiste sull’importanza del mondo food citando il progetto di certificazione della filiera del pollo realizzato con Carrefour e guarda anche al mondo automobilistico con il progetto di ACI che gestisce sulla blockchain il tracking degli autoveicoli e permette di creare un ecosistema con produttori, officine, assicuratori, automobilisti per gestire l’intero lyfecycle del veicolo e portare nuove forme di affidabilità e di fiducia nell’ambito, ad esempio, della vendita dell’usato.
Ma agli ambiti di applicazione non si fermano qui, e Perrone richiama il progetto realizzato con l’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano per lo sviluppo di una piattaforma dedicata allo scambio di energia a livello Prosumer2Consumer. Per Perrone le opportunità della Blockchain per lo scambio di energia in chiave p2p possono permettere di ottenere molteplici vantaggi, a partire dalla possibilità per “microproduttori” di portare sul mercato i surplus di produzione alla creazione di meccanismi virtuosi di consumo sostenibile basati anche sullo scambio di energia in funzione di bisogni reciproci. Il progetto che ha coinvolto i principali attori del mercato dell’energia, ha analizzato le condizioni, le esigenze e le opportunità per lo sviluppo di una piattaforma che permette la registrazione di tutti gli scambi semplificando la fatturazione tra gli utenti e che può condurre, tra le altre cose, alla creazione di un marketplace di energia in modalità p2p, che potrebbe essere ad esempio gestito dalle utility, al quale affidare la gestione delle relazioni e delle transazioni tra piccoli produttori-utenti in ottica di ottimizzazione degli scambi.
Una infrastruttura europea per la blockchain
“La blockchain è indiscutibilmente una opportunità enorme – concorda Nicolò Romani, Head of Innovation di SIA – ma è oggi più che mai importante fissare l’attenzione sul ruolo strategico dell’infrastruttura. E in questo l’Italia con SIA sta svolgendo un ruolo importantissimo con SIAChain. Si tratta di una operazione partita nel 2016 quando SIA ha deciso di studiare il mondo della Blockchain con la consapevolezza di trovare tante opportunità di sviluppo per i nostri clienti e in particolare, ma non solo, per il mondo delle banche. Per questo tipo di attori le parole chiave sono sicurezza, affidabilità, auditability, vale a dire i valori che SIA garantisce nella gestione, ad esempio dei pagamenti cross border a livello interbancario. “Ed è dunque proprio su questo asset che è basato il modello di SIAChain, la nostra infrastruttura di rete per la blockchain con una copertura in fibra ottica che si estende per oltre 170mila km, con più di 600 nodi di rete in altrettanti data center con livelli di sicurezza ampiamente testati proprio per il mondo delle banche e in grado di mettere a disposizione la più grande infrastruttura per la blockchain privata a livello europeo”. Romani ricorda poi come SIA investa sull’asset fondamentale dell’infrastruttura di rete mettendo anche a disposizione l’offerta di competenze e risorse per le soluzioni che partono dal mondo banking e payment ma che si estendono a tanti altri ambiti, dal tracking alla gestione documentale, dall’industria 4.0 all’agrifood.
La blockchain contro il “fake”
Ma l’affidabilità che arriva dalla blockchain deve approdare facilmente anche nelle mani delle persone nella loro quotidianità. Ed su questo che insiste la testimonianza di Fausto Villani, CIO di TBox Chain nel raccontare come la blockchain può esser di aiuto per ridimensionare e ridurre gli effetti negativi delle false recensioni sul business dei viaggi. Villani ricorda quanto sia importante la lettura delle recensioni nelle scelte di viaggio, delle destinazioni, degli alberghi o dei ristoranti. Nello stesso tempo però stigmatizza il fatto più del 70% delle persone ha letto almeno una falsa recensione e nella stragrande maggioranza dei casi non se ne è accorto e ha dunque effettuato la sua scelta basandosi anche su un dato “fake”. Ed è qui che si colloca la soluzione di TBox Chain, una soluzione basata sulla blockchain e su un apparato che permette di certificare sia l’identità del soggetto che effettua la recensione sia la certezza che quella persona sia effettivamente in quel luogo nella data specificata nella sua recensione. Il tutto utilizzando un token crittografico che associa l’impronta geografica del dispositivo recensore con quella della T-Box presente nell’hotel o nel ristorante per garantire la garanzia della presenza fisica. In altre parole, nel rispetto della caratteristica propria della blockchain, rende più difficile o molto più difficile, falsificare dati e informazioni. Inoltre, Villani ricorda che il token non serve solo per assicurare l’affidabilità, ma per “remunerare” l’impegno di coloro che con il loro “sforzo” in favore di recensioni corrette e affidabili, contribuiscono ad aumentare l’affidabilità della comunità di appartenenza. Il loro impegno è così ripagato con un token che possono poi spendere nel network di attori costituito da strutture alberghiere, servizi museali, iniziative speciali.
Formazione, divulgazione e organizzazione degli investimenti
Massimo Tortorella, Presidente di Consulcesi Tech parla di azioni blockchain a largo raggio su più piani di azione per fornire tutti gli strumenti necessari a passare dalle idee ai progetti. In questo senso Tortorella ricorda la creazione di Consulcoin Cryptocurrency Found uno dei primi fondi di investimento in questo settore, così come il tema della formazione e della divulgazione sui quali Tortorella e Consulcesi sono direttamente impegnati attraverso i corsi della Link Campus University e attraverso la pubblicazione di “Cripto-svelate. Perché da Blockchain e monete digitali non si torna indietro” il testo pubblicato da Paesi Edizioni e scritto a quattro mani con il fratello Andrea nel quale spiega come la rivoluzione digitale che abbraccia anche la blockchain sta impattando i principali processi economici e finanziari internazionali con fenomeni, come ICO, Tokenization, fondi regolamentati sui quali è prima di tutto necessario aiutare e favorire la conoscenza.
Tortorella ricorda poi una “brutta esperienza” legata all’acquisto di un biglietto per una partita di calcio con una frode perpetarta ai danni di diversi clienti. E ricorda come la fragilità di un sistema, come quello del ticketing online, potrebbe essere risolta dell’applicazione della tecnologia Blockchain in grado di garantire la gestione dei processi di emissione, di registrazione dei biglietti e degli strumenti di verifica dell’autenticità e della correttezza di ogni titolo. Per Tortorella le applicazioni vanno dalla tracciabilità del farmaco, alla sicurezza della filiera alimentare, fino alla tutela del diritto d’autore ma ci sono ambiti agganciati o “integrabili” ai temi della “sharing economy”, in cui la Blockchain porta sicurezza, trasparenza e affidabilità.
Per il mondo della banche la blockchain ha superato velocemente la fase della “paura” o della visione della blockchain come una minaccia. Ci sono anzi progetti nei quali la blockchain sta accelerando e favorendo nuovi progetti di innovazione, di individuazione di forme di efficienza e di ricerca di nuovi vantaggi competitivi.
Emanuele Cicco, Trade & Working Capital Product Manager in UniCredit porta all’evento di Casaleggio Associati l’esperienza del progetto We.Trade ricordando il motto dell’operazione: More Trust, More Trade. La fiducia la può portare la blockchain, dove non è naturalmente presente, dove è complesso gestirla con soggetti terzi o dove non ci sono proprio soggetti terzi. Anche We.Trade percorre la via del consorzio e unisce una serie di istituti bancari (nove nella prima fase) con l’obiettivo di promuovere la fiducia nelle transazioni internazionali” coprendo qualcosa come 11 Paesi e offrendo soluzioni DLT come ad esempio di smart contracs per tutti quei clienti che presentano esigenze transazionali a livello di rapporti con clienti internazionali legate alle gestione, ad esempio, di servizi e attività di import/export.