STO, ICO e blockchain visti da Singapore

Un colloquio fuori dagli schemi con Stefano Virgili, CEO e fondatore di VOX, che dalla città stato asiatica guarda all’evoluzione del Secutiry Token Offering, alle opportunità e criticità della blockchain in Italia e in Europa

Pubblicato il 09 Feb 2019

Stefano Virgilli, Amministratore delegato VOX
Stefano Virgilli, Amministratore delegato VOX

A che punto siamo in termini di sviluppo blockchain in Italia, In Europa e quale valore può esprimere la tokenizzazione e la Security Token Offering? Uno sguardo esterno aiuta a comprendere le accelerazioni e le frenate che caratterizzano la storia della blockchain nel nostro paese, soprattutto se questo sguardo arriva da un luogo come la città stato di Singapore che sta competendo per il prima mondiale nello sviluppo di progetti innovativi, nella blockchain, nell’Intelligenza artificiale e nell’Internet of Things. Questa lettura ci arriva da Stefano Virgili, CEO & Founder di VOX, una “Startups boutique advisory firm”, con base in Singapore e attiva a livello globale.

Come vede il fenomeno STO, come cambia l’approccio delle imprese rispetto a ICO?

Molti credono che le STO siano il futuro. Se si chiede loro la ragione di questa affermazione, molto probabilmente risponderanno che è una opportunità per tokenizzare le shares di una startup. Quelli che la pensano così, a mio modo di vedere, avranno parecchi problemi legali nei mesi a venire. Gli altri, quelli che invece sanno che il frazionamento digitale di asset fisici esiste già da tempo, ritengono che la STO è solo un modo per utilizzare DLT (o blockchain) nel lancio di un progetto.

Rispetto alle Initial Coin Offering va detto, con il senno di poi, che si sono dimostrate semplicemente un modo per vendere securities a non-accredited investors. In una parola: fregature.

Come vede questo fenomeno a livello internazionale?

Ho vissuto e lavorato in Europa, Africa, Medio Oriente e Sudest Asiatico. Mi interfaccio regolarmente con interlocutori distribuiti tra New York e Tokyo, passando da Mosca e Sydney. Non c’è un posto al mondo che sia sicuro per lanciare una STO con token legati al valore delle quote aziendali. Tanti si riempiono la bocca di paroloni, ma sanno veramente poco di cosa si può e di cosa non si può fare.

A livello Europeo?

I Paesi Bassi sono forse tra i più interessanti per l’approccio verso STO. Credo che sia uno dei pochissimi paesi che non potrà regolamentare le STO, perché se fanno ciò, cade il mito dei Paesi della libertà. Nulla è illegale nei Paesi Bassi, e credo che culturalmente preferiscano mantenere tale approccio. Dal Lussemburgo e dalla Francia ho visto uscire bei progetti e pensatori creativi che probabilmente sapranno prendere la palla al balzo se e quando le STO diventeranno un fenomeno diffuso.

Che possibilità vede per l’Italia?

Non vivo più in Italia da 13 anni. Quando incontro amici italiani all’estero, la conversazione scade su tematiche di basso rilievo in termini di innovazione, produttività e sviluppo. L’Italia ha un grosso problema culturale: quello di credersi meglio di tutti e di non dovere temere nessuno. In realtà abbiamo già perso numerose sfide negli ultimi 20 anni. Le grandi menti italiane sono fuggite e stanno facendo grandi cose all’estero. Quelli che sono rimasti, spesso, purtroppo, lottano contro i mulini a vento. E’ impossibile cambiare, chi non vuole cambiare.

Quali tipologie di imprese stanno adottando la blockchain?

Ne ho viste di tutti i colori: dal porno alla mariuana, dalla logistica al farmaceutico. Credo che il grande errore sia definire la blockchain come una tecnologia. Prima di tutto, i grandi poteri si riferiscono solo a DLT (Distributed Ledger Technology), e mai a blockchain. Questo già da anni. Gli startupper hanno creduto che blockchain avrebbe cambiato il mondo. Andavano sul palco delle conferenze a promettere come avrebbero risolto tutti i problemi con blockchain. Alla fine dalla propaganda, si potrebbe dire che blockchain è meno rivoluzionaria di Microsoft Excel.

Come vede gli sviluppi tra blockchain e IoT?

Se le stampanti 3D avessero una funzione hardware di pagamento e di tracciabilità, potrei scaricarmi i Lego per mio figlio e produrli a casa. Questa potrebbe essere una buona idea per unire DLT e IoT. Tuttavia, ci si può arrivare anche con il Cloud. Se per un attimo smettiamo di pensare da radicali, la tecnologia centralizzata funziona bene così. Non è affatto detto che serva necessariamente la blockchain.

Che opportunità vede tra blockchain e AI?

AI è forse la tecnologia più quotata a sproposito. Se guardiamo a fondo, nella stragrande maggioranza dei casi, quando qualcuno parla di AI, non usa una reale intelligenza artificiale, ma piuttosto si appoggia a Business intelligence. Qualsiasi software di Business Intelligence riesce a gestire dati con funzioni interessanti per proiezioni e previsioni. La vera AI è un’altra cosa. Inoltre, a mio modo di vedere, l’AI da sola va benissimo così come è, anche senza blockchain. AI è la tecnologia che senza intervento umano prende decisioni.

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