Tra le tecnologie di nuova generazione, lo storage decentralizzato è un’innovazione che punta ad apportare i punti di forza dei sistemi blockchain all’offerta di spazio di archiviazione. Grazie a Filecoin, considerato al momento il più ambizioso protocollo di decentralized storage, chiunque potrà affittare lo spazio su disco inutilizzato sul proprio PC e ricevere dei token come incentivo.
Siamo alle premesse di una nuova sharing economy più profonda? Quali sono i punti di forza del protocollo Filecoin e qual è il suo stato di adozione? Queste risposte non possono prescindere anche da una considerazione sui destinatari di questa proposta tecnologica e i limiti dell’innovazione rispetto alle soluzioni già messe a disposizione sul mercato dai grossi vendor tech.
Uberizzazione e sharing economy
Con il termine “uberization” si indica il processo di trasformazione di un servizio che, da intermediato ed erogato su base continuativa da un provider, si fa commodity. Il neologismo deriva da Uber: app che offre un tempestivo servizio di taxi contando su una rete di driver indipendenti che con la propria auto trasportano il cliente lungo il tragitto richiesto da smartphone. È il matching dinamico continuo di domanda e offerta grazie a piattaforme digitali: altri esempi sono la rivoluzione di AirBnB nell’hospitality o Neighbor, che con il suo marketplace permette di affittare spazi di self-storage con tariffe “più basse del 50% rispetto al costo di mercato”.
Da qui non una semplice alternativa all’economia tradizionale ma la velleità di socializzare competenze e persino beni immobili come case e magazzini. È l’avvento della cosiddetta sharing economy. In realtà, è un poco azzardato parlare di vera disintermediazione. Se ci pensiamo, tutti i servizi menzionati sono offerti sì tramite una piattaforma digitale ma risultano comunque centralizzati: è una singola azienda, provider della piattaforma, che abilita e garantisce continuità al servizio in cambio di una fee sulle transazioni dei suoi utenti.
Storage decentralizzato
Una vera sharing economy non sarebbe più forse un’utopia grazie all’affermazione di una nuova classe di tecnologie distribuite. E se fosse possibile disintermediare anche le piattaforme digitali? Se le risorse computazionali e di memoria digitale per la loro sopravvivenza fossero esse stesse “uberizzate”? Blockchain, paradigma tecnologico che in senso lato abilita computing e registrazione distribuita dell’informazione, potrebbe presto passare nei prossimi decenni da buzzword a pilastro di una nuova società decentralizzata.
Un passo importante in questo percorso è segnato dall’avvento dello storage decentralizzato. Proprio come Neighbor “democratizza” l’offerta di depositi fisici a chi non sa dove custodire i propri averi più ingombranti, nuove soluzioni di storage blockchain-based abilitano chiunque ad affittare lo spazio inutilizzato sul proprio PC, richiedibile direttamente attraverso la rete.
Il lancio di Filecoin
Lanciato da Protocol Labs, e alimentato da una delle campagne di ICO funding più di successo con 275 milioni di dollari raccolti, Filecoin è considerato il progetto di data storage Web 3.0 più ambizioso. Dal lancio dell’iniziativa nel 2017, il team di Protocol Labs ha lavorato alla costruzione di un protocollo di straordinaria complessità, capace di supportare l’implementazione di architetture di cloud storage avanzate. Per la prima volta la memoria digitale diventa merce di scambio all’interno di un mercato algoritmico in cui transazioni e incentivi seguono le regole tipiche di un network blockchain.
Chi fornisce spazio inutilizzato al mercato guadagna incentivi in forma di token Filecoin (FIL), l’asset nativo del protocollo. Viceversa, i client che necessitano di spazio per immagazzinare o distribuire informazione spendono FIL per aggiudicarselo secondo il livello di servizio desiderato. A differenza di Bitcoin, dove ad essere premiata è la potenza computazionale dei miner, qui il mining power – e quindi l’incentivo – è direttamente proporzionale al volume di storage offerto. È poi grazie alle regole del protocollo che questa risorsa è aggregata e messa a disposizione come un unico storage network globale, in cui la robustezza è data dalla ridondanza e la dispersione geografica delle informazioni.
Il network Space Race
Nonostante il token FIL non sia ancora acquistabile sui maggiori Exchange, ha già avuto un importante ruolo come incentivo per il testing del protocollo e il recruiting di miner in tutto il mondo. È così che ha preso piede il network di test “Space Race”, vera e propria campagna di lancio che ha coinvolto 360 miner nel mondo, di cui 41 europei, e si è conclusa lo scorso 14 settembre. A disposizione fino a 1,5 milioni di Filecoin per i top 50 miner in ciascuna regione geografica e i top 100 su scala globale.
Come riportato a CoinDesk da Ian Darrow, Counsel di Protocol Labs, quella della Space Race è stata oltre che una competizione una straordinaria occasione di apprendimento per i miner, i quali hanno potuto confrontarsi con le logiche del protocollo di nuova generazione. Nonostante l’hype attorno a Filecoin fosse cosa nota, secondo Darrow, l’iniziativa di lancio ha superato di gran lunga le aspettative, con più di 100 milioni di dollari in hardware e oltre 200 pebibyte di spazio messi a disposizione in totale. Per rendere l’idea, lo stesso storage che si otterrebbe mettendo insieme più di 225 mila dischi da 1 terabyte.
Storage decentralizzato e real business
Ma un’offerta cospicua di spazio non è abbastanza per creare un mercato di storage liquido. Ciò che serve è anche una pari domanda da parte di chi richiede quello spazio per archiviare le proprie informazioni. E quindi utenti finali e imprese, ma anche smart contract e applicazioni decentralizzate – cioè software scritto per operare in modo autonomo senza alcuna organizzazione alle spalle. Una delle caratteristiche più interessanti di Filecoin, è che maggiori incentivi sono forniti a quei miner capaci di soddisfare con la propria offerta una domanda reale di spazio fisico. In breve, riceve molti più token chi è in grado di servire clientela reale.
Lo status di verified client, sarà attribuito sempre tramite logiche di consenso distribuito insite nel protocollo. Sarà dunque compito di un network di istituzioni riconosciute a certificare l’adesione a Filecoin da parte di aziende e organizzazioni in attività con una domanda reale di storage. Secondo Protocol Labs, saranno gli stessi miner a voler siglare accordi preventivi con le imprese, in modo da garantirsi una share di domanda per il servizio e quindi incentivi futuri in forma di token.
Storage decentralizzato, la sfida ai big vendor
La capacità potenziale di offrire grandi volumi di storage con alta distribuzione e resilienza non rappresenta soltanto un’offerta alternativa agli storage service di Amazon Web Services o a soluzioni più consumer come Google Drive o Dropbox. La sfida potrebbe essere più allargata ai provider di Content Delivery Network (CDN), come Cloudflare, capaci di servire contenuti di grosse dimensioni rapidamente in molte regioni del mondo. In questo caso, si potrebbero configurare anche situazioni ibride, dove elevata ridondanza e disponibilità del dato offerti da un protocollo di storage decentralizzato si uniscono all’alta affidabilità di un provider di servizi specializzati.
La sfida è proprio qui. I grossi vendor tech come Amazon, Microsoft e Google godono di una reputazione eccellente da parte di imprese e big corporate. E la reputazione per un buyer di storage è un driver di scelta non secondario al prezzo dello storage. Infatti, se algoritmi e smart contract garantiscono contrattazione più facilitata ed efficienza di mercato tra buyer e seller, per questa tipologia di protocolli sarà più sfidante certificare affidabilità hardware e tutelare la business continuity dei clienti. In questo senso, la capacità di catturare l’interesse di miner altamente qualificati o di integrarsi con provider di storage tradizionali sarà forse determinante.
Conclusioni
Thomas Watson, dirigente IBM, nel 1943 affermava: “Credo che in tutto il mondo possano essere sufficienti 5 computer”. Più tardi, nel 1977, il presidente di DEC Ken Olsen sosteneva: “Non c’è nessun motivo per cui una persona debba avere un computer a casa”. Predire il futuro basandosi sul mondo di oggi è una tentazione in cui è facile cadere. La tecnologia ci ha più volte dimostrato che il futuro è una possibilità che si avvera partendo non dall’esistente ma da nuove premesse. E tra le promesse tecnologiche di oggi troviamo blockchain, protocolli di consenso e ricerca algoritmica. Sarà lo storage decentralizzato uno dei mattoni per una sharing economy finalmente realizzata pienamente? Forse il futuro passa anche da qui.