E’ stato un debutto di successo quello di “Gram”, la cryptovaluta messa sul mercato nelle scorse settimane dalla piattaforma di messaggistica istantanea russa Telegram: nelle due tranche di finanziamento lanciate finora infatti la società ha raccolto complessivamente 1,7 miliardi di dollari (in due tornate di ICO da 850 milioni), e non esclude che possa tornare sul mercato per raccogliere atre risorse, come comunicato dalla società alle autorità americane, affermando che “potrebbero seguire una o più offerte”.
Al centro dell’initial coin offering c’è il piano della piattaforma di messaggistica istantanea di sviluppare una propria rete aperta, la cosiddetta Ton (Telegram open network), servendosi della tecnologia blockchain: un’innovazione che potrebbe dimostrarsi utile per espandere il raggio d’azione della società, che sul nuovo network sicuro potrebbe consentire agli utenti di veicolare non soltanto messaggi e contenuti, ma anche contratti e piccole transazioni di denaro, sulla scia di quanto sperimentato in Cina da WeChat.
I dati sono stati comunicati dalla società alla Stock Exchange commission statunitense, la società federale Usa incaricata di monitorare quanto avviene a Wall Street.
A investire sulla moneta virtuale lanciata da Telegram, secondo quanto ricostruito dai media russi che hanno avuto accesso alle comunicazioni inoltrate dalla società alle autorità di vigilanza statunitensi, è una platea di 94 investitori. Oltre che allo sviluppo della rete “open” e della blockchain, che potrebbe essere realizzata con il prossimo anno, i finanziamenti raccolti serviranno a Telegram per aggiornare i propri software.
La nascita di Telegram risale al 2013, da un’idea dei fratelli russi Durov, Nikolai e Pavel. Per espandersi la piattaforma, che oggi conta su circa 200 milioni di utenti, ha fatto leva fin dall’inizio sul tema della sicurezza, garantendo l’inviolabilità dei messaggi scambiati dagli utenti. Fattore che l’ha portata a finire nell’occhio del ciclone proprio in Russa, dove la società ha recentemente rifiutato di collaborare con i servizi di sicurezza che chiedevano le chiavi d’accesso per la decriptazione dei messaggi. Un rifiuto che le è costato la richiesta al tribunale, da parte dell’authority di controllo sulle comunicazioni, di bloccare il servizio sul territorio russo.