Tracciabilità e sostenibilità dei prodotti nell’era della blockchain

Come trasferire nel mondo digitale i prodotti garantendone origine, tipo e carattere, per far sì che il percorso della supply-chain possa essere tracciato, rispettando la sostenibilità.

Pubblicato il 04 Feb 2020

blockchain sicura

Blockchain, tracciabilità, sostenibilità, sono davvero termini intrinsecamente legati fra loro, tanto da poter essere considerati in alcuni casi quasi come sinonimi? Ecco un punto di vista diverso da quelli solitamente sostenuti, che certamente promuove l’uso della blockchain come strumento di tracciabilità, ma che focalizza l’attenzione sul fatto che la tracciabilità è prima di tutto una questione di processi e che la blockchain – strumento nato in ambito finanziario – necessita di essere “adattata” ai diversi contesti di applicazione, individuando esigenze, obiettivi, tecnologie, processi, e attori coinvolti nella filiera della trasparenza. In altre parole, non è con la sola blockchain che si può garantire la tracciabilità di una filiera.

Tracciabilità uguale fiducia, fidelizzazione dei consumatori, reputazione, sicurezza: vuol dire possibilità di rafforzare il legame tra azienda e consumatori. Questo è vero in molti settori, e lo è in particolare per il food, negli ultimi mesi sotto i riflettori dei blockchain expert perché campo di applicazione prediletto di questa tecnologia contro l’italian sounding, le frodi alimentari, strumento utile per la certificazione della qualità e dell’affidabilità dei prodotti agroalimentari. E la sostenibilità – sebbene sia un concetto diverso – viene spesso ricondotta allo stesso ambito, in un’ottica di affidabilità della filiera e di integrazione tra azienda, supply chain e consumatori.

Cosa significa tracciabilità

Prima di tutto: cosa significa tracciabilità? Tracciare significa mettere in campo attività di controllo e sistemi necessari a validare, verificare, garantire l’origine, la movimentazione, la trasformazione di materie prime in prodotti finiti, siano questi farmaci, parti aeronautiche o prodotti agroalimentari.

Indipendentemente dalla filiera di appartenenza, la tracciabilità come valore assoluto ha l’obiettivo di garantire da un lato la trasparenza e la fiducia del percorso di filiera dall’origine al consumo, e viceversa di dimostrarne la rintracciabilità a ritroso lungo tutta la filiera, a tutela del consumatore finale a tutti i livelli.

Prendendo l’esempio del food, i processi di trasformazione, miscelazione, le certificazioni, le documentazioni, l’uso di conservanti e additivi, lo stoccaggio e il trasporto sono tutti campi in cui la mancanza delle dovute attenzioni o l’intento di commettere frodi possono mettere a repentaglio la salute del consumatore, causando disagi più o meno gravi e, nei casi peggiori, addirittura epidemie o decessi.

Se ragioniamo la filiera del food in un’ottica globale – come spesso è – ci rendiamo conto che è sempre più difficile mantenere il controllo della filiera, anche a causa dell’incidenza dei costi che una puntuale tracciabilità comporta. E sebbene l’avvento di nuove tecnologie consenta di monitorare molti degli aspetti citati, persiste ancora un clima di sfiducia nei confronti di un’idea di tracciabilità diffusa perché i costi per l’integrazione di nuove tecnologie sono elevati, i tentativi di frode numerosi e i livelli di trasparenza non sufficienti a soddisfare le esigenze di consumatori e stakeholders. Inoltre, la complessità delle logiche di produzione e trasporto in un modo globlalizzato hanno lasciato spazio a un maggior margine di manipolazione della certificazione delle varie fasi della filiera.

Oggi è facile ignorare e scavalcare principi di tracciabilità: c’è una miriade di certificazioni e standard, manca una linea comune ed è complesso ricondurre un prodotto all’origine. Sarebbe auspicabile arrivare a standard unici che ottimizzino le indicazioni normative attuali e consentano una tracciabilità “universale”, che renda affidabile e “trustable” anche il commercio con paesi come la Cina, che hanno standard di qualità molto diversi dall’Europa.

Quando la tracciabilità comprende la blockchain

Molti grandi operatori del settore ICT da un lato, nonché grandi gruppi produttori o distributori si stanno lanciando in progetti di tracciabilità che includono la tecnologia blockchain: e dunque, è sufficiente? I risultati positivi sono garantiti?

Vogliamo porre qualche dubbio a riguardo. Non per disincentivare all’uso della blockchain, ma per comprendere quali implicazioni questi progetti portano con sé in termini di gestione dei processi di produzione, distribuzione e commercio.

Innanzitutto: la tecnologia blockchain è unica, oppure ne esistono diverse? Al momento molti operatori hanno sviluppato una propria blockchain, creando quindi diverse opzioni. Questo implica che bisogna scegliere con attenzione il proprio fornitore, facendo attenzione a come la tecnologia prescelta si integra nei propri processi aziendali, o anche esterni all’azienda nel caso della distribuzione e commercializzazione di prodotti. Sì, perché ricordiamoci che l’obiettivo non è solo certificare ma tracciare. È importante distinguere tra questi due concetti: per garantire la sicurezza (alimentare, farmaceutica, o di altro tipo) dobbiamo mettere in piedi processi e procedure che abbiano come risultato l’ottimizzazione di tutti i flussi generati dalla tracciabilità definendo un’unica piattaforma che possa connettere tutti i player facendo da garante degli scambi. Certificare questi processi e procedure è una parte del lavoro, ma non è l’intero lavoro.

La blockchain registra in modo sicuro eventi garantendone la sicurezza, la distribuzione e l’inconfutabilità, ma allo stesso tempo diventa importante definire l’informazione di partenza, l’origine, che non può derivare dai processi tradizionali ma deve essere originata in modo tale da poter garantire l’inequivocabilità dell’origine.

Fino a poco tempo fa la certificazione delle varie caratteristiche di qualità è stata appannaggio degli enti certificatori, mentre oggi la soluzione sembra essere la blockchain: ma vogliamo ricordare che la blockchain non entra nel merito dei contenuti. La blockchain certifica in maniera immutabile le informazioni che entrano nel sistema; se queste informazioni non sono attendibili, non è appannaggio della blockchain.

Per ottenere una tracciabilità completa e affidabile, e ritenere questa un indice attendibile di qualità è indispensabile avere un’unica piattaforma dove poter accedere in modo chiaro e immediato a tutte le informazioni sul prodotto, informazioni verificate grazie a un sistema che integra i principali certificatori, istituzioni e un’unica blockchain relativa al settore di applicazione – che sia food, farmaceutica, manifattura di altri prodotti organici.

Blockchain non fa rima con sostenibilità

Quando si parla di tracciabilità spesso ci si collega anche al concetto di sostenibilità, auspicando un mondo nel quale la sostenibilità possa diventare un valore condiviso e applicato a tutte le fasi di produzione, distribuzione e vendita di un prodotto. Quindi la sostenibilità della filiera diventa non solo un obiettivo da raggiungere, ma l’oggetto stesso dei processi di tracciabilità.

Un prodotto è sostenibile, ma lo è anche il suo packaging? O tutti gli elementi che compongono il packaging? La sua modalità di distribuzione quanto incide sulla produzione di CO2?

Bisogna non solo tracciare la sostenibilità locale rispetto a una filiera, ma per dichiararsi sostenibili lo stesso strumento di tracciabilità deve essere sostenibile, e adesso la blockchain consuma. Inoltre, c’è un tema di partecipazione di tutti gli attori della filiera: lavorare con blockchain implica che ci sia una validazione delle informazioni – quello che di solito fanno i miners. E in una filiera, ad esempio del food, chi ci aspettiamo che effettui questa validazione? Il consumatore finale?

In quest’ottica non possiamo considerare la blockchain come strumento per una tracciabilità sostenibile: la blockchain consuma energia, e richiede infrastrutture tecnologiche importanti per essere implementata. E allora, con tutte queste implicazioni, quali sono le soluzioni che potrebbero dare una risposta etica, sicura basata sulla fiducia e la sostenibilità per rispondere alle esigenze di tracciabilità?

Come può un prodotto di natura organica quale può essere un alimento essere tracciato da un sistema digitale? Come si può creare l’informazione di base e distintiva (corretta) che dovrà essere gestita dalla blockchain?

La sfida è trasferire nel mondo digitale prodotti (agroalimentari, farmaceutici, altro) garantendone origine, tipo e carattere per far si che tutto il percorso della supply-chain possa essere tracciato e rintracciato restituendo sicurezza e fiducia, senza trascurare il concetto di sostenibilità. Blockchain e sostenibilità in questo momento storico non sono un binomio: la blockchain oggi consuma energia, e potrebbe non solo rappresentare un problema di sostenibilità ma può incidere notevolmente sui costi di gestione, soprattutto quando si parla di validazione allargata ed è necessario un supporto legislativo e uno o più standard declinati per la filiera agroalimentare.

In ambito food esiste il Food Passport, una piattaforma sviluppata in collaborazione con  Emerge, che integra blockchain e tracciabilità digitale a partire dalla bio fingerprint, un’impronta biochimica che traccia e riconosce le molecole che compongono il nostro prodotto e da cui – ecco l’origine – prende inizio il percorso di tracciabilità, che progettiamo e costruiamo con un lavoro congiunto.

E se riconosciamo che la tracciabilità è una questione di processi, prima ancora che di tecnologia, vediamo come per ottenerla sia necessario non solo implementare una tecnologia, ma analizzare i vari processi che portano un prodotto fino al consumatore e disegnare una tracciabilità di filiera che segua questo iter. Bisogna cioè impostare una metodologia di lavoro e costruire un progetto per la tracciabilità, che includa costi, strumenti, misurazione dei risultati. Si mette insieme un pool di esperti per mappare l’intero percorso di un prodotto, controllarne le diverse fasi e configurare – adattandolo a un sistema di tracciabilità specifico per quel dominio o settore – un processo di tracciabilità che sia affidabile dall’origine, completo e quanto più possibile sostenibile. In quest’ottica la tecnologia diventa uno strumento al servizio della tracciabilità, e la sostenibilità un obiettivo cui mirare. Si sta già facendo molto in questa direzione ma la strada è ancora lunga.

Questa è la sfida da vincere per avere prodotti sicuri che tutelino la salute dell’individuo a vantaggio di un pianeta sostenibile.

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