“Gli ingredienti del Web3, già disponibili, sono token, NFT, smart contract, applicazioni decentralizzate e organizzazione”, esordisce Francesco Bruschi, direttore dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger 2022 del Politecnico di Milano, soffermandosi sul tema particolarmente importante dell’identità.
Gli NFT (non fungible token) sono noti al grande pubblico per le loro applicazioni nel mondo dell’arte, sulla scia della clamorosa vendita per 70 milioni di dollari dell’opera digitale “The first 5,000 days” di Beeple, messa all’asta da Christie’s. In realtà un NFT può avere una molteplicità di impieghi: ha ad esempio tutte le caratteristiche per poter rappresentare la nostra identità. A differenza dei fungible token, gli NFT sono oggetti digitali unici, decritti da tre dimensioni (metadati, identificativo univoco, possessore).
Questi valori, scritti in una tabella blockchain, devono rispettare una sola regola: il possessore è immutabile ed è il solo che può autorizzare il cambio di proprietà. Un caso di scuola è quello Ethereum che, con Name Service (ENS), offre un servizio per dare agli utenti il controllo delle proprie identità online anziché affidarle a Google, Apple e Facebook.
Web 3 è anche rispettoso della privacy. “Dove oggi per utilizzare molti servizi viene richiesto username, password e molti dati personali, Web3 abilita l’accesso ai servizi semplicemente attraverso SSI (Self Sovereing Identity), un modello che restituisce all’utente il pieno controllo della sua identità e delle informazioni da condividere”, commenta Emiliano Vernini, responsabile Ict Innovation strategy di Poste Italiane, evidenziando la necessità trasmette agli utenti l’importanza della privacy e del controllo sui propri dati.
Web 3 per le imprese e la PA
Le imprese cominciano a guardare con interesse a questo mondo sia con l’obiettivo di introdurre la blockchain all’interno delle loro attuali attività, sia con l’idea di creare nuovi modelli di business nativi Web3. “Abbiamo percepito negli ultimi anni un aumento della conoscenza della blockchain, vista come tecnologia capace di offrire benefici in termini di vantaggio competitivo, grazie all’adozione anticipata, e utile per prepararsi al futuro quando diventerà il nuovo standard”, commenta Manuel Tumiati, CTO KNOBS, portando ad esempio la tracciabilità di filiera come area di grande interesse.
Un ulteriore beneficio, derivante dall’adozione del Web3, viene ai settori molto normati come il finance e la PA. Le normative non saranno più percepite come onere, ma come strumento di innovazione digitale grazie al RegTech, termine che rappresenta la fusione di “Regulatory” con “Technology. La blockchain, associata all’AI, può diventare uno strumento per implementare in modo automatico la normativa definendo una compliance automatica. “Gli utenti potranno non solo operare in modo corretto, ma anche dimostralo a priori in modalità real time”, evidenzia Glauco Ciprari, RegTech solution architect, Almaviva, che già oggi utilizza Web3 per creare soluzioni pensate per clienti industriali e per la PA”.
Il RegTech che, negli ultimi anni, ha trovato ampia applicazione nel mondo dei servizi finanziari per poter gestire al meglio le continue richieste di adeguamento provenienti da BCE e dalle autorità nazionali, potrà aiutare la PA a operare senza doversi preoccupare in modo preponderante dell’adeguamento normativo .
Come conferma Donatella Proto, direzione per i servizi di comunicazione elettronica, di radiodiffusione e postali del MiSE, la PA da tempo sta sviluppando progetti per seguire la nuova evoluzione Web3, con il supporto di risorse già disponibili per sostenere tecnologie innovative e continuerà a farlo con i finanziamenti PNRR. “La Pa deve svolgere un ruolo non solo in quanto utilizzatore ma deve supportare le imprese per superare criticità, limiti e scetticismo, andando a creare professionalità e testare casi d’uso”. Il MiSE, in particolare è uno dei co-regolatori che si sta già interessando della normativa a tutela degli utenti, dell’implementazione del Digital market act, della regolamentazione dell’AI e del copyright, del mondo NFT, etc.
Web 3, cosa ha insegnato il finance per andare oltre
Nel campo del web3 c’è tanto da imparare dal mondo della finanza che ha fatto da apripista, come nel caso della DeFi (decentralized finance). La DeFi ha ad esempio evidenziato che blockchain può andare incontro alle esigenze degli utenti che vogliono un accesso senza limiti e senza restrizioni geografiche. Il risultato è stato l’aumento della liquidità e della velocità di circolazione, senza la necessità un’istituzione di regolazione.
Lo ha ricordato Paolo Gianturco, Core business operations & Fintech team leader di Deloitte, che ha sottolineato: “La velocità di circolazione del valore è un meccanismo dell’innovazione”. C’è però un alert sulla sicurezza, che richiede competenza e professionalità: a causa attacchi hacker lo scorso anno sono stati persi 600 milioni di Euro mentre due anni fa erano circa 70 milioni.
Più in generale Web3 ci insegna alcuni fondamentali: restituire il controllo di identità e dei dati, ai proprietari e alle imprese; implementare by design alcuni concetti come trustless, selfgovernment, compliance, verificabilità. “E soprattutto ci insegna a dare agli utenti nuova responsabilità e creare consapevolezza”, evidenzia Ciprari.
Proto infine sintetizza: “Web3 rappresenta la nuova economia che offre opportunità per tutti. Gli utenti, i professionisti e gli imprenditori che si affacciano a questo mondo vengono a rivestire un loro ruolo come produttori di valore”.
Le criticità da superare
Il Web3 sta dunque diventando un paradigma che sempre più entra nella realtà di imprese e amministrazioni. Proprio per questo, diventa urgente affrontare alcune criticità. La prima è legata alla reale capacità di distribuzione equa del controllo fra gli utenti. Il caso ENS, sopra citato, potrebbe rappresentare un modello di gestione di un bene pubblico ed essere preso in considerazione dalla Pubblica Amministrazione.
ENS ha consegnato il potere di prendere decisioni decentralizzate (ad esempio sulle evoluzioni della piattaforma) attraverso la distribuzione di token agli utenti e ai creatori, riconoscendo loro il valore prodotto. Il rischio da evitare è la concentrazione dei token in poche mani. Ci sono però le soluzioni: si possono per esempio prevedere meccanismi regolati da smart contract per definire una governance, così da far pesare di più i possessori i piccoli “patrimoni” di token.
Un ulteriore problema è il grande consumo energetico associato alla blockchain, legato però agli algoritmi complessi di generazione del bitcoin che non necessariamente riguardano altre applicazioni del Web3. È però necessario trovare soluzioni il prima possibile anche in questo ambito.