Nel mondo del web3 esiste un problema di presenza femminile: questa l’indicazione principale che arriva dall’ultimo studio di BCG X, l’unità di progettazione e costruzione tecnologica di Boston Consulting Group (BCG), in collaborazione con People of Crypto Lab. Nel comparto che si occupa della nuova frontiera del web, infatti, le donne sono ampiamente sottorappresentate tra fondatori e investitori, ancora più che nei settori STEM e nell’industria tecnologica in generale. La ricerca “Web3 Already Has a Gender Diversity Problem” rileva inoltre, un gap in termini di fondi destinati alle aziende del Web3: le startup composte da soli uomini raccolgono in media quasi quattro volte di più rispetto ai team fondatori composti da sole donne. Quasi 30 milioni di dollari per i primi, contro circa 8 milioni per i secondi. E tra le aziende Web3 che hanno raccolto più di 100 milioni di dollari, non ci sono team composti da sole donne. Ma questa disparità di genere riguarda l’intera forza lavoro: la percentuale di donne sale a circa il 27% se si prendono in considerazione tutti i dipendenti delle principali aziende Web3, ma spesso si tratta di una presenza assorbita soprattutto da funzioni non tecniche, come il marketing e le risorse umane. Anche in questo caso il divario è addirittura maggiore rispetto a quello registrato nei settori STEM, dove le donne rappresentano il 33% della forza lavoro, con il 25% che ricopre ruoli tecnici.
Web3: è crisi di presenza femminile, ma non è troppo tardi
“I numeri sono allarmanti. Oltre che una crisi di diversità questa è una crisi economica, perché così si perde l’occasione di supportare e far crescere quei business pensati per le consumatrici e non solo per i consumatori. Con il Web3 non si parla semplicemente di tech, ma si intende la tecnologia applicata a ogni settore e a ogni aspetto della vita – ha dichiarato Paola Scarpa, Managing Director e Partner di BCG – “Le aziende Web3 plasmeranno il modo in cui le persone si rappresentano online, fanno affari e interagiscono tra loro. La ricerca BCG rileva che le aziende con team di leadership diversificati risultano più innovative e più redditizie. Non abbracciare e usare la diversità fin dall’inizio, si traduce per molte aziende nella rinuncia a enormi opportunità di business e monetizzazione”.
Ma non è troppo tardi per ribaltare la situazione: un primo passo fondamentale è relativo alla misurazione e alla capacità di rendicontare in modo preciso e oggettivo la rappresentanza femminile e gli altri aspetti legati alla diversità in tutto l’ecosistema di fondatori, dipendenti e investitori. Altrettanto importante è l’inserimento di donne nei gruppi di investimento. I dati mostrano chiaramente che i gruppi di investimento composti da soli uomini, tendono con maggiore probabilità a sostenere fondatori con team composti di soli uomini. Per ovviare a questo problema, alcune società di venture capital richiedono di includere almeno una donna tra gli stessi investitori. Le aziende devono investire tempo e risorse per garantire che le fondatrici e le investitrici nello spazio Web3 possano attingere a reti forti, diversificate e inclusive. L’attività di mentorship – da parte di donne così come degli uomini – è particolarmente importante per aprire le porte alle aspiranti fondatrici e investitrici. È necessaria inoltre una particolare attenzione alla sponsorizzazione di eventi che garantiscono la parità di genere tra i relatori, con un impegno ad avere almeno il 30% di relatori donne come punto di partenza. Infine è cruciale anche la collaborazione con le autorità di regolamentazione. Mano a mano che i governi e le organizzazioni non profit si concentrano maggiormente sulle questioni ambientali, sociali e di governance (ESG), aumenta anche lo sviluppo di requisiti di rendicontazione più severi così come nascono nuove misure relative alla composizione di genere di aziende e industry.