WEF 2018: una governance globale per sfruttare le potenzialità della Blockchain

Intervista con Marcella Atzori, tra i partecipanti alla roundtable del World Economic Forum 2018 dedicata al tema “Technology and Global Governance”, con disruptive innovations come Blockchain, DLT e AI

Pubblicato il 13 Feb 2018

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Marcella Atzori, Ifin Sistemi – TrustedChain, ricercatrice University College of London; Blockchain Advisor Commissione Europea e Parlamento Europeo; GovTech Advisor British Blockchain Association,

Sul fatto che la Blockchain rappresenti una straordinaria opportunità per rivedere modelli transazionali e relazionali consolidati in tanti ambiti non ci sono più dubbi. Il grande tavolo di discussione riguarda però come si può far passare la Blockchain dallo status di straordinaria prospettiva a quello di progettualità concreta. Questo tema è in realtà condiviso con altre grandi “disruptive technologies” come ad esempio l’Intelligenza Artificiale e la Data Science.

Il World Economic Forum studia con attenzione queste disruptive technologies con un focus particolare sugli scenari sociali ed economici. Anche lo scorso anno la Blockchain è stata al centro di un tavolo di discussione a Davos.

Questa volta l’attenzione del WEF 2018  per la Blockchain arriva grazie alla tavola rotonda dedicata al tema “Technology and Global Governance”. Per meglio comprendere i nuovi scenari della Blockchain emersi in ambito governance e i suoi possibili esiti di natura economica, politica e sociale, abbiamo incontrato Marcella Atzori, tra i protagonisti della roundtable al WEF, ricercatrice dell’University College of London; Blockchain Advisor alla Commissione Europea e al Parlamento Europeo; GovTech Advisor per la British Blockchain Association, ma anche attiva sul mercato come Advisor Ifin Sistemi – TrustedChain.

Innanzitutto, come è vissuto il tema Blockchain al WEF?

Il World Economic Forum di Davos è un evento molto complesso, costituito da una serie di convegni, meeting ed eventi che fanno da cornice di approfondimento e di discussione ai grandi temi mondiali. Quest’anno la Global Challenge Foundation di Stoccolma ha voluto organizzare una roundtable sulle Digital Disruptive Technologies e il focus è stato proprio sulla Blockchain. L’attenzione per le sue applicazioni è indubbiamente molto alta.

I partecipanti alla roundtable (da destra)
Johan Rockström, Global Challenges Foundation (Chairmain)
Marcella Atzori,
Robin Hanson, Oxford University
Ariel Conn, Future of Life Institute

Quali sono i principali driver di attenzione verso la Blockchain? Tecnologia? Organizzazione? Governance?

Al WEF abbiamo esaminato in particolare l’evoluzione dei processi decisionali su scala globale. È un tema di grande complessità, forse il più difficile da affrontare per chi si occupa di Blockchain, perché più di ogni altro richiede competenze all’avanguardia e multidisciplinari: bisogna saper unire ad esempio le categorie concettuali della scienza politica e del diritto, con quelle prettamente tecniche dell’informatica e dell’ingegneria gestionale. Oggi un simile approccio tende ad essere carente nel mondo Blockchain, perché i saperi risultano ancora fortemente verticalizzati e polarizzati intorno a discipline quali l’informatica o l’analisi finanziaria. Di qui la difficoltà nel mettere a fuoco in modo corretto i termini dei dibattito.

E’ ben noto che gli effetti della Blockchain e delle logiche DLT possano essere dirompenti su scala globale. Che evidenze sono emerse dal WEF?

C’è una certa consapevolezza riguardo le potenzialità di questa tecnologia, ma anche dubbi sulle sue applicazioni concrete. Il primo passo da compiere è ammettere la necessità di una task force orizzontale e multidisciplinare nella comprensione degli esiti applicativi di queste nuove tecnologie. Spesso infatti gli operatori di settore tendono a identificare gli aspetti teorici positivi della Blockchain, senza però un’analisi esaustiva dei suoi rischi, anche di lungo periodo.

Stabilito che il livello di confronto al WEF è stato primariamente sulla tematica della governance globale, quali sono gli effetti della Blockchain che oggi possono essere indicati come sostanzialmente positivi?

La Blockchain permette la diffusione di nuovi modelli di interazione tra gli individui, con la possibilità di creare i propri network, perseguire specifici obiettivi e costruire almeno teoricamente ampie aree di autonomia rispetto ai poteri centralizzati tradizionali. Indubbiamente i processi decisionali possono diventare più veloci, trasparenti e reattivi, in scala transnazionale. Gli algoritmi possono addirittura essere utilizzati come tecnologia difensiva, per mitigare alcuni rischi globali.

Facciamo un esempio concreto

Con la Blockchain si possono costruire economie alternative, sottraendo la gestione della politica monetaria alle autorità centralizzate tradizionali. Le crittomonete sono considerate da molti un modo valido per mitigare i rischi sistemici legati alla moneta fiat su scala globale. Secondo alcuni dovrebbero addirittura sostituirla completamente.

 Non è necessariamente un bene…

Effettivamente non è detto che queste economie alternative siano davvero più trasparenti o più attente all’eguaglianza sociale e all’inclusività, ad esempio. La Blockchain può abilitare lo sviluppo di modelli organizzativi più efficienti e meno dipendenti da autorità centralizzate. Ma la portata etica di questa trasformazione dipenderà dal contesto applicativo e in ultima analisi dalla qualità dell’agire umano. Gli algoritmi sono pur sempre un artefatto umano.

Sempre a proposito di rischi globali, quale impatto può avere la Blockchain  su Big Data, IoT e ubiquitous computing?

Anche in questo caso la Blockchain può dimostrarsi una valida tecnologia difensiva. Ubiquitous computing e Internet of Things sono paradigmi spesso proposti senza un’adeguata mitigazione dei pericoli che comportano sul piano non solo tecnico, ma anche giuridico, politico e sociale. Il rischio più serio è quello del cosiddetto data deluge (o “diluvio di dati”): un’enorme quantità di dati altamente sensibili è generata a livello globale dalle fonti più disparate ed è gestita attraverso grandi silos centralizzati, spesso senza sufficiente protezione in termini di privacy e sicurezza per gli utenti. Le architetture decentralizzate possono migliorare la sicurezza e la resilienza dei sistemi digitali, inoltre proteggono la privacy degli utenti by-design, permettendo loro di gestire in autonomia i propri dati.

Ritornando al possibile impatto della Blockchain sulla governance globale, quali sono i rischi e le criticità che ancora non sono state sufficientemente analizzate?

La Blockchain può comportare un significativo trasferimento di potere dalle autorità centrali ai singoli individui. Un processo che presenta non pochi rischi da analizzare attentamente. Ad esempio, un’erosione troppo veloce dei poteri istituzionali legittimi può mettere a rischio la coesione politico-sociale di una comunità e condurre alla diffusione di un individualismo estremo, per cui i cittadini non riescono più a sentirsi parte di un unicum politico. È importante comprendere che i processi di decentralizzazione devono portare a una maggiore protezione del bene comune, non al trionfo del relativismo o alla “gamificazione” della dimensione politica. Il rischio maggiore in questo caso è quello di scivolare in una dimensione regolata unicamente da leggi di libero mercato, senza adeguati criteri di compensazione delle diseguaglianze, sia a livello economico che sociale.

Tuttavia la Blockchain è spesso associata positivamente a forme nuove e dirette di partecipazione dei cittadini nei processi decisionali. Qual è allora il rapporto tra Blockchain e democrazia?

È un rapporto controverso e dipende da come la Blockchain è applicata. Oggi c’è una spinta molto forte a livello globale verso la creazione di modelli decisionali più partecipativi e trasparenti: sicuramente la Blockchain apre scenari del tutto inediti in questo ambito, specie in virtù dell’inalterabilità dei dati e della trasparenza dei protocolli algoritmici. Questo però non basta a garantire una governance democratica. Anzi bisogna stare in guardia rispetto ai rischi della democrazia diretta. Democrazia non è lasciare che il singolo cittadino prenda decisioni su tutto in real-time: un’estensione abnorme della responsabilità politica del singolo comporta profonde diseguaglianze e finisce per essere un totalitarismo individuale, perché la sfera politica diventa un’esperienza totalizzante nella vita dell’individuo. Allora nell’applicare la Blockchain non basta ragionare soltanto in termini di decentralizzazione dei processi decisionali: il trasferimento di potere verso il singolo deve anche garantire libertà e uguaglianza dei partecipanti, pilastri fondamentali di qualsiasi democrazia.

 

Da dove si deve partire per sviluppare una Governance più democratica, più attenta agli esiti sociali? Con quali priorità si deve procedere?

Si deve partire dalla volontà di dare un senso chiaro e preciso al tema della decentralizzazione. La Blockchain apre nuove prospettive come si è detto, è importante però che la coesione e la protezione del bene collettivo siano percepite come una priorità rispetto al mero individualismo, tipicamente connesso ad alcuni scenari del virtuale e alle inesorabili leggi di mercato. È molto difficile individuare delle priorità, certamente una buona governance deve saper risolvere adeguatamente la relazione tra  libertà e diritti dell’individuo, e bene comune. È fondamentale partire da una riflessione matura su ciò che debba intendersi per democrazia, nonché sui concetti di cittadinanza e Stato. Solo così potremo disegnare correttamente un nuovo rapporto tra decentralità e bene collettivo.

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