Caso Utente

AWS e INAF, una best practice sull’uso delle istanze cloud

Dalla collaborazione tra l’Istituto Nazionale di Astrofisica e Amazon Web Services, a cui il sito dell’ultimo AWS Summit online offre ampia visibilità, arriva l’esempio di un modello di applicazione del calcolo che può portare indubbi vantaggi anche al mondo scientifico. Marco Landoni, ricercatore dell’INAF, spiega le ragioni della partnership e i progetti sui quali si sta dimostrando particolarmente efficace

Pubblicato il 03 Ago 2021

AWS Summit 2021

È possibile la vita al di fuori del pianeta terra? Non è lo spot di un’associazione di ufologia, ma una domanda che campeggia sulla home page del sito che AWS (Amazon Web Services) dedica al Summit online per l’area EMEA che si è svolto dal 9 al 10 giugno 2021.

Il quesito rimanda a uno spot su YouTube che la multinazionale americana ha girato a Roma, a Monte Mario per l’esattezza, la sede centrale dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica). I progetti su cui si focalizza lo spot e che vedono coinvolto il principale istituto di Astrofisica Italiano sono due: l’E-ELT (European-Extremely Large Telescope) promosso dall’ESO (European Southern Observatory) e il CTA (Cherenkov Telescope Array). Il primo riguarda la costruzione di un telescopio ottico di prossima generazione con un diametro di quasi 40 metri. Marco Landoni, ricercatore INAF che segue tuttora la collaborazione con AWS nel contesto della divisione ICT di INAF, spiega che l’E-ELT “si occuperà, tra i vari casi scientifici, dello studio e della ricerca di quelli che vengono chiamati biomarcatori, cioè delle ‘firme’ chimiche all’interno dell’atmosfera di quei pianeti orbitanti attorno a stelle differenti dal sole che ci possono dare informazioni sulla formazione e l’evoluzione di vita complessa al di fuori del sistema solare”. Motivo per il quale la domanda sull’eventuale vita al di fuori del sistema solare non è una boutade. Il progetto CTA, invece, punta a realizzare due grandi osservatori astronomici, uno nell’emisfero nord e uno nell’emisfero sud, che studieranno l’Universo osservando raggi gamma ad altissima energia.

AWS e INAF, come nasce la loro collaborazione

L’Istituto Nazionale di Astrofisica è stato invitato nel 2019 a Washington al Public Sector Summit di AWS, prima che le due successive versioni dell’evento fossero accessibili solo in modalità online a causa della pandemia. Unico ente di ricerca europeo a illustrare l’applicazione delle soluzioni cloud nel campo dell’astronomia e dell’astrofisica, da allora è diventato un caso emblematico a cui Amazon Web Services continua a dare rilievo proprio perché si discosta dai classici business case aziendali sui quali, ad esempio, si è soffermata ampiamente l’edizione 2021.

Marco Landoni racconta l’origine della collaborazione con il colosso di Seattle che, da quando è stata avviata con INAF, ha usato questa best practice anche per supportare il lancio a Milano, avvenuto nel 2020, della sua nuova Region. “Progettare questi strumenti – chiarisce Landoni – è un’attività molto complessa, con fasi che richiedono diversi anni e team numerosi. Uno dei principali problemi con cui ci si scontra è quello del calcolo. Avevamo bisogno di una piattaforma di calcolo che fosse immediatamente disponibile e con la quale si potessero effettuare delle simulazioni velocemente, ma in maniera sporadica. AWS è stata una rivoluzione all’interno di questo tipo di problema di calcolo, poiché siamo passati a un modello accelerato completamente diverso che necessita di ingenti ma sporadiche risorse”.

Un modello di calcolo a disposizione dei ricercatori

Marco Landoni sottolinea che, andando avanti, ci si è accorti che sempre più progetti avevano bisogno di questo paradigma di calcolo. Un’esigenza alla quale l’INAF ha risposto adoperando soprattutto, ma non solo, Amazon Elastic Compute Cloud (EC2), servizio web che fornisce capacità di elaborazione scalabile nel cloud: “Da lì in poi – continua Landoni – ci siamo resi conto che il modello funzionava e che ci sono una serie di problemi scientifici sia all’interno del nostro ente sia, più in generale, nel campo dell’astrofisica che possono trovare risposta con un paradigma as a service come quello di AWS. Quindi abbiamo deciso di aprire una sperimentazione più grande, offrendo alla comunità dei nostri ricercatori un accesso cosiddetto ‘sportello’ alle risorse AWS. In pratica, abbiamo acquistato una sorta di buffering economico, dando la possibilità di usufruire di queste risorse in maniera capillare nelle varie strutture e nelle varie sedi dell’istituto in base alle richieste”. Su una pagina dedicata da INAF attualmente esistono una decina di progetti, che vanno delle simulazioni di ottica adattiva all’estrazione di informazioni cosmologiche, per i quali è possibile fare domanda di utilizzo delle risorse AWS. Il ricercatore invia una proposta in linea con la propria area di competenza e nel giro di un paio di giorni, dopo un’analisi di merito scientifico fatta da una commissione che si chiama TAC (Time Allocation Committee), è messo in condizione di costruire la sua architettura, potendo disporre di storage o di GPU per il calcolo sia nell’ambito del machine learning in cosmologia sia nell’ambito della modellizzazione di galassie.

Marco Landoni
Marco Landoni, ricercatore INAF

I motivi della scelta: costi, scalabilità ed elasticità

“Ogni problema – evidenzia Marco Landoni – ha il suo modello di calcolo”. Questo non significa che il cloud sia in grado di risolverli tutti. “Abbiamo simulazioni di cosmologia estremamente complesse che con il cloud non si potrebbero affrontate, mentre ne abbiamo altri dove l’accesso on-demand, sporadico ad AWS può fare la differenza”. Prima che la scelta dell’istituto ricadesse sulle soluzioni della società americana, l’INAF aveva avviato un’indagine incentrata su costi, scalabilità e accesso alla documentazione. “AWS – conclude Landoni – ha soddisfatto i nostri requisiti, soprattutto per quanto concerne le istanze spot la cui disponibilità è risultata essere la chiave di volta per garantire elasticità e costi di esecuzione contenuti”. Oltre ad Amazon EC2 per l’esecuzione dei calcoli su larga scala, con particolare riguardo ai programmi E-ELT e CTA, l’Istituto Nazionale di Astrofisica finora si è avvalso di Amazon Simple Storage Service (Amazon S3) per l’archiviazione dei dati elaborati, di AWS Lambda e di Amazon Simple Queue Service (Amazon SQS) per la gestione del flusso e delle attività tra le istanze EC2, nonché di Amazon Glacier per l’archiviazione dei dati e il backup a lungo termine.

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