L’emergenza Covid-19 sta obbligando le aziende di qualsiasi settore a rivedere i processi organizzativi e ridisegnare i servizi digitali per affrontare con efficacia i prossimi mesi. Rispondere alla situazione di incertezza, che impone cambi repentini di rotta e un rapido decision making, significa acquisire un livello di flessibilità superiore sia per le attività di business sia per i sistemi informativi sottostanti. Il modello di Agile Software Factory adottato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore con la partnership di Beta 80 è risultato vincente, garantendo in tempi brevi l’implementazione e la modifica degli applicativi a supporto delle attività didattiche a distanza e dei servizi amministrativi online.
Dalle lezioni in presenza alla didattica da remoto
L’ateneo privato è uno dei maggiori poli universitari italiani, con 12 facoltà e 43mila studenti distribuiti su cinque campus (Milano, Roma, Piacenza, Brescia e Cremona). Il lockdown per il contenimento della pandemia ha richiesto l’adozione di nuove modalità e strumenti per la gestione delle lezioni e degli esami da remoto, oltre al potenziamento dei servizi di segreteria digitali.
“Nonostante Cattolica fosse attrezzata per l’erogazione delle attività online – racconta il Chief Information Officer Giuliano Pozza – l’approccio alla didattica è sempre stato molto “fisico”, finalizzato a offrire un luogo dove le persone potessero effettivamente incontrarsi. Il Coronavirus ci ha costretti a sovvertire le modalità di insegnamento e in un paio di settimane l’organizzazione della didattica è stata completamente remotizzata. Siamo stati costretti a rivoluzionare il modo di lavorare, pianificare le attività e gestire i sistemi informativi”.
L’emergenza Covid come acceleratore di innovazione
Per l’ateneo, l’emergenza ha rappresentato un vero e proprio acceleratore della trasformazione digitale. “Quasi la metà dei progetti messi a budget – prosegue il CIO – sono stati stravolti e sostituiti con altre attività. Il percorso di digitalizzazione, che prevedeva una pianificazione pluriennale, ha subito una forte spinta”.
Secondo Pozza, il processo è stato trainato da una serie di fattori critici, come il supporto dei vertici di Ateneo e la stretta collaborazione tra le direzioni aziendali. “Da un’organizzazione a silos – sottolinea il direttore IT – siamo passati a strutture orizzontali e cross-funzionali, che riuniscono diverse figure tra amministrativi, tecnici e docenti. L’integrazione dei team è stata fondamentale così come la formazione di strutture molto corte, ad esempio l’help desk per il supporto degli utenti (studenti e insegnanti) o i gruppi preposti all’evoluzione applicativa, dove collaborano esperti di didattica e personale IT”.
Il modello di Agile Software Factory ha così permesso la transizione dalla didattica in presenza alla fruizione delle attività nella prima fase completamente online e ora in modalità ibrida, perché crediamo comunque nel valore della presenza fisica e dell’incontro. “Da remoto – dichiara Pozza – sono stati condotti più di 7mila esami e centinaia di sessioni di laurea. La capacità di adattarsi al cambiamento è stata fondamentale: avere una software factory interna con un’organizzazione del lavoro agile ci ha permesso di reagire in giorni anziché settimane o mesi”.
L’importanza di bilanciare agilità e stabilità
In Cattolica l’agilità rappresenta un nodo cruciale sia per le strategie di digitalizzazione sia nella gestione delle attività didattiche (“in questo periodo i progetti vanno interrotti o attivati rapidamente secondo le necessità”).
Tuttavia, Pozza ammonisce sulla necessità di bilanciare correttamente flessibilità e stabilità. “L’approccio agile – evidenzia – ha un costo, richiede uno sforzo organizzativo e non si presta a tutti gli ambiti. Ad esempio, risulta fondamentale per le applicazioni di front-end e relative allo student journey, dove è necessario apportare rapidamente modifiche in base ai feedback ricevuti. Tuttavia, in progetti che riguardano sistemi ERP oppure altre soluzioni amministrativo-finanziarie, le metodologie di sviluppo tradizionali a cascata vanno benissimo e talvolta sono addirittura preferibili”.
Il ruolo fondamentale di un partner consolidato
Un ruolo decisivo nell’implementazione dell’Agile Software Factory è stato giocato da Beta 80. “In un progetto di change management così complesso – sostiene Pozza – il contributo dei partner è determinante, soprattutto se è inserito nel contesto aziendale e ha una conoscenza approfondita dei processi. Beta 80 è uno dei nostri partner storici perché collabora con Cattolica da circa otto anni e il suo team lavora al fianco del personale universitario, direttamente all’interno delle nostre sedi. Sviluppatori e project manager hanno, quindi, maturato una competenza specifica sulle dinamiche dell’ateneo, e questo si è rivelata un fattore critico di successo”.
Inoltre, l’approccio flessibile di una capability di sviluppo interna agile si dimostra fondamentale in un contesto caratterizzato da rapidi cambiamenti strategici, con progetti che vengono bloccati prematuramente e altri che invece sono attivati in corsa per rispondere alle criticità esterne. “Partire con un progetto non strategico – argomenta il CIO – e non orientato alla soluzione delle criticità contingenti è rischioso perché drena risorse che dovrebbero, invece, essere destinate ad ambiti prioritari. Così molte attività sono state interrotte a favore di altre iniziative, anche se nel complesso l’Università ha stanziato maggiori investimenti IT rispetto all’anno precedente”.
Nel contesto dinamico e imprevedibile dell’emergenza, la solida relazione sviluppata con Beta 80 ha costituito un fattore chiave di successo. “Non sarebbe stato possibile – afferma Pozza – lo stesso gioco di squadra a distanza, attraverso meeting virtuali e applicazioni di collaboration, se prima del lockdown non avessimo instaurato un rapporto stabile con il partner. L’Agile Software Factory funziona perché basata su una storia di anni fatta (fino a che si è potuto) di collaborazione gomito a gomito e di presenza fisica degli specialisti Beta 80 in sede”. Come sostiene il CIO, il capitale di relazione costruito negli anni ha dimostrato la sua efficacia nel periodo di distanziamento obbligatorio. “Adesso però – aggiunge – bisogna ritrovare un equilibrio tra incontri fisici e virtuali, perché una relazione solo a distanza non può reggere a lungo termine”.
Verso la multi-università, fisica e virtuale
Pozza chiude con alcune considerazioni riguardo ai prossimi mesi e alla gestione del “new normal”. “Dopo una fase iniziale di adeguamento – puntualizza -, alcuni aspetti della didattica a distanza sono stati apprezzato anche dagli studenti, come è emerso da alcuni questionari interni. Forte però è la voglia di tornare a vedersi, nei limiti di quello che la situazione consente”.
L’auspicio è, quindi, un ritorno alla normalità, ma senza tuttavia abbandonare i vantaggi della didattica digitale: ad esempio, la possibilità di seguire le lezioni da remoto senza recarsi in sede negli orari di punta oppure la comodità di effettuare operazioni di segreteria online.
“Da inizio settembre abbiamo avviato – spiega il CIO – un modello organizzativo ibrido. Sarà una sorta di MULTIVERSITA’ (multi-università), dove convivono diversi approcci alla didattica, in presenza e a distanza. Tutti gli studenti potranno accedere fisicamente alle lezioni, ma in giorni e a orari differenti, con una divisione in sottogruppi e meccanismi di turnazione. Qualsiasi lezione sarà comunque disponibile da remoto, in live streaming o in modalità registrata”.
La nuova organizzazione ha ovviamente comportato investimenti per strumentazione in aula, soluzioni di networking, applicativi, strumenti di accessibilità, piattaforme di e-learning e di gestione video, una serie di servizi come l’help desk dedicato a studenti e docenti.
“Il nostro slogan – suggerisce il Chief Information Officer – è ‘tutto il possibile in presenza, tutto il necessario da remoto’. A seconda di come evolverà la situazione pandemica, cambieremo organizzazione dinamicamente, organizzando gruppi più o meno grandi. In questo momento abbiamo riaperto ma con un numero controllato di studenti in presenza.”. Insomma, gli studenti sono tornati a frequentare le strutture dell’ateneo, è questo ha fatto rifiorire i nostri campus, ma potranno continuare a usufruire di un’ampia gamma di servizi didattici e amministrativi digitali.
Tecnologie e metodologie per vincere la competizione
Pozza rivolge, infine, l’attenzione ai nuovi scenari competitivi che si stanno delineando per il settore della formazione universitaria. “Il terreno di gioco – asserisce – è cambiato drasticamente con il Covid-19, per i corsi tradizionali ma soprattutto post-laurea. Finora la scelta di un master in Italia offriva come vantaggio la possibilità di frequentare fisicamente le lezioni oltre a disporre dell’accesso online. Oggi lo spostamento decisivo verso il digital learning amplia lo spazio di competizione: il confronto non è più soltanto con le realtà vicine, ma con gli atenei internazionali, dall’Università di Cambridge al Massachusetts Institute of Technology”.
Se per i corsi di laurea il valore dell’incontro fisico rappresenta ancora un fattore differenziale, nell’ambito dell’istruzione post-laurea il contesto è molto più sfidante. “Non basta garantire la disponibilità della didattica online – spiega Pozza – ma gli strumenti digitali vanno continuamente aggiornati per offrire servizi a valore. Per distinguersi nel panorama universitario, Cattolica punta sull’aspetto metodologico a complemento dell’implementazione tecnologica. Da qui nasce un gruppo di lavoro interdisciplinare che riunisce il personale IT con i partner, i docenti dell’ateneo, i team di iLab e Cremit, ovvero i nostri centri di competenza sull’innovazione metodologica e l’e-learning. Al tavolo siedono, quindi, esperti della didattica digitale e tecnici informatici, con l’obiettivo di fornire ai professori un pacchetto integrato a supporto dell’insegnamento, che includa strumenti tecnologici e linee guida metodologiche. Ne è nato il progetto #eCatt[1], che coniuga appunto aspetti metodologici e tecnologici. Così si crea la vera differenza: tenere la lezione davanti alla webcam non è fare didattica digitale, ma semplicemente trasporre online i metodi dell’analogico; sostenere gli esami da remoto con le stesse modalità utilizzate in presenza non funziona. Bisogna piuttosto ripensare alle metodologie sfruttando i nuovi strumenti digitali, come stiamo facendo. Nella competizione globale, insomma, non contano soltanto le tecnologie ma piuttosto la loro applicazione all’interno di un nuovo orizzonte metodologico e organizzativo”.
[1] https://www.cattolicanews.it/in-aula-o-da-remoto-ecco-come-sara-il-prossimo-anno-accademico-con-ecatt