La prima domanda che rivolgiamo ad Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, è la stessa che, più o meno direttamente espressa, ha aleggiato sia nella Tavola Rotonda di Roma del Progetto Finaki-ZeroUno-NetConsulting sia nel Workshop dedicato alla Pa dell’evento di Taormina, ossia: l’Agenda Digitale è ancora una priorità per chi guida questo paese? “Se ascoltiamo le affermazioni formali è sicuramente una priorità; se guardiamo alla sostanza lo scenario è più difficile da interpretare”, risponde diplomaticamente il docente del Politecnico. “Negli ultimi mesi alcuni passi positivi sono stati compiuti [la nomina dei membri del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda Digitale Italiana e del Comitato di indirizzo dell’Agid – ndr] e si è consolidato un buon gruppo di parlamentari, trasversale agli schieramenti politici, fattivamente interessati e impegnati su queste tematiche. Ma – aggiunge il docente – che questo lavoro sia totalmente coerente con le affermazioni di assoluta rilevanza dei temi dell’innovazione digitale faccio un po’ fatica a dirlo; la coerenza con quell’affermazione, dal mio punto di vista, dovrebbe portare a una governance più efficace, a una maggiore velocità nel mettere in atto quei meccanismi di governo delle strategie di innovazione che sono stati definiti. L’istituzione di una Commissione parlamentare sui temi dell’innovazione, come auspicato dallo stesso gruppo di parlamentari che lavora sull’Agenda Digitale, avrebbe per esempio un ben altro peso; significherebbe un supporto diverso e sicuramente più efficace in termini di orchestrazione normativa, orientamento dei lavori ecc. Una scelta di questo tipo potrebbe rappresentare una spinta propulsiva importante”.
Ed è proprio sul tema di una nuova governance, declinata con gli aggettivi “informata” e “partecipata” in opposizione a quelli, “confusa” e “frammentata”, che hanno finora contraddistinto la gestione dell’innovazione nella Pa, che Perego insiste. Il problema oggi non è più quello della mancanza di consapevolezza della strategicità del digitale o della limitatezza di fondi. La difficoltà principale è orchestrare le scelte da compiere all’interno di un disegno sistemico; rendere coerenti e attuabili decisioni prese a differenti livelli; allineare scelte che appaiono completamente disallineate e dove ogni amministrazione sembra correre da sola e senza seguire una direzione precisa e univoca. “L’Agenda Digitale non riguarda solo la Pubblica Amministrazione; si tratta di scelte e decisioni che hanno impatto su diversi stakeholder, dai cittadini alle imprese, alle università, i centri di ricerca. Ed è un ecosistema ricco di competenze e informazioni, non solo portatore di interessi. Affermando che quella che serve è una governance informata e partecipata, intendo che bisogna mettere al servizio dell’intero paese queste competenze, queste conoscenze e, contemporaneamente, fare in modo che questi soggetti possano dire la loro su certe decisioni”, precisa il responsabile scientifico dell’Osservatorio che sottolinea come l’efficacia decisionale e l’effettiva attuazione siano il frutto del convergere di almeno tre condizioni indispensabili: senso di urgenza condiviso, conoscenza diffusa e partecipazione attiva. “Sono molti gli attori, tra i quali il nostro stesso Osservatorio, che a vario titolo e con diversi interessi e investiture, hanno proposto think tank, creato tavoli di lavoro con agende sovrapposte e interessi a volte contrastanti. Ad oggi è mancato un coinvolgimento sistemico e unificato, aperto ma al tempo stesso guidato e legittimato dal Governo, per permettere di far convergere questa pluralità di tavoli in un ‘luogo’ significativo nel quale processi decisionali complessi possano concretizzarsi. È quanto avvenuto per la Fatturazione Elettronica dove – spiega Perego – dopo uno stallo di 3-4 anni, grazie al confronto tra diversi attori abilitato dal Forum italiano sulla Fatturazione Elettronica, è stato fatto un rapido salto avanti nel percorso”. Il Forum italiano sulla Fatturazione Elettronica è l’emanazione nazionale dello European Multi-Stakeholder Forum on Electronic Invoicing, organo istituito dalla Commissione Europea con l’obiettivo esplicito di monitorare e stimolare la diffusione della Fatturazione Elettronica nei Paesi europei. “Il valore culturale degli incontri del Forum – sottolinea Perego – è stato molto alto: ai partecipanti si sono aperti mondi diversi; sono state condivise le esperienze di filiere produttive che avevano già affrontato questa tematica; le scelte compiute sono state quindi il frutto di un grande lavoro di condivisione. Lavoro che è stato veramente utile per il raggiungimento dell’obiettivo [una conferma indiretta dell’affermazione di Perego ci viene da quanto detto da Maria Pia Giovannini in merito nel corso della Tavola Rotonda di Roma – ndr]”.
Ed è proprio basandosi sul lavoro collegiale svolto negli ultimi due anni per la Fatturazione Elettronica, che il Politecnico lancia l’idea di creare un ‘Multi-stakeholder Forum dell’Agenda Digitale’: “Questo consentirebbe di mettere a fattor comune tutte le buone pratiche realizzate, ma anche le problematiche e le criticità già incontrate, in modo da condividere esperienze e conoscenze; parallelamente contribuirebbe alla definizione di policy, regole standard che derivino da scelte condivise”. E scelte trasparenti e condivise sono sicuramente un buon preludio al loro successo.
I risultati della Ricerca
L’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico ha presentato, nel corso di un Convegno che si è svolto a Roma qualche giorno fa proprio dal titolo “Agenda Digitale: insieme per una governance informata e partecipata”, la Ricerca 2014. Con Perego abbiamo quindi ripercorso i risultati principali di un lavoro con il quale il Politecnico ha voluto capitalizzare i numerosi dati disponibili su un tema così articolato e complesso, dando una sistematicità a informazioni, provenienti da fonti e organismi differenti, che possono così essere correttamente valorizzate e, soprattutto, risultare di supporto alla definizione di una strategia sistemica e una governance efficace dell’innovazione nella Pa. “Una caratteristica importante di questo lavoro – precisa Perego – è che si è basato sulla collaborazione di diversi soggetti, in modo da risultare inclusivo di prospettive e punti di vista differenti”. La ricerca si è sviluppata lungo sei filoni che hanno dato luogo ad altrettanti Report.
1) Fattore Ict: lo spread digitale tra Italia e gli altri paesi europei
Quale relazione c’è tra innovazione digitale e produttività di un paese? È la domanda cruciale alla quale ha cercato di rispondere questo filone di indagine al fine di capire quanto il “fattore Ict” possa essere determinante. Realizzato con la collaborazione di Confindustria Digitale e utilizzando numerose fonti terze per fornire una prospettiva internazionale, il Report parte dal tristemente noto dato della caduta del Pil italiano per occupato negli ultimi 20 anni (vedi figura 1) per confrontarlo con gli investimenti Ict nello stesso periodo: la quota degli investimenti Ict sul totale degli investimenti lordi in impieghi fissi non residenziali era, nei primi anni ’90, del 12%, sostanzialmente uguale a quella di Svizzera e Germania; dopo una crescita fino alla seconda metà degli anni ’90, che ha portato il nostro paese a raggiungere una quota del 15%, è seguita una progressiva riduzione fino ad arrivare al 2013 con uno dei peggiori posizionamenti rispetto agli altri paesi europei. “È sufficiente correlare questi due andamenti per capire che l’Italia non è riuscita a declinare in modo proficuo la rivoluzione Internet e proprio nel periodo in cui gli altri paesi hanno investito maggiormente in Ict, l’Italia ha ridotto la quota di investimenti relativi alle tecnologie digitali contribuendo (insieme alla mancanza di investimenti complementari in organizzazione, processi, competenze ecc.) a creare un vero e proprio spread digitale tra il nostro e gli altri paesi europei”.
2) Le fonti di finanziamento: non lasciarsi scappare 12 miliardi di euro
“Avvalendoci, anche in questo caso, di specialisti come Marco Nicolai [Professore di Finanza Aziendale e Straordinaria dell’Università degli Studi di Brescia – ndr] abbiamo cercato di identificare le risorse finanziare a disposizione del nostro paese per l’attuazione dell’Agenda Digitale. La progressiva compressione delle risorse destinate dallo Stato agli enti locali ha indotto questi ultimi a fare affidamento principalmente sui fondi comunitari ed è quindi questa l’area sulla quale ci siamo focalizzati”, ha spiegato Perego. Esercizio non semplicissimo dato che stiamo parlando di fondi messi a disposizione degli stati membri a vario titolo, e con differenti vincoli, ma a conclusione del quale l’Osservatorio ha stimato una disponibilità di circa 1,7 miliardi di euro all’anno per i prossimi 7 anni: “Anche se ovviamente non può coprire tutte le nostre necessità, si tratta comunque di una somma interessante. Quello che dobbiamo fare ora è attrezzarci per non perdere questa opportunità”, ha ricordato il docente del Politecnico.
3) La normativa: un ritardo al quale bisogna porre rimedio
Se per l’attuazione delle strategie aziendali è necessaria la definizione di policy, per la Pubblica Amministrazione le “policy” sono i decreti attuativi, i regolamenti, le regole tecniche conseguenti a leggi che sanciscono determinati principi. Realizzato in collaborazione con Ernesto Bellisario, recentemente nominato membro del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda Digitale Italiana, il Report analizza i decreti emanati a partire dal 2012 per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale (che si sono aggiunti alla legislazione precedente riguardante la digitalizzazione del paese) e presenta una fotografia precisa dello stato dei 53 tra regolamenti e regole tecniche previsti da questo impianto normativo. Come si vede in figura 2, solo 18 di tali provvedimenti sono stati adottati e su alcuni di questi si sono accumulati oltre 600 giorni di ritardo. “La fotografia è al 26 ottobre 2014 e speriamo che nel frattempo qualche altro passo avanti si sia compiuto, ma certamente i ritardi nella produzione normativa nazionale non solo impediscono di raggiungere gli obiettivi prefissati dal Governo, ma generano anche confusione negli operatori della Pa, disincentivano gli investimenti privati nel settore e producono inefficienze per tutto il sistema”, ricorda Perego.
4) Misurare l’attuazione dell’Agenda Digitale
Per valutare l’efficacia di qualsiasi attività, digitale e non, è necessario che essa possa essere misurata e, quindi, che vegano definiti criteri e indicatori: “Qual è il sistema al quale vogliamo affidarci per misurare l’avanzamento e l’efficacia delle azioni dell’Agenda Digitale in Italia? È un lavoro fondamentale che andrebbe fatto con chi definisce centralmente le strategie”, precisa Perego che spiega come non sia sufficiente basarsi sul Digital Agenda Scoreboard (lo strumento messo a disposizione dell’Unione Europea per misurare lo stato di digitalizzazione dei diversi Paesi europei – figura 3) perché, come tutti gli strumenti ideati per studiare macro fenomeni, è molto sintetico e considera solo un numero limitato di indicatori: “È un ottimo strumento, soprattutto perché condiviso e riconosciuto a livello europeo, per effettuare confronti con gli altri paesi, ma non è efficace per una misurazione puntuale e va complementato con indicatori più specifici. Nel nostro Report abbiamo fornito alcuni suggerimenti, ma bisogna che venga compresa l’importanza della misurazione da chi si occupa dell’indirizzo strategico dell’innovazione in Italia: è un lavoro che potrebbe essere svolto dal Comitato di indirizzo dell’Agid [l’organo di indirizzo strategico dell’Agenzia del quale, dopo varie vicissitudini, lo scorso 24 settembre sono stati ufficialmente nominati i membri – ndr] o dall’auspicata Commissione parlamentare”.
5) Condividere e replicare le esperienze positive
Realizzato con la collaborazione dell’Osservatorio eGovernment, sempre del Politecnico di Milano, questo Report approfondisce 24 buone pratiche di innovazione (una selezione delle molto più numerose raccolte dall’Osservatorio) che presentano obiettivi simili, benefici attesi simili e problematiche affrontate simili: “Potenzialmente si tratta di esperienze con una base di replicabilità molto ampia, eppure quasi tutte le soluzioni sono state fatte ‘reinventando l’acqua calda’, senza sostanziali confronti con altri enti. Le ragioni principali sono essenzialmente due: le soluzioni non sono conosciute da altri attori che potrebbero beneficiarne e, anche qualora fossero conosciute, è molto difficile riutilizzarle”.
6) Le road map dell’innovazione
Il sesto filone di indagine, che ha dato vita al relativo Report, è decisamente ambizioso: delineare i percorsi attuativi di 5 ambiti di innovazione. Lo definiamo ambizioso perché, se guardiamo agli ambiti nello specifico (Sanità digitale, Fatturazione elettronica, Identità digitale, Mobile payment, Giustizia digitale; in figura 4 è riportata, a titolo di esempio, la road-map della Fatturazione elettronica) è evidente che alcuni di questi sono i progetti che possono dare una vera sterzata alla trasformazione della Pa (come, per esempio, l’identità digitale che implica interventi di carattere infrastrutturale indispensabili per l’evoluzione stessa dei servizi digitali della Pa), ma è altrettanto noto che proprio questi progetti sono da oltre un decennio oggetto di discussione, elaborazione e rielaborazione di standard, con risultati, a essere magnanimi, molto discutibili.