Digital360 Awards

AI protagonista dei Digital360 Awards nell’era dell’implementazione

Da tema di nicchia, l’AI generativa è diventata di dominio pubblico. Merito dei tanti progressi compiuti e dell’hype creata dai media. Non è una sorpresa per i CIO che, durante i Digital360 Awards, potranno confrontarsi non tanto su “se”, quanto sul “come”. Come adottarla, come “diluirla” in tutta l’organizzazione, come trasformarla in una leva per il business. 

Pubblicato il 29 Mar 2023

Immagine di Jackie Niam su Shutterstock

ChatGPT e i precedenti e successivi modelli di larga scala, hanno cambiato il modo in cui la società tutta si rapporta con l’intelligenza artificiale. L’hanno resa concreta, quasi palpabile. Non è più uno strumento compreso da pochi e nelle mani di molto pochi. Questa ulteriore evoluzione socio-tecnologica, di notevole e plurimo impatto, impone di non smettere di parlarne. Impossibile, quindi, non farlo anche nella nuova edizione dei Digital360 Awards, organizzati assieme al CIO Summit.

La disruption dell’AI, tra privati imprese e istituzioni

Tutto il percorso segue il tema AI, partendo dal titolo – “Yes AI care” –, accompagnato dall’eloquente sottotitolo “La disruption dell’intelligenza artificiale”. Si può parlare di “disruption” per l’avvenuta democratizzazione di questa tecnologia, ma non solo. Durante la prima tappa, il 21 marzo, il 2023 è stato ufficialmente conclamato l’era dell’implementazione. La definizione arriva da Alessandro Piva, co-direttore dell’Osservatorio sull’intelligenza artificiale del Politecnico di Milano, che l’ha declinata in tre scenari: grande pubblico, istituzioni e imprese.

Il primo è quello caratterizzato dai fenomeni sotto gli occhi di tutti, negli ultimi mesi. L’AI generativa ha avvicinato molte persone, in veste di consumer o come appassionati al tema dell’intelligenza artificiale, nel suo complesso. Ha posto e tuttora pone delle domande e ci chiede di liberarci da timori e pregiudizi, ma non da un sano e necessario spirito critico.

Per quanto riguarda le istituzioni, Piva ha ricordato tre pilastri fondamentali, per lo meno per l’Unione Europea e chi ne fa parte. Il primo riguarda le linee guida sull’etica legata all’AI in cui si notano forti differenze rispetto sia alla Cina che agli Usa. In un white paper dedicato, infatti, la Commissione Europea mette al centro la libertà dell’uomo, più in secondo piano in altri quadri normativi. Un altro passo importante è stato l’AI Act. Approvato a fine 2022, questo regolamento introduce la questione della gestione del rischio, definendo dei precisi livelli di accettabilità. L’adeguamento a queste nuove norme, Piva ha stimato porterà a un aggravio del 17% dei costi di ogni progetto AI, oltre a introdurre una definizione di ambiti in cui non si potrà del tutto agire.

Ciò che si è cercato di fare è stato trovare il giusto equilibrio tra tutela e innovazione, per non frenare quest’ultima. Terzo step, lato istituzioni, citato da Piva, è stata una regolamentazione sulla gestione delle responsabilità per danni causati dall’AI. Un tema controverso e molto discusso, che non smetterà presto di catturare l’attenzione di molti governi.

AI e imprese: il mondo accelera, l’Italia è divisa in due

La disruption nel mondo delle imprese è evidente nei numeri del report di Stanford, citato da Piva. Il tasso di adozione globale ha superato di 6 punti il 50% e si sfiorano i 100 miliardi di investimenti in progetti, prodotti o servizi legati all’AI.

Anche in Italia si è registrata un’accelerazione, nell’ultimo anno, che ha portato il valore di questo mercato molto vicino ai 500 milioni di euro. Resta piccolo rispetto ad altri, ma con una buona e promettente evoluzione “accompagnata” da una discreta capacità di export. Il focus, per ora, resta sulle soluzioni software, in particolare su aree come l’intelligent data process, il language AI, i motori di raccomandazione e il customer journey. A queste, Piva ne aggiunge altre, più piccole ma in crescita, come la computer vision e l’intelligent robotic process automation.

La “disruption” del sottotitolo dei Digital360 Awards 2023 si ritrova anche nell’andamento delle adozioni, sia lato PMI, sia lato grandi aziende. Ora, le vere sfide sono l’ottenimento del commitment e l’accesso a dati di qualità per training. Sono quelle tipiche di un periodo di ingegnerizzazione come quello che anche l’Italia sta vivendo. Per lo meno una sua parte, dato che il tessuto economico nazionale è diviso in due. Una parte è riuscita a far partire progetti AI e internalizzare le competenze, scalando velocemente. L’altra parte deve ancora avvicinarsi a questa tecnologia e potrà farlo al meglio, secondo Piva, individuando “un progetto vincente su cui fare leva, per convincere il top management”.

AI generativa integrabile, ai CIO decidere come

Una fotografia in real time della realtà italiana è emersa anche dagli instant poll realizzati “sul posto”, proprio durante il primo incontro del percorso dei Digital360 Awards. Interrogato sullo status di implementazione dell’AI generativa all’interno della propria azienda, i CIO presenti si sono divisi in 3. La maggior parte (60%) “sta valutando se e come” introdurre questa tecnologia. Un consistente 20% l’ha già adottata, soprattutto attraverso strumenti interni. Resta sempre un 20% di reticente, senza non alcuna intenzione di averci a che fare. Come fatto notare nel corso degli interventi degli sponsor dei Digital360 Awards (Arsenalia, Lenovo, SAP, Tim, Vmware, Vianova, Wiit), che hanno commentato questi numeri in diretta, parlare di implementazione in molti casi è prematuro. Certamente è (o sarà) solo una questione di tempo e di modi, ma si tratterà di “una danza tra IT e business”, con una tendenza -ove possibile- a internalizzare, “per non perdere troppo il controllo”.

Una cosa è certa: l’AI cambierà (e sta già cambiando) il nostro modo di lavorare. Come? I CIO hanno tracciato il loro quadro, rispondendo al secondo instant poll sui vantaggi immaginati. Vince la rapidità dei processi (48%) ma un 42% dei partecipanti all’evento conta molto anche su un guadagno di tempo a valore aggiunto per la propria workforce. Le attività più ripetitive saranno tutte a carico dell’AI.

Sono ancora pochi (10%), invece, coloro che vedono una integrazione dell’AI generativa nella propria offerta di prodotti e servizi. L’assenza di scettici è però sospetta: secondo gli esperti che hanno commentato i risultati, una fetta di ecosistema faticherà ad approcciarsi a questa tecnologia. Una resistenza che rallenta un processo inesorabile, proprio quando la vera sfida è “riuscire a fare business prima degli altri, soprattutto come Paese Italia”.

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