L’intelligenza artificiale sta emergendo come un vero e proprio game changer, in grado di ridefinire interi settori industriali e trasformare radicalmente il modo in cui le aziende operano.
“L’AI non è solo una tecnologia – scrive Barbara Poli Chief Informatrion Technology Office di GNV – è una forza creativa che sta ridefinendo il nostro modo di pensare, creare, lavorare e vivere. Il suo impatto si sta facendo sentire in ogni settore, non solo nell’efficienza ma nella capacità di innovare, risolvere problemi complessi e trasformare l’esperienza umana. Investire nell’AI non è più una scelta facoltativa, ma una necessità per essere leader in un mondo che cambia a velocità impressionante”.
Come evidenziato da Antonella Periti, Chief Information Officer di Edison, “Con l’AI è essenziale cambiare il mindset anche rispetto ai modelli di investimento, poiché la misurazione economica non è l’unico criterio valido”. Questo cambio di paradigma richiede alle organizzazioni di ripensare non solo i propri processi operativi, ma anche l’approccio stesso all’innovazione e agli investimenti tecnologici.
L’AI non è semplicemente un nuovo strumento da implementare, ma una tecnologia dirompente che richiede una profonda trasformazione culturale e organizzativa. Le aziende che riescono ad abbracciare pienamente questo cambiamento possono ottenere un significativo vantaggio competitivo.
Tuttavia, come sottolineato da Periti, è fondamentale adottare un approccio sperimentale, accettando il fallimento come parte integrante del processo di apprendimento e innovazione. Questo nuovo mindset richiede anche una revisione dei tradizionali modelli di valutazione degli investimenti tecnologici, andando oltre i meri criteri economici per considerare l’impatto trasformativo a lungo termine dell’AI sull’organizzazione.
La democratizzazione dei dati e il cambiamento del ruolo degli informatici all’interno delle aziende sono ulteriori aspetti di questa rivoluzione, con i professionisti IT che devono evolversi da semplici esecutori a facilitatori e innovatori.
In questo contesto, la governance dell’AI assume un’importanza cruciale, dovendo bilanciare le esigenze di innovazione con quelle di controllo e responsabilità.
L’importanza del fattore umano
Nonostante l’avanzare dell’automazione e dell’intelligenza artificiale, il ruolo delle persone rimane centrale nel processo di trasformazione digitale.
Come sottolineato da Marco Mazzucco, Chief Digital & Innovation Officer di Davines, “Il tocco umano è fondamentale e l’unicità delle persone fa la differenza”.
Questa affermazione evidenzia come, in un’epoca di rapida evoluzione tecnologica, le competenze umane uniche come la creatività, l’empatia e il pensiero critico diventino ancora più preziose. Le aziende devono quindi concentrarsi non solo sull’implementazione di nuove tecnologie, ma anche sullo sviluppo e la valorizzazione del proprio capitale umano.
Ciò implica un approccio olistico alla trasformazione digitale, che vede la tecnologia come un supporto per potenziare le capacità umane, piuttosto che come un sostituto.
In questo contesto, la formazione continua e l’aggiornamento delle competenze assumono un’importanza cruciale. Le organizzazioni devono investire in programmi di upskilling e reskilling per garantire che i propri dipendenti siano in grado di lavorare efficacemente con le nuove tecnologie e di sfruttarne appieno il potenziale.
Allo stesso tempo, è fondamentale coltivare quelle soft skills che rimangono distintamente umane e che sono essenziali per guidare l’innovazione e gestire la complessità dei moderni ambienti di lavoro. Come evidenziato da Aldo Chiaradia, CIO di Guala Closures, è necessario “evangelizzare le persone su un uso più consapevole e critico dell’AI”.
Questo significa non solo insegnare come utilizzare gli strumenti di AI, ma anche come interpretarne i risultati, riconoscerne i limiti e integrarne le capacità con il giudizio umano. La capacità di discernere il valore reale delle risposte fornite dall’AI, utilizzando la saggezza umana fatta di esperienza e intuizione, diventa una competenza chiave.
In ultima analisi, il successo della trasformazione digitale dipende dalla capacità delle organizzazioni di creare un ambiente in cui tecnologia e talento umano si complementano e si potenziano a vicenda, generando innovazione e valore aggiunto.
Dalla teoria alla pratica
Il passaggio dalla teoria alla pratica nell’implementazione dell’intelligenza artificiale rappresenta una sfida centrale per le organizzazioni moderne. La capacità di tradurre le potenzialità dell’AI in applicazioni concrete e risultati tangibili è fondamentale per capitalizzare le esperienze e ottenere un reale vantaggio competitivo.
“Gli strumenti di AI sono talmente facili da utilizzare che le persone devono solo studiare e imparare il modo giusto di conversare con l’AI”, sottolinea Aldo Chiaradia. La vera sfida non è tanto nell’implementazione tecnica dell’AI, quanto nella capacità di integrarla efficacemente nei processi aziendali e nel modo di lavorare delle persone.
“Quando si passa all’adozione su scala, sono necessarie azioni di change management per adattare i processi – commenta Francesco Ciuccarelli, CIO & CTO di Alpitour World -. Le persone tendono a tornare alle vecchie abitudini, è nella natura umana, a prescindere dall’utilità dello strumento. È molto importante accompagnare il cambiamento e integrare l’AI nei processi lavorativi di tutti i giorni. Ed è un processo che richiede tempo”.
Del resto, l’intelligenza artificiale non è un prodotto plug & play. È il risultato di una progettazione che coinvolge diversi stakeholder.
“Dobbiamo imparare a lavorare con un altro cervello e allargare i concetti di base per creare consapevolezza tra le persone – puntualizza Antonella Sangiorgi, Chief Information Officer presso Rekeep -, promuovendo un’alfabetizzazione non solo aziendale ma anche dei cittadini riguardo alle potenzialità e ai limiti dell’AI, stando attenti agli obiettivi. I CIO non devono sviluppare i loro modelli, perché in questo ambito non saremmo mai dei supertecnici né dei matematici. Come aziende, dobbiamo imparare a dialogare con i fornitori e comprendere bene cosa ci offrono”.
“Oggi è vero che viviamo nell’incertezza, ma l’AI aiuta a far crescere la consapevolezza nelle aziende, calibrando aspettative, ambiti e obiettivi, tutti misurabili – ha concluso Sangiorgi -. È fondamentale cercare una sostenibilità economica tenendo conto di altri parametri importanti, svincolati dal ROI. E questi parametri li devono definire le persone, non le macchine. Solo così è possibile non subire i progetti, ma avere un’idea chiara, misurando il successo in modo completo. Perché anche il fallimento può diventare un successo”.