Amadori, dalle idee ai progetti

L’It deve assumersi la responsabilità di far percepire al business anche i risultati intangibili delle scelte operate. Questo attraverso un’azione attiva all’interno dei processi aziendali. Ecco come fa l’It di Amadori.

Pubblicato il 10 Apr 2008

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Azienda di dimensioni medio grandi, un fatturato di circa 750 milioni di euro nel 2006 con 6mila dipendenti, Amadori è una delle principali realtà europee nel campo della produzione e commercializzazione di carni avicole che integra la filiera completa, di cui fanno parte più ragioni sociali e una molteplicità di competenze e attività: mangimifici, stabilimenti industriali, filiali commerciali e allevamenti, incubatoi, oltre alle aree logistiche, commerciali, amministrative, tipiche del settore alimentare. Si tratta di 24 stabilimenti industriali, di cui 5

mangimifici, 7 incubatoi, 6 macelli, 6 stabilimenti per prodotti innovativi, dislocati a Cesena, Teramo, Brescia, Bergamo e Siena. L’unità “It e organizzazione”, guidata da Gianluca Giovannetti (nella foto), che ha alle sue dipendenze oltre 30 persone, fornisce servizi a 110 differenti ragioni sociali dislocate territorialmente in 70 diversi punti fisici sul territorio nazionale e 1700 utenti.

“Uno dei nostri principali obiettivi, negli ultimi tempi, è stato quello di mettere in atto sistemi di governance, che ci aiutassero a liberare il più possibile tempo, energie e risorse per alimentare le esigenze del business e poter fornire soluzioni capaci di rispondere ad esigenze più o meno esplicitate”, esordisce Giovannetti, che ricorda l’enfasi posta sul demand management, sfociata nella creazione di figure dipendenti dal punto di vista funzionale dell’It, ma stabilmente operanti presso i clienti. “Per ogni area aziendale abbiamo delegato una persona nel ruolo di demand manager per riuscire a capire le necessità, espresse più o meno esplicitamente, dalle singole unità operative – aggiunge Giovannetti – Abbiamo così raggiunto nel medio periodo il risultato di trasformarli in persone di fiducia degli uomini delle varie aree aziendali, che sempre più riescono a cogliere il valore di questa figura e la considerano un consulente a supporto non solo delle loro necessità, ma anche delle loro idee. Stiamo così realizzando il nostro obiettivo, come It e organizzazione, ossia essere a fianco delle nostre unità operative per essere uomini di business a tutto tondo”.

Catturare l’ingegnerizzazione dei singoli progetti
Certo non tutte le idee riescono a diventare progetti: alcune arrivano a maturazione e vedono la luce come prodotti finiti, mentre altre restano nel cassetto. L’obiettivo è però catturare tutte le fasi, anche quelle a monte, dell’ingegnerizzazione di ciascun progetto e attività. Per gestire le priorità si è reso necessario definire un processo di technological portfolio management, inteso come basket dove ospitare le potenziali iniziative, in attesa di una loro definizione e del lancio in base alle priorità. “Staff meeting, comitati che presidiano lo sviluppo delle attività, lavoro a quattro mani fra It e organizzazione e unità di business sono diventati dunque il modo naturale di lavorare – spiega Giovannetti, che aggiunge – Siamo riusciti a sfatare una serie di luoghi comuni sull’It, spesso considerato come costo necessario o peggio unità che pone vincoli, ma non offre opportunità”. All’inizio lo sforzo si è basato, soprattutto, sul superlavoro, ma poi, nel tempo si è adottata una forma metodologica e una strutturazione definita e solida, meno dipendente dalla buona volontà del singolo, ma all’interno di un processo strutturato. Per raggiungere questo risultato si sono identificate tre macrofasi: Demand management, all’interno della quale si raccolgono, si analizzano e si classificano le richieste delle singole unità operative; Planning, ossia la pianificazione integrata dell’Ict in termini di risorse, tempi, costi, vincoli, rischi; Ongoing e Project monitoring per la gestione dei progetti e delle criticità.
“All’interno di quest’ultima area, la valutazione delle performance è uno degli aspetti più critici anche a causa della scarsa cultura della misura – sottolinea Giovannetti. – Le principali difficoltà con le linee produttive derivano dal fatto che non sempre queste aree aziendali esplicitano chiaramente i problemi rendendo, di conseguenza, difficile la gestione del rischio; la soluzione è dunque agire, oltre che su competenze e cultura delle persone, anche sulle loro responsabilità.”
Per operare in modo efficace è stato necessario ristrutturare anche la funzione It e organizzazione, dando l’esempio per potersi presentare “in modo credibile” alle varie aree aziendali. Sono dunque stati formalizzati i processi fondamentali come il service level management e il change management, basandosi sullo standard Itil. “L’abbiamo fatto miscelando in modo equilibrato la letteratura con un sano pragmatismo a partire da una realtà, come la nostra, di confine, particolarmente critica proprio in quanto non siamo né una piccola né una grandissima azienda”, sottolinea Giovannetti.
Amadori è infatti la classica media azienda manifatturiera, con una funzione It media e una complessità che da un lato non consente più di improvvisare, ma dall’altro dispone di risorse limitate che impongono ad ogni persona di svolgere più ruoli e avere più responsabilità. “Stiamo ‘digerendo’ i principi della governance un po’ alla volta, facendo progetti graduali in modo che le unità operative percepiscano il cambiamento continuando però con la consueta operatività quotidiana”, spiga ancora Giovannetti.

I servizi
Per presentarsi come erogatori del servizio quotidiano è stato realizzato un catalogo, che consente di misurarsi su dati oggettivi: Sla condivisi e risultati misurabili. Per la misurazione delle performance delle attività quotidiane (in pratica i servizi a catalogo) sono stati condivisi pochi ma chiari Sla, consuntivati in forma trimestrale attraverso un piccolo “cubo” di business intelligence. Per le attività di progetto si è agito, invece, sull’organizzazione del processo, mentre sugli strumenti tecnologici di supporto non si è ancora arrivati ad una forma definitiva.
In fase progettuale viene impiegato Winproject di Microsoft , uno dei prodotti più diffusi per la gestione dei progetti, ma si stanno valutando suite forse più invasive, ma che offrono un concetto di governo più industrializzato.

Collaborazione con i retailer: processo industrializzato
Uno dei progetti in cui i principi sopra espressi sono stati applicati riguarda un’area particolarmente critica per il business di Amadori, quella del rapporto con il largo consumo, che rappresenta il principale mercato, dove si collocano i maggiori clienti dell’azienda. “Abbiamo avviato un progetto di collaborazione con la grande distribuzione, condotto a quattro mani da It e organizzazione da un lato, da vendite e marketing dall’altra – spiega Giovannetti. – Abbiamo considerato attentamente le esigenze, valutato e prospettato più strade, prima di tradurre le iniziative in progetto. Abbiamo fatto anche qualche colloquio con i retailer per confrontarsi e verificare la bontà di un’idea”. Ne è risultato un progetto, già in fase pilota presso alcuni retailer, primo passo per la collaborazione fra industria alimentare e grande distribuzione.
La genesi del progetto non è stata un bisogno esplicitato dalla parte del commerciale ma è un’opera variegata, che ha visto l’interessamento della forza vendita e il ruolo proattivo dell’It, che non si non si è limitata al supporto tecnologico ma ha contribuito attivamente con la unità produttive.
Il progetto si riferisce a processi operativi core come, ad esempio, la gestione dei cataloghi dei prodotti alimentari, il processo delle referenze per lo scambio di ordini e fatture o la condivisione delle previsioni di vendita , la logistica, ecc. Gran parte del lavoro si è basato sull’analisi delle esigenze di business, mentre il lato tecnologico è arrivato alla fine: il web vi svolge un ruolo fondamentale per la messa a punto di applicazioni condivise e supportate da business process management. “In generale il Web è centrale per l’allargamento dell’azienda oltre i propri confini”, nota Giovannetti.
In questo progetto e in altri analoghi la valutazione dei risultati svolge un ruolo particolare e non può essere solo di tipo quantitativo. “Bisogna assumersi responsabilità anche per vantaggi intangibili come, ad esempio, salvaguardare il rapporto con un cliente con il quale si fattura una quota consistente di fatturato e con il quale si sposta continuamente l’asticella della competitività per impedire ad eventuali concorrenti di essere paritetico se non in termini di prezzo; stiamo entrando su un terreno in cui il valore non è solo un dato numerico”, sottolinea Giovannetti che conclude con un commento finale: ”Il nostro ruolo è spingere su questa strada. Se saremo abilitanti lo saremo sempre di più su queste tematiche non certo riducendo il costo del servizio It”.

Leggi anche: Roberto Gavazzi, ad di Boffi: scelte per lo sviluppo

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