Intervista

Appian, people have the power

Incontro con Matt Calkins, Ceo e co-fondatore dell’azienda pioniera del low code. Per parlare non solo dello sviluppo rapido, di metodologie ed evoluzione applicativa, ma anche di come la tecnologia può sostenere un cambiamento radicale in azienda e nella società

Pubblicato il 30 Dic 2019

photo MattCalkins

Matt Calkins è un personaggio rilevante. Ha vinto nel 1994, a soli 21 anni, il Dartmouth Award for top economics graduate, CEO e co-fondatore, a 26 anni, di Appian, società pioniera dello sviluppo software “low code”, che consiste, in sintesi, nell’usare tecniche drag and drop per la scrittura di codice, senza quindi grandi competenze di programmazione. Una tecnica fatta di componenti software semilavorati da assemblare, modificare, riassemblare per costruire nuove applicazioni, per la quale Gartner prevede un futuro roseo, stimando che a partire dal 2024, ben il 65% delle attività di sviluppo software delle imprese sarà realizzato proprio utilizzando piattaforme low code.

“Mi piace capire le cose complicate e renderle comprensibili” ha dichiarato di recente il CEO alla rivista Forbes, in cui approfondiva non tanto i concetti legati allo sviluppo di codice quanto la sua smodata passione per i giochi da tavolo, di cui è anche creatore di successo, più volte finalista e vincitore del World Boardgaming Championship, premiato con numerosi game design awards. Una passione che ha evidentemente in sé alcune delle logiche di sistematizzazione, semplificazione, linearità di workflow, ricerca della strategia ottimale per il successo, strutturazione di insiemi di regole coerenti e certe che gli sono senz’altro utili sia nella governance della propria azienda, sia nel disegno concettuale e nella realizzazione funzionale delle tecniche di low code inserite nella piattaforma Appian.

Lo abbiamo incontrato nel corso di AppianEurope19, meeting tra azienda, terze parti, sviluppatori, e clienti, tenutosi di recente a Londra.

ZeroUno: Lei ha insistito molto, nel suo speech, sul concetto di blended workforce, cioè di un futuro del lavoro in cui le attività saranno svolte da insiemi misti di persone-macchine-software…

Matt Calkins: È un punto importante. In passato erano le persone a fare gran parte del lavoro; nel presente e ancor più in un futuro prossimo si potranno delegare attività a RPA bots [robot dedicati alla gestione automatica dei processi – ndr], a software di Intelligenza Artificiale e a qualsiasi altra tecnologia possa arrivare. È già oggi una sfida importante per alcune attività lavorative. Bisogna gestire end to end processi complessi, con una serie di peculiarità. Serve poter orchestrare questa miscela (blend) lavorativa, in cui una serie di funzioni sono suddivise tra robot che si occupano delle attività più ripetitive, algoritmi di AI per l’analisi dei dati complessi e le funzioni di valore, distribuite in ogni parte del processo, di cui si devono occupare le persone. Noi ci poniamo proprio in questo ruolo di orchestratore. Creiamo processi, li gestiamo, siamo in grado di coprire l’intero workflow tra persone, AI e bots. E seguiamo l’evoluzione dei diversi equilibri che concorrono alla suddivisione del lavoro evolvendo di continuo il livello di management e orchestration della piattaforma.

foto MATT CALKINS
Matt Calkins, CEO e co-fondatore di Appian

ZeroUno: È uno scenario che tende a una maggiore integrazione tra differenti dipartimenti, i quali, storicamente, lavorano con metodi e strumenti spesso tra loro diversi. Come vi ponete, prima di procedere con la fase di automazione dei processi, per provare ad armonizzare questa situazione?

Calkins: Lavoriamo per diminuire le barriere organizzative presenti nelle aziende e per attivare processi collaborativi. Vogliamo essere unificatori dei silos che oggi bloccano i dati, le logiche da un lato e gli utenti dall’altro… Serve creare una correlazione tra le applicazioni. Le Appian application sono collegate tra loro con l’obiettivo di sviluppare un tessuto connettivo nell’organizzazione allo scopo di condividere i dati, senza spostarli da dove risiedono, e consentire un accesso semplificato.

ZeroUno: E le legacy application, spesso ancora mission critical, che devono essere evolute? Non possiamo considerare solo il nuovo sviluppo low code. Come gestirle?

Calkins: Le applicazioni che esistono non possono essere facilmente rimpiazzate, ci vuole tempo. Possiamo però aiutare le persone a fruirle in un modo più adeguato inserendo un livello software tra utenti e applicazioni legacy, che vengono ricoperte da questo strato software rappresentato dalla nostra piattaforma e che consente, ad esempio alle vecchie applicazioni, di girare nativamente sui device mobili degli utenti, con una sensazione immediata di forte modernizzazione. Siamo spesso chiamati dalle aziende proprio per realizzare uno strato uniformante tra utenti e applicazioni legacy che rende organico e unificato l’ambiente dei dati disperso, consolidando le informazioni in un unico report, cosa fondamentale per prendere decisioni coerenti.

ZeroUno: Non si è parlato molto di sicurezza in questo incontro londinese. Qual è l’approccio Appian?

Calkins: È un punto per noi importantissimo. Non solo perché nella nostra piattaforma sono sempre integrati gli ultimi security standard disponibili, ma anche perché, spesso, un unico sistema Appian va a sostituire dozzine di applicazioni presenti in azienda. Questo è un grande vantaggio perché ogni applicazione, specialmente quelle datate, sono potenzialmente punti fortemente critici in termini di vulnerabilità. La loro sostituzione e consolidamento in Appian è un sostanziale passo avanti in termini di security.

ZeroUno: Con il low code si impone anche un approccio metodologico diverso dal tradizionale, più snello…

Calkins: Supportiamo con decisione uno sviluppo basato sulla metodologia Agile. Sviluppare con rapidità, controllare insieme, sviluppare di nuovo per migliorare di continuo…Non credo esista un concetto di perfezione, di lavoro finito, nello sviluppo. Le esigenze cambiano continuamente e l’applicazione deve adeguarsi. La strada è quella di un’iterazione continua. È anche un modo per aumentare la fiducia nell’IT e per comunicare adeguatamente con il business.

1 Matt Calkins
Matt Calkins, CEO e co-fondatore di Appian

ZeroUno: In conclusione una domanda quasi filosofica: come vede l’evoluzione tecnologica, il rapporto di questa con le persone e la società nell’affrontare una trasformazione globale complessa, con questioni legate all’etica della tecnologia, al suo ruolo nella risoluzione di problemi generali quali il climate change, l’affrancamento delle persone da situazioni di disagio, ecc.?

Calkins: Penso che il software tra 5 anni sarà molto diverso da come lo conosciamo oggi. Il senso e il ruolo del computer sarà reinventato perché per affrontare queste sfide dobbiamo riuscire a comunicare con i computer con ogni mezzo possibile. Stiamo raggiungendo il punto in cui possiamo davvero farlo in modo più umano. È un punto di svolta importantissimo per poter sviluppare cose sempre più sofisticate. È anche imprescindibile per rispondere alla crescente richiesta di applicazioni. Per me è molto importante vedere la nostra tecnologia Appian anche su una dimensione etica e non solo per il fatto che facciamo business. Considero importante, per rispondere ai cambiamenti in atto, che la nostra piattaforma “empower people”, cioè dia più potere alle persone, consentendo alla gente di fare di più rispetto alle proprie esigenze e obiettivi. Puoi sviluppare 20 applicazioni invece che una sola. Puoi programmare anche se non conosci il computer language. Non è poco. Tutto ciò ci rende più forti dal punto di vista del rapporto con la tecnologia, che consente alle persone di fare meglio quanto hanno deciso di fare, sul clima così come su tantissime altre questioni. L’azienda Appian e i suoi prodotti devono essere un veicolo per un ethical change e questo inizia riuscendo a dare più potere alla gente attraverso un accesso e un uso della tecnologia semplificato. Questa è la chiave di volta e questo vogliamo realizzare.

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