Dopo anni di recessione e difficoltà, il mercato italiano dell’Ict torna a crescere. A confermare la buona notizia sono le stime del Rapporto Assinform 2015 realizzato in collaborazione con NetConsulting3 e presentato ufficialmente lo scorso 2 luglio nell’esclusiva cornice dell’Expo milanese, durante l’incontro “Digitale, Energia per l’innovazione, nutrimento per la crescita” promosso insieme a Confindustria Digitale.
I dati parlano chiaro: il 2014 è stato caratterizzato da tecnologie emergenti in forte crescita, nonostante abbia chiuso in perdita (figura 1) con un volume di affari pari a 64.234 milioni di euro e un calo di performance dell’1,4% (la contrazione va letta comunque positivamente rispetto al -4,4% del 2013/2012 e ai risultati negativi degli scorsi cinque anni).
Insieme ai Pc (+5,2% e +10,3% le vendite di desktop e laptop), queste aree virtuose hanno permesso la sostanziale tenuta del mercato: software e soluzioni di nuova generazione hanno totalizzato +4,2%, contenuti digitali e pubblicità online +8,5%, servizi di data center e cloud computing +37%, Internet of Things +13%, e-commerce +17%, piattaforme di gestione web +13,8%.
In linea con le previsioni, il mercato Ict dovrebbe quindi segnare +1,1 punti percentuali a fine 2015 (per un valore complessivo di 64.951 milioni di euro), proseguendo il trend positivo iniziato a metà anno e aprendo nuovi spiragli di ripresa per l’intero sistema Paese.
“Creare valore oggi con il digitale significa aprire l’Italia al futuro – sostiene Agostino Santoni, Presidente Assinform -, costruendo un paese più efficiente, semplice, trasparente, competitivo, inclusivo, capace di offrire nuove opportunità di crescita e lavoro per tutti”.
L’Italia verso la digital transformation
Ma come procede la roadmap di accelerazione tecnologica a livello nazionale, in termini sia di informatizzazione del cittadino sia di digitalizzazione delle imprese pubbliche e private?
A fare il punto della situazione snocciolando le cifre contenute nel Rapporto interviene Giancarlo Capitani, Presidente NetConsulting3: “Il 2014 – sottolinea – è stato un anno di apparente continuità rispetto al passato a livello globale, ma il processo di digitalizzazione ha subìto un’accelerazione importante in tutti i paesi sviluppati ed emergenti, andando a impattare significativamente sui modelli di business e gli stili di vita”. Un fenomeno corroborato dai numeri: al mondo ci sono 2,9 miliardi di utenti Internet (+7,4% rispetto al 2013), 1,747 miliardi di utilizzatori social (+8,5%), 1,140 miliardi di digital buyers (+10,7%). “L’aspetto più significativo – commenta Capitani – è che non ci troviamo più di fronte solamente a un fenomeno di diffusione, ma di effettiva fruizione: non solo la tecnologia è pervasiva, ma viene utilizzata in modo massivo dai consumatori”.
Piccole imprese, Pa e Tlc fanno da freno
Nel 2014 il mercato mondiale delle tecnologie digitali, trainato da web e mobility, è cresciuto complessivamente del 3,6% raggiungendo un valore pari a 4.539 miliardi di dollari, ma l’Europa segue a passo più lento della media (+0,6%) con l’Italia additata tra i principali freni per via delle performance negative (il sopracitato calo dell’1,4%). “Nel nostro Paese – evidenzia Capitani – la tecnologia non è ancora vista come lo strumento principe per uscire dalla crisi e riavviare un ciclo di crescita più stabile. I servizi di rete e telecomunicazione in particolare sono ancora in fase di forte sofferenza (-7,1%), a causa di un fenomeno deflattivo [diminuzione dei prezzi di vendita, ndr] che affligge in generale tutto il comparto Ict. Tra le piccole imprese fino a 49 addetti perdura la riduzione della spesa in tecnologia (-2,2%), mentre le medie e grandi aziende sono tornate a investire. Il mercato consumer invece ha registrato un calo del 3,1%, dovuto sia alla perdita di potere di acquisto delle famiglie sia alla riduzione dei prezzi per dispositivi e servizi (figura 2)”.
Analizzando la distribuzione della spesa Ict rispetto ai settori, il Rapporto mette in evidenza la vivacità di alcuni comparti (figura 3) che hanno ripreso a investire in maniera importante: industria manifatturiera +0,6% (il 2013 aveva chiuso in perdita del 7%), banche +1,1% (-0,8% nel 2013), assicurazioni +1,5% (-3,6%), utility +1,8% (+0,6%), Tlc e media +0,9% (-0,2%), viaggi e trasporti +0,8% (-5,7%).
Al clima di rinnovata fiducia nell’innovazione, invece, non partecipa la Pubblica Amministrazione. Seppur attenuata, perdura la contrazione degli investimenti in Ict: Pa centrale -2,6%, Pa locale -2,1%, Sanità -2,2%.
Cloud, Mobile e IoT trainano l’innovazione
Eppure qualcosa si sta muovendo, nonostante i retaggi conservatori del passato: il processo di digitalizzazione (spontaneo e non sistemico, come suggerisce Capitani) è in atto anche nel nostro Paese, confermato dai numeri (ad esempio, ci sono 36,6 miliardi di utenti Internet e l’e-commerce è cresciuto lo scorso anno del 16,8%). Ma la digital transformation che parte dal basso ha due principali implicazioni: “Innanzitutto – argomenta il presidente Netconsulting3 – il consumatore / cittadino diventa sempre più digitale e interattivo, determinando la crescita nella domanda di contenuti digitali; di conseguenza, le aziende sono impegnate sempre più nel processo di trasformazione digitale (la sfida numero uno per il 47,8% delle imprese italiane) per servire al meglio la nuova tipologia di utente informato e consapevole, andando a ridisegnare relazioni con il cliente, processi operativi e modelli di business”.
Da qui l’interesse verso cloud, mobility e IoT, tra i fattori chiave della digital transformation. Le grandi e medio-grandi aziende italiane proseguono la roadmap verso la nuvola: nel 2014 il mercato è cresciuto del 37,4% arrivando a oltre un miliardo di euro (il public cloud ha raggiunto i 540 milioni, mentre il private ha sfiorato i 500, come mostrato in figura 4; SaaS e IaaS hanno rappresentato il 37,7% e il 36% dei progetti, mentre il PaaS solo il 7,2%). La mobility ha sfondato il tetto dei 448 milioni di euro (+12%), rappresentando secondo Capitani “il nuovo modo con cui si costruiscono ecosistemi di relazione tra più soggetti a livello mondiale”. L’Internet of Things italiana a fine 2014 valeva 1.620 milioni di euro, grazie a una crescita anno su anno del 13,3% (“ma – come fa notare Capitani – si tratta ancora di progetti per settori isolati”: la vera esplosione avverrà quando si avrà un reale integrazione tra i diversi ambiti).
Le prospettive per il 2015 sono rosee (figura 5), ma l’Italia deve darsi da fare se vuole recuperare il gap che la separa dall’Europa: il digital divide costa al nostro paese 23 miliardi di euro annui a causa degli investimenti in Ict non effettuati (in Italia la spesa informatica incide sul Pil per una quota del 4,7%, mentre la media europea è del 6,4%; il Digital Economy and Society Index 2015, elaborato dalla Commissione Europea, ci posiziona al venticinquesimo posto per sviluppo digitale).