Ballmer lascia, Microsoft continua

In Microsoft da trent’anni e alla sua testa da tredici, Steve Ballmer ha annunciato pochi giorni fa il suo ritiro tra un anno. Ma è probabile che chiunque ne prenda il posto seguirà, almeno per quel che riguarda il mondo business, la strategia da lui avviata nel giocare da fornitore software globale per le imprese utenti.

Pubblicato il 05 Set 2013

In poche ore, una settimana fa, la notizia è rimbalzata tra il Web e le redazioni dei media di tutto il mondo: “Steve Ballmer, il Ceo di Microsoft, se ne va”. E subito, sui blog e sulla stampa economica e di settore, giornalisti, analisti ed esperti (con e senza virgolette) di ogni genere hanno dato il via al gioco dei perché. Che ruota attorno a due punti-chiave: Ballmer se ne va di sua piena volontà o è stato ‘aiutato’ nel prendere la decisione? E poi, cosa succederà? Ora, come di dovere per chiunque voglia fare informazione, vediamo anche noi di dire la nostra su un fatto che, comunque lo si prenda, non può non avere conseguenze, grandi o piccole che siano, su tutti quanti. E sono milioni tra sviluppatori, partner e soprattutto utenti che si possono considerare ‘stakeholder’ della più grande software house del mondo.

Per cominciare, che Ballmer abbia deciso di lasciare l’azienda di sua volontà oppure no, non c’interessa. Primo, perché siamo alieni da un tipo di speculazioni che può essere un piacevole esercizio (e in questa circostanza non sono mancati i profeti del giorno dopo, che avevano previsto tutto) ma non muta di una virgola lo stato delle cose. E poi perché, giova ricordarlo, il Ceo Microsoft non parte dall’oggi al domani, ma ha anticipato un cambio della guardia che avverrà tra 12 mesi. Un anno nel quale possono capitare tante cose. Vedi per esempio la clamorosa acquisizione di Nokia (questa sì in qualche modo prevedibile) neanche una settimana dopo l’annuncio del ‘pensionamento’. È utile invece fare un punto su quello che Ballmer ha fatto e che, sia o meno la causa dell’abbandono, andrà inevitabilmente a condizionare le decisioni che si presenteranno al suo successore.

Steve Ballmer, Ceo Microsoft

Steve Ballmer, amico di Bill Gates dai giorni di Harvard (dove, a differenza di Gates, si laureò) e suo compagno d’avventura in Microsoft dal 1980, da quando, nel 2000, ne ha preso il comando ne ha triplicato le vendite (da 23 a 78 miliardi di dollari l’annno) e più che raddoppiato i profitti, da 9 a quasi 22 miliardi, arricchendo i suoi azionisti (a partire da lui stesso) e ponendo l’azienda in una invidiabile situazione finanziaria. Si dirà che prima della crisi del 2009 erano anni buoni, ma pochi hanno fatto di meglio e molte aziende hanno fatto, sotto diversi Ceo, molto di peggio. Ed è anche giusto dire che, sempre in quegli anni, Microsoft è stata costantemente sotto il mirino delle commissioni antitrust a casa e soprattutto in Europa. Ballmer ha dovuto fare accordi dagli effetti pesanti per il profitto e le strategie e ciò nonostante Microsoft ne è uscita bene. Non più forte di quello che avrebbe potuto essere ma certamente più forte di prima. Questo anche perché Ballmer ha avviato e perseguito una strategia di penetrazione e consolidamento nel campo del software di base e applicativo per data center che hanno reso Microsoft meno dipendente dal mondo Pc e l’hanno posta tra le aziende leader nel software d’impresa, a misurarsi con Oracle, Ibm e compagnia, in un momento dove, proprio nel software d’impresa, entrava Linux e il mondo dell’Open Source. E in tempi più recenti, ha colto, con Azure, le opportunità del cloud e fatto buone mosse, compresa l’acquisizione di Skype, nel campo della comunicazione unificata. Poi ci sono gli errori.

Il più pesante dal punto di vista dei profitti è stato il prematuro abbandono di Windows XP (che era la fabbrica dei soldi) per il fallimentare Vista e il poco convincente, soprattutto per il mondo business, Windows 8. Poi l’aver perso il treno degli smartphone e dei tablet, ripetendo l’errore fatto da Bill Gates a proposito di Internet. Ossia credersi così forti da poter imporre, giungendo dopo gli altri, un ambiente proprio. Secondo Idc oggi Windows Phone ha solo il 3,5% del mercato, contro quasi l’80% di Android, ma anche qui le cose potrebbero essere meno gravi di quanto sembra. Microsoft è in rapida crescita (come ovvio, con quei numeri) e secondo Gartner tra il mercato Nokia e quello Lumia potrebbe diventare, per il 2016, un buon terzo attore, con quote dell’11-12% del mercato mobile (per un’analisi dell’acquisizione vedi articolo a fianco).

Insomma, anche se i mercati finanziari hanno salutato l’annuncio di Ballmer con un rialzo del titolo del 7,6%, non crediamo affatto che il futuro Ceo, chiunque sia (non seguiremo il toto-nomine che si sta giocando in Rete) non potrà seguire strategie molto diverse da quelle impostate. Non una rivoluzione, quindi, ma un cambio della guardia che, a nostro modesto parere e soprattutto (essendo questo il nostro ambito) per quel che riguarda le imprese, nasce nel segno del rafforzamento nella continuità.

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