Non solo sarà necessario raggiungere l’equilibrio tra lavoro e famiglia/hobby, ma anche quello tra reale e virtuale. Con il metaverso la sfida passerà da due a quattro dimensioni, un cambiamento delicato, già parzialmente in corso oggi, che non tutte le generazioni sono ugualmente preparate a compiere e che le aziende non possono ignorare.
Si trasformerà prima la nostra vita da utenti e consumatori, quella da lavoratori avrà un ciclo di evoluzione virtuale molto più lento. Questa forte dicotomia che regnerà per mesi, forse anni, non autorizza nessuno a “prenderla con calma”. Mindset, valori, cultura, formazione e normative sono da impostare prima che una innovazione rivoluzionaria come il metaverso diventi realtà.
Identità fisica e digitale si fondono e dividono la workforce per generazioni
Il “future of work” disegnato dalle nuove tecnologie che convergono nel metaverso, virtual reality in primis, è ancora in parte da costruire. Per ora si possono immaginare videocall più immersive e coinvolgenti e dinamiche più creative, ma la vera sfida del workforce management sarà ancora una volta culturale. “Lo abbiamo visto con lo smart working, serve una nuova visione, un approccio ibrido che tenga conto dei nuovi strumenti e introduca anche modalità, abitudini e dinamiche differenti. Al posto dell’icona con foto o del video col nome, il dipendente avrà un avatar. Dietro a questa modifica, c’è un forte cambiamento da gestire a livello personale, emotivo e professionale” spiega Alessio Carciofi, docente universitario di marketing e digital wellbeing.
Le nuove modalità immersive potrebbero creare anche una profonda scissione tra i lavoratori. La generazione Z, e quelle che seguono, mostrano grande disinvoltura nel gestirle, anche dal punto di vista identitario, sia tecnologicamente che psicologicamente. Ben diverso sarà invece per Millennial e Boomer. “Si troveranno catapultati con il proprio avatar in un mondo nuovo. Il rischio maggiore è che tendano a passare troppo tempo in una dimensione passiva. Massima attenzione però anche per evitare furti di identità e problemi di privacy legati alla presenza di nuovi dati personali, che non tutti conoscono e sanno proteggere e gestire. Soprattutto all’inizio, ci si dovrà orientare in un grande Far West” spiega Carciofi. La capacità di gestire la fusione tra identità fisica e digitale, scontata per i più giovani, andrà invece coltivata per tutti gli altri “lasciandosi contaminare da mondi come quelli di Roblox e Fortnite. I videogame sono oggi la sola possibilità per capire come potrà essere il nostro io nel futuro”.
Quit quitting e nuovo mercato del lavoro: chi non si adegua perde talenti
Per quanto possa sembrare distopico e pericoloso, questo scenario presenta anche molte opportunità, non solo per le aziende ma anche per i singoli lavoratori. Il burnout, l’equilibrio lavoro-famiglia, il digital detox e molti altri simili problemi possono essere affrontati in modo nuovo grazie al metaverso, secondo Carciofi. “Si pensi anche alla great resignation e al quiet quitting. Entrambi rappresentano un passaggio obbligatorio e fisiologico dovuto alla cecità dimostrata dalle aziende rispetto alla digital transformation. Investendo in tecnologie, non hanno più ascoltato i veri bisogni della forza lavoro importando nella nuova dimensione digitale una forma mentis analogica. La “dura gavetta”, la crescita verticale, il lavoro scandito da orari e sempre più 24/7 sono concetti che le ultime generazioni rifiutano. I nuovi talenti cercano mental e digital wellbeing e sono da anni inascoltati. Le aziende dovrebbero quindi guardare al quiet quitting non come a un problema, ma a un fenomeno che accelera una urgente transizione umana prima ancora che tecnologica”.
L’arrivo del metaverso può essere l’occasione per compierla, evitando anche problemi di talent attraction e recruiting. Nuovi valori e nuovi strumenti disegnano un modo di lavorare inedito che rivoluziona il mercato delle professioni e delle competenze modificandone priorità, meccanismi e sfide. Le aziende dovranno forzatamente adeguarsi, anche per evitare la perdita di senso di appartenenza, un rischio già attuale.
“La nuova forza lavoro è più consapevole delle opportunità offerte dall’innovazione, metaverso compreso. Vuole risposte concrete, cerca realtà che portano avanti serie politiche legate al benessere e all’equilibrio, sceglie in base al modo di lavorare più adatto alla vita che ha scelto di vivere” spiega Carciofi immaginando “una nuova geopolitica del lavoro e un umanesimo, stavolta digitale e spirituale legato a metaverso”.
Carta dei valori, formazione e privacy emotiva per il digital wellbeing in ufficio
Ora focalizzate su nuovi business e clienti da conquistare nel metaverso, le aziende devono essere ben consapevoli del grande lavoro che le aspetta anche al proprio interno. “Hanno finora investito tempo e risorse solo sulle tecnologie, ma sarà cruciale il loro impegno per preservare l’integrità umana. Hanno rinnovato infrastrutture e sistemi dimenticandosi di aggiornare il software umano. Lo si è visto durante la pandemia: tanti si sono trovati a casa davanti a PC anche performanti, ma senza alcuna cultura e preparazione emotiva per lo smart working. È fondamentale, adesso, fare uno switch culturale e identitario, accogliendo e, anzi, ricercando il contributo dei più giovani” racconta Carciofi.
Se l’arrivo dei social network e del web 2.0 in ufficio si è potuto in parte gestire in modo improvvisato, quello del metaverso va affrontato con grande consapevolezza e preparazione. In primis di manager e HR, e a cascata di tutta la forza lavoro a cui dedicare massicce campagne di formazione e sensibilizzazione. Carciofi avverte infatti che “non c’è spazio per un approccio spontaneo e casuale, servirà per esempio una carta di valori e indicazioni per la gestione dei nuovi dati biometrici e di una privacy emotiva che molti ancora non conoscono”.
Questo serve certamente per difendersi dai rischi, ma anche per distinguersi nel nuovo mondo immersivo servirà anche saperne cogliere le opportunità per portare benessere digitale in azienda. Nuovi dati, linguaggi, community e spazi possono dare vita a nuove risposte per “vecchi” problemi. È una dimensione ancora inesplorata, ma fondamentale dal punto di vista competitivo. Benessere, soddisfazione e senso di appartenenza della workforce sono fondamentali per la qualità e la crescita del business. Non solo aumentano la produttività, ma impattano anche su talent attraction e talent retention in un periodo in cui trovare “talent” è una delle maggiori criticità a livello globale. Soprattutto nel mondo tech.