Business in Cina: perché e come fare

Pil in crescita, urbanizzazione, aumento delle competenze: la seconda economia mondiale rappresenta un’opportunità per molte aziende straniere e non più solo nell’ottica di una produzione a basso costo. A fronte di differenze linguistiche, culturali e normative profonde con i paesi Occidentali, un partner, con una forte conoscenza del Paese e la capacità di fornire una solida infrastruttura Ict, può essere un alleato prezioso a supporto delle strategie di internazionalizzazione. ZeroUno e British Telecom hanno dedicato a questo tema l’Executive Breakfast “Welcome to China – Supportare l’internazionalizzazione del business in Cina attraverso l’Ict”.

Pubblicato il 22 Ott 2013

E’ noto che tra le aree di espansione più promettenti per le imprese nazionali, il mercato cinese rappresenti uno sbocco particolarmente favorevole per i prodotti del made in Italy.
Tra il 1978 e il 2012, il Pil della Cina è cresciuto mediamente del 10% all’ anno, passando da 341 miliardi a 8,3 trilioni di dollari, sotto la spinta di un'industrializzazione orientata all'export e di un piano imponente di urbanizzazione. Soprattutto dopo l’ingresso nella World Trade Organization (Wto) nel dicembre 2011, l’ex Celeste Impero ha aperto le porte al resto del mondo, dando una forte accelerazione alla costruzione di un’offerta competitiva sui mercati globali: grazie a un mix vincente di capitali, tecnologia e infrastrutture, le città cinesi in rapida crescita stanno attirando numerosi investitori stranieri.
Ma se la strada verso l’El Dorado d’Oriente può rappresentare un’opportunità, quali sono le criticità che un’azienda deve prepararsi ad affrontare per sviluppare il proprio vantaggio competitivo nel Paese?
Per individuare luci e ombre di una strategia di espansione che punta verso l’Est asiatico, ZeroUno e British Telecom hanno organizzato un Executive Breakfast dal titolo "Welcome to China – Supportare l'internazionalizzazione del business in Cina attraverso l'Ict” con il significativo contributo di Eliza Kwok, Chief Executive Officer di Bt China, a cui hanno partecipato gli It manager di importanti realtà del nostro paese.

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Nicoletta Boldrini, giornalista di ZeroUno, apre i lavori ricordando che "le politiche di internazionalizzazione rimangono tra le priorità delle aziende italiane, insieme all'innovazione di prodotto e all'aumento della qualità di servizio. In questo contesto, l’Information technology acquista un ruolo di primo piano come alleato imprescindibile per qualsiasi progetto di internazionalizzazione. Operare sui mercati esteri, e a maggiore ragione in un sistema articolato come la Cina, seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti , infatti, richiede, oltre alla conoscenza approfondita di specificità, modelli di sviluppo e cultura del Paese, anche la possibilità di appoggiarsi a un’infrastruttura Ict robusta, affidabile e in grado di sostenere il processo di sviluppo dell’azienda”.

Opportunità di crescita in Cina per le aziende italiane

I relatori dell'evento: da sinistra, Nicoletta Boldrini, giornalista ZeroUno, Gianluca Cimini, amministratore delegato di Bt Italia e Eliza Kwok, Chief Executive Officer di Bt China

La Repubblica Popolare offre parecchie prospettive di crescita, come illustra Kwok e, sebbene non presenti più il tasso di crescita a doppia cifra dello scorso decennio, viaggia comunque a ritmi oggi impensabili per l’Occidente. Nel 2012 il Pil ha infatti registrato +7,5% e anche per il 2013 si prospetta un risultato analogo. “Il governo – dichiara Kwok – è impegnato affinché i consumi interni si mantengano alti e ha previsto lo stanziamento, nei prossimi cinque anni, di ben 6,5 miliardi di dollari per favorire il processo di urbanizzazione. Oggi solo il 15% della popolazione vive in città, ma questa percentuale sta aumentando rapidamente”.

Le stime indicano che nel 2030 un miliardo di cinesi (circa il 70% della popolazione) abiterà in zone urbane. In sostanza, si sta creando un bacino di consumatori locali ad altissimo potenziale che favorirà le importazioni e aprirà nuovi spazi alle imprese straniere in vari settori (resta aperto il tema della sostenibilità ambientale di questo sviluppo).

“La Cina – afferma Kwok – intende diventare un partner strategico per le maggiori aziende del mercato globale su più fronti: se finora è stata conosciuta soprattutto per la produzione manifatturiera a basso costo, oggi questo tipo di attività si sta spostando verso altri Paesi, come, per esempio, Vietnam e Cambogia per quella tessile. Le competenze dell’imprenditoria locale, invece, stanno evolvendo verso livelli più alti e settori ad elevato contenuto innovativo”. Lo sviluppo delle aziende cinesi, d’altronde, è sotto gli occhi di tutti: “Nel 2010 – fa notare il Ceo di Bt China – erano 30 le imprese cinesi entrate nella classifica Fortune 500 e tra un anno saranno ben 46, appartenenti a diversi comparti dal Finance all’Oil&Gas”.

La Cina dunque come terra di opportunità e paradiso dei consumi, dove, secondo Kwok, può attecchire qualsiasi modello di business, dall’ecommerce (“che sta andando molto forte ed è un buon punto di partenza per iniziare la propria attività nel Paese”) al retail, fino alla vendita all’ingrosso.

Complessità del sistema cinese e punti di criticità

Attenzione, però, a non sottovalutare, nella strategia di internazionalizzazione, le difficoltà e gli incidenti di percorso.

“Le aziende che si espandono fuori dal proprio Paese – prosegue l’ad di Bt China – devono affrontare una serie di sfide legate alle differenze linguistiche, sociali, culturali e normative: criticità che si evidenziano in particolare modo se la meta di espansione fa parte dell’area asiatica”.

In una nazione antica e complessa come la Cina bisogna fare i conti innanzitutto con un sistema giuridico eterogeneo e frammentato, che cambia nel tempo e impone alle aziende che vi operano un costante aggiornamento: “Le città – chiarisce Kwok – sono in concorrenza tra di loro e adottano leggi differenti”.

A questo elemento critico, si aggiunge la difficoltà nello stabilire relazioni con i fornitori locali, che parlano lingue diverse (nonostante la lingua ufficiale sia il cinese mandarino, sono 7 i dialetti più diffusi nel Paese), di conoscere il territorio dal punto di vista culturale ma anche geografico (Kwok cita ad esempio il recente terremoto nella provincia del Gansu, con tutte le problematiche di disaster recovery che impattano su un data center posizionato in zone sismiche o a rischio alluvione ecc.), di reperire competenze.

“Trovare in loco risorse specializzate a prezzi competitivi – spiega il Ceo di Bt China – non è compito facile: ci sono regioni dove abbondano alcune figure professionali, mentre in altre scarseggiano. Ci si può quindi trovare a dover cercare le figure adeguate in provincie differenti da quella dove si è deciso di impiantare la propria attività, ma le distanze in Cina sono ovviamente notevoli”.

“Oltre a dovere fare i conti con un sistema giuridico disomogeneo e controverso in materia di privacy e data protection – interviene Gianluca Cimini, amministratore delegato di Bt Italia -, uno dei rischi maggiori è lo sviluppo dell’impresa sul territorio cinese ‘a macchia di leopardo’: abbiamo avuto modo di osservarlo, ad esempio, con un brand del Fashion che si è espanso progressivamente con più sedi affidandosi a carrier diversi”. Difficile in questo caso, infatti, costruire un’infrastruttura Ict efficiente e interoperabile.

Affidarsi a un partner globale di servizi

Come riuscire allora ad aggirare gli ostacoli? La soluzione indicata da British Telecom è chiara: affidarsi a un partner globale di servizi, con un’esperienza di lungo corso nel Paese di destinazione.

“Bt China – racconta Cimini – fa parte di Bt Global Services [tra i maggiori player specializzati in networked It services, che opera in oltre 170 Paesi nel mondo, ndr] ed è operativa sul territorio dal 1995”.

Le sedi si trovano a Beijing, Shanghai, Dalian e Shenzen, ma Bt assicura una presenza di rete in oltre 330 città cinesi, con più di 400 persone dedicate a supportare le aziende che intendono espandere il loro business sul territorio.

“Siamo in grado – dichiara Kwok – di offrire alle aziende di qualsiasi settore l’esperienza e il know-how maturati da Bt a livello globale, con una conoscenza approfondita del Paese. Lavoriamo a stretto contatto con i partner locali, ovvero China Unicom, China Telecom e CpcNet, e forniamo tutta l’assistenza necessaria per gestire le infrastrutture aziendali: eseguiamo gli allacciamenti delle linee, interveniamo in caso di malfunzionamenti e così via. Le multinazionali straniere non devono quindi preoccuparsi di mandare nelle nuove filiali cinesi il loro personale specializzato oppure di intrattenere i rapporti con i diversi operatori del posto: ci poniamo come unico interlocutore in grado di fornire risorse locali a prezzi locali, garantendo la continuità operativa dei sistemi It e delle telecomunicazioni e lasciando libera l’azienda di dedicarsi alle proprie attività core”.

Un punto che Kwok tiene a sottolineare è la capacità di Bt China di offrire innovazione ai clienti: “Nel nostro Paese – dice – è attivo uno dei maggiori centri di Ricerca e Sviluppo di British Telecom a livello mondiale, secondo solo a quello nel Regno Unito”.

Nel 2007, infatti, Bt ha aperto il China Research Centre che sperimenta e sviluppa tecnologie d’avanguardia attraverso la collaborazione con i più importanti istituti universitari del Paese.

Contro lo scetticismo occidentale circa le reali capacità dei cinesi di ‘fare innovazione’, Kwok aggiunge: “Siamo in grado di perfezionare le tecnologie più innovative presenti sul mercato, portandole ai massimi livelli di performance e funzionalità. Certo, l’attitudine cinese non è particolarmente incline a creare ex-novo, ma le cose stanno cambiando: il Governo sta spingendo per innescare questo cambio di mentalità e i cinesi stanno crescendo molto in termini di competenze e know-how. Lo Stato preme affinché le aziende straniere condividano con i colleghi asiatici sapere ed expertise, il che gioverebbe anche al loro business”.

Se all’inizio, come commenta Cimini, “andare in Cina era scelta determinata dal risparmio sui costi, oggi l’espansione nella Repubblica Popolare può assumere una valenza molto più strategica, a patto di affidarsi a un partner in grado di supportare il processo di internazionalizzazione su più fronti”.

“Avere un partner in loco a cui appoggiarsi è fondamentale – conferma Leonardo Casubulo, Chief Security Officer di Kion Group, facendo riferimento all’esperienza della sua azienda presente in Cina dal 1994 -, non solo per quanto riguarda la fornitura di rete. Sottolineo ancora quanto sia importante avere la garanzia di un’assistenza di tipo normativo, perché le leggi variano davvero molto rapidamente”.

Pietro Mussat, It manager di Moleskine, concorda sulla necessità di un partner in grado di fornire supporto localmente, anche in termini di ricerca e sviluppo. L’anno scorso, infatti, la società ha aperto i primi negozi in Cina, con l’obiettivo di creare un’esperienza utente virtuale che andasse oltre quella fisica del retail. Positivo quindi per l’It manager, sapere che Bt possa occuparsi non solo dell’infrastruttura tecnologica del negozio, ma anche di fornire supporto nello sviluppo di soluzioni innovative.

Tutto questo a dimostrazione del fatto che, nell’era della glocalizzazione, dove aziende, prodotti e servizi vengono studiati per il mercato internazionale e declinati nelle specificità regionali, un partner Ict a presenza mondiale può essere strategico per ridurre la complessità della supply-chain a un unico contratto di fornitura e aprendo le porte di un sistema Paese.

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