L'innovazione dev’essere sinonimo di trasformazione, oggi resa possibile solo attraverso la tecnologia”, esordisce Giuseppe Pavone, Responsabile Sviluppo Nuovi Business nell’area mercato Grandi Imprese e Pubbliche Amministrazioni di Poste Italiane. “Ma per riuscire a compiere percorsi trasformativi è fondamentale spostare l’attenzione dalla semplice automazione dei processi esistenti a un approccio che consenta di proporre al mercato e ai clienti nuovi servizi basati su nuovi processi”. Si tratta quindi di un cambio di business model, oggi possibile, anzi forse persino accelerato e reso necessario, da un Ict pervasivo che sta modificando abitudini e comportamenti degli utenti, nonché i modi di lavorare e collaborare delle aziende e del loro ecosistema.
E di cambiamento di business model, Poste Italiane ne sa qualcosa, essendosi trasformata radicalmente passando da un’offerta di tradizionali servizi postali a società multiservizi che vanno dall’assicurazione alla fatturazione elettronica passando per i servizi digitali (per fare solo due esempi: PosteCloud, servizi cloud messi a disposizione delle imprese e della Pa attraverso i propri data center, il proprio bagaglio tecnologico e le competenze accumulate negli anni; Poste e-commerce, la soluzione per abilitare le aziende a sfruttare le potenzialità dell’e-commerce, che va dalla realizzazione del sito web alla configurazione del catalogo, all’integrazione con spedizioni e pagamenti).
Operare in questa direzione non è cosa semplice, naturalmente. Change management, governance, competenze specialistiche sono solo alcuni dei pilastri su cui costruire il proprio percorso. “Per riuscire a muoversi efficacemente verso nuovi business model (come per altro proprio Poste sta facendo da qualche anno) diventa fondamentale la specializzazione delle competenze: dal un lato, servono skill tecnologici trasversali sulle nuove funzionalità abilitanti l’innovazione e la trasformazione – osserva Pavone -; dall’altro, devono affiancarsi competenze specifiche di business, in particolare conoscenze ed esperienze di settore (bancario, assicurativo, logistico, telco, ecc.) per poter attingere alle migliori pratiche di volta in volta necessarie a sostenere i processi di trasformazione”. Un quadro che vale tanto per le aziende utenti quanto per i vendor che devono prima di tutto avviare un cambiamento interno, non solo sul piano culturale, ma anche rispetto a modelli organizzativi e di go-to-market più orientati alla creazione di valore per i clienti. “La creazione del business value è sempre più spesso legata alla definizione di nuove catene di valore che vedono il vendor non più come un semplice fornitore, ma come un partner che aggiunge valore all’offerta, ne condivide i rischi e i ricavi in proporzione al contributo nell’iniziativa”, specifica Pavone. “Questo approccio richiede una conoscenza delle potenzialità della tecnologia e un deciso utilizzo delle partnership (creando un vero e proprio ecosistema dell’offerta)”.
Quali modelli di sviluppo/progetto sono quindi più efficaci per creare soluzioni che non siano soltanto tecnologicamente performanti, ma rappresentino un differenziale per creare un vantaggio competitivo? “Il modello per noi più efficace – risponde Pavone – prevede l’integrazione dell’offerta del gruppo Poste Italiane, segmentata per settori industriali e personalizzata sui clienti appartenenti ai vari settori”. In altre parole, benché la società abbia naturalmente nel proprio portfolio d’offerta una serie di servizi e soluzioni ‘standard’, l’approccio al mercato, soprattutto per le grandi imprese, si esplica con lo studio progettuale dal quale ricavare una soluzione personalizzata specifica per un dato settore industriale, piuttosto che per una singola organizzazione. “Ecco perché diventano indispensabili le competenze tecnologiche e quelle di settore”, conclude Pavone.