Come molte persone che hanno tante cose interessanti da dire, Carlo Bozzoli, Global Chief Information Officer di Enel, non è facile da intervistare. Non certo per mancanza di disponibilità (mi ha dedicato più di un’ora), ma perché non è semplice condensare nella lunghezza di un articolo la storia di una carriera articolata e ricca come la sua, un manager che può essere considerato il Deus ex machina di una trasformazione che è una best practice internazionale e, nel contempo, raccontare una persona curiosa, che guarda al futuro con l’entusiasmo di un ventenne, che riesce ancora a porsi domande e, soprattutto, a cercare risposte non convenzionali. Ma se il compito non è facile, rappresenta anche il bello del mio mestiere: la sfida di trasmettere, nel modo più coerente e chiaro possibile, tutto ciò ai lettori.
Una giornata tipo? Non esiste
ZeroUno: Come si svolge la sua giornata-tipo?
Carlo Bozzoli: Fortunatamente non c’è una giornata uguale all’altra. Anche se ci sono alcuni elementi caratteristici che derivano dalle abitudini acquisite nella mia prima attività in Enel e che ho mantenuto perché mi consentono di gestire il mio tempo nel modo migliore: ho iniziato la mia esperienza professionale in centrale termoelettrica, negli impianti di produzione si opera a ciclo continuo su turni che coprono le 24 ore e la mia giornata lavorativa iniziava alle 7:30 del mattino. Quindi anche oggi, dopo essermi alzato poco prima delle 6 e avere fatto colazione con la mia famiglia, sono in ufficio dalle 7.30, a quell’ora intorno a me c’è solo silenzio e quiete e questo mi consente di leggere, studiare, avere momenti miei nei quali riflettere senza essere interrotto da telefonate, riunioni o urgenze dell’ultimo minuto. Ed è anche la fascia oraria, fino alle 9-9:30, in cui generalmente fisso gli incontri con i vendor: è una prima forma di selezione, perché nella maggior parte dei casi si presenta solo chi ha qualcosa di veramente utile da condividere.
Rientro in famiglia verso le 19-19:30 al massimo: cerco di non trattenermi oltre in ufficio sia perché voglio cenare con mia moglie e mio figlio e dedicare alla famiglia la serata sia perché ritengo che fermarsi sistematicamente oltre un certo orario non sia certo indice di produttività bensì un segnale endemico che qualcosa non funziona nell’organizzazione.
Spesso lavoro ancora un paio d’ore in tarda serata, quando il resto della famiglia si ritira, perché non dormo molto e difficilmente vado a dormire prima di mezzanotte. D’altra parte, ho circa 45 minuti di auto tra casa e ufficio e spesso ne approfitto per qualche call con i colleghi che lavorano dall’altra parte del mondo.
ZeroUno: Già, perché la sua responsabilità attraversa i continenti…
Carlo Bozzoli: Gestisco oltre 2.600 persone su 21 paesi che vanno dalla Russia al Sud America e quindi a qualsiasi ora del giorno c’è qualcuno con il quale interagire. E questo comporta l’intenso utilizzo, oltre alla mail e al telefono, di tutti gli strumenti di comunicazione possibile, da Skype ai vari strumenti di collaboration e messaggistica.
Tornando all’organizzazione del mio tempo, chi mi conosce sa che dalle 7:00 sono operativo, in viaggio verso l’ufficio, e che fino alle 9:00-9:30 è lo slot migliore per una telefonata, un confronto e/o per un incontro magari non pianificato. . . Il resto della giornata è un susseguirsi di riunioni, call ed incontri: l’agenda è davvero molto fitta è il tempo tra una riunione e un’altra è pressoché inesistente. Cerco però di lasciare qua e là una parte di tempo non programmata in modo da poter gestire gli imprevisti senza che questi inficino la mia agenda.
Ricoprendo una responsabilità globale in una multinazionale, pur utilizzando tutte le opportunità che la tecnologia offre, mi capita spesso di essere in missione all’estero: gli incontri virtuali vanno bene se ci si deve confrontare sulla normale routine, ma se bisogna parlare di strategia, obiettivi, trasformazione e change management è fondamentale interagire di persona.
Da Ingegneria a Scienze economiche per diventare Global CIO
ZeroUno: Oggi si parla molto di contaminazione delle competenze, ma non è comunque comune trovare un manager nella sua posizione con una laurea in Scienze economiche, come nel suo caso…
Carlo Bozzoli: Quella del mio percorso di studi è una storia abbastanza curiosa. Ho conseguito il diploma di Perito Elettronico Industriale nel 1981 perché, invece del liceo, volevo imparare subito a costruire concretamente qualcosa, ero affascinato dall’elettronica e mi piaceva programmare circuiti integrati. È stato quindi abbastanza naturale iscrivermi poi a ingegneria. Però al tempo stesso ho cercato subito di rendermi indipendente per non gravare troppo sul bilancio famigliare, padre ferroviere e mamma sarta, e nel 1981 feci un concorso per entrare in Enel: cosa avvenuta poi nel maggio del 1984 quando ero iscritto al terzo anno di università, quindi ancora piuttosto lontano dalla laurea. Nel frattempo, subito dopo il diploma, avevo concluso il servizio militare e mi ero anche trovato un lavoro in turno da magazziniere che mi consentiva di studiare.
Entrato in Enel, in breve tempo mi sono reso conto che non riuscivo a lavorare e studiare e quindi mi sono dedicato al lavoro e alla mia crescita professionale lasciando gli studi.
ZeroUno: E quindi, come è arrivato poi a Scienze economiche?
Carlo Bozzoli: Sebbene il mio percorso di carriera si sia sviluppato interamente in Enel, il 7 maggio scorso ho compiuto i miei 35 anni in azienda, ho svolto tante professioni diverse; non ho mai ricoperto lo stesso ruolo per più di 3 o 4 anni e solo le mie due ultime esperienze professionali sono durate più di 5 anni.
Quindi, parecchi anni dopo, oltre una decina, ho sentito l’esigenza di approfondire temi di carattere psico-socio-economico, che sentivo mancare alla mia formazione. E allora ho ricominciato da capo iscrivendomi prima a Scienze della Comunicazione per poi laurearmi in Scienze economiche.
La voglia di scommettere su idee nuove
ZeroUno: In effetti, leggendo la sua biografia professionale, non si può certo dire che lei abbia avuto una carriera convenzionale: dopo essersi occupato di sistemi SCADA e di business process reengineering, nella Divisione Produzione, ha ricoperto diversi ruoli nella Divisione ICT, alternandoli con ruoli non ICT come quello di Responsabile Commerciale per l’Italia nella Divisione Infrastrutture e Reti. Qual è il segreto di un percorso di questo tipo?
Carlo Bozzoli: Sono stato molto fortunato perché nella mia vita professionale ho incontrato persone e “capi” che hanno avuto la voglia di scommettere sulle mie idee e poi ho trovato sempre la mia strada navigando il Gruppo e sfruttando le opportunità che una grande azienda come Enel mi poteva offrire. Il segreto forse è questo: navigare e non farsi navigare. Tutte le volte che mi sono misurato con l’esterno, per capire quanto io valessi per il mercato o perché mi sentivo in credito con l’azienda. Stimoli, risposta per crescere e fare il lavoro che mi piaceva li ho sempre trovati in azienda.
L’altro segreto è che non mi è mai interessato ricoprire una determinata “casella” manageriale, quello che mi è sempre interessato è stato quanto fosse stimolante il lavoro che andavo a fare o il sistema di relazioni nel quale mi collocavo.
Ho sempre cercato nuove sfide e, come dicevo, ho trovato persone che hanno avuto fiducia in me. Ed è quello che, quando partecipo a incontri nelle università o nelle scuole, dico sempre ai ragazzi che mi chiedono come si fa a crescere professionalmente e a capire che in un posto di lavoro ti stanno valorizzando: quando hai un capo che ha voglia di scommettere su di te e sulle tue idee.
Tutte queste esperienze si sono poi rivelate essenziali nel mio ruolo di oggi perché mi consentono di avere una maggiore credibilità nei confronti dei miei peer: sono credibile perché conosco il “core business”, il loro lavoro e le loro sfide. È anche grazie a questo che abbiamo potuto intraprendere una delle più importanti revisioni organizzative dell’azienda.
ZeroUno: Una revisione che sta riscrivendo la disciplina del management aziendale, ce la descrive nei suoi tratti essenziali?
Carlo Bozzoli: Da quando ricopro questo ruolo abbiamo compiuto 3 importanti revisioni organizzative, l’ultima, quella di marzo dello scorso anno, è quella più profonda che ha completamente rivoluzionato l’organizzazione, non tanto della divisione ICT, ma dell’azienda stessa.
La prima revisione, quando sono arrivato, è stata quella di dare all’ICT un’organizzazione che fosse un mirror di quella del Gruppo: una matrice dove, da un lato, avevamo delle Global business line che presidiano la catena del valore (dall’upstream al downstream.) e delle Funzioni centrali di servizio e supporto (Amministrazione, Finanza e Controllo, Personale e Organizzazione, Comunicazione, Acquisti, Legale, Audit, etc…) e, dall’altro, le region/country per presidiare i mercati retail nei Paesi dove serviamo clienti finali. Quindi avevamo strutturato la divisione ICT con unità di demand and solution delivery, al servizio di ogni business line/region e con competence center verticalizzati sui processi.
Andando avanti nel nostro percorso di digitalizzazione, che ha comportato la scelta di spostare tutta la nostra infrastruttura in cloud, di razionalizzare il portafoglio applicativo [con una riduzione del 40% delle applicazioni dal 2015 a oggi ndr], la revisione del modello di sourcing e di ingaggio dei fornitori, ci siamo resi conto che questo modello non era adatto a supportare adeguatamente questo percorso. Questo è stato ancora più evidente con l’introduzione, due anni fa, di due importanti nuovi elementi: l’Agile, non come mera metodologia per gestire i progetti ICT, ma come enabler per attivare logiche di continuous delivery e continuous improvement e Data decision making per favorire la costruzione di una vera data driven company.
Nella fase successiva, che ha poi portato all’organizzazione attuale, prima di tutto abbiamo cancellato la parola Information & Communication Technology perché descrive in modo riduttivo il contributo della leva tecnologica IT. Un’azienda agile e data driven non può considerare l’IT come il fornitore interno. Bisogna che ICT e business lavorino insieme e si “fondano” in un’unica entità: quando ho iniziato a parlare di “diluire l’IT nel Business”, di rendere più “liquida” l’organizzazione ho visto la diffidenza negli occhi di molti colleghi. Per iniziare, Abbiamo quindi cambiato identità rinominando la Divisione ICT in Global Digital Solutions e abbiamo creato 13 Digital Hub nei quali sono confluite tutte le persone di quella che era allora la Divisione ICT e circa 400 persone provenienti dalle Business line; ogni Digital Hub svolge un presidio end to end di tutta la mappa applicativa di riferimento e crea un circolo virtuoso dove si incrociano ingredienti come design, UX, CX, adoption e piattaforme tecnologiche (gestiti dai chapter leader) e digital factory (gestite dai product owner); i team sono organizzati in squad di 8-10 persone e non gestiscono piani di progetto ma backlog su base valore ; il top manager alla guida di ogni Hub risponde gerarchicamente sia a me sia al direttore della business line/Region/funzione.
In questo modo la Divisione Global Digital Solutions non è più un semplice business enabler ma si configura come un efficace business driver. Dall’ideazione alla gestione, passando per l’adoption la nostra azienda è oggi molto più “software based” rispetto a un passato tipicamente “asset based”. Questo è il nostro “new normal” il modo per portare avanti innovazione e digitalizzazione in logica try and error.
E a distanza di un anno e mezzo possiamo dire che questo modello è vincente.
L’emozione di dire “ce l’ho fatta…nonostante…”
ZeroUno: I dati ci dicono che sono più i progetti di digitalizzazione che falliscono di quelli che hanno esiti positivi e uno dei problemi principali è proprio quello di misurare i risultati di un progetto. Quali sono le metriche che le fanno considerare vincente il vostro modello?
Carlo Bozzoli: Misurare è uno degli obiettivi chiave del 2019.
Facciamo un piccolo passo indietro. I primi 2-3 anni ci sono serviti per cambiare il mix dello spending: non era tanto importante capire subito quanto, ma per che cosa spendevamo. E il primo dato oggettivo era che quasi l’80% della nostra spesa era di tipo ‘run’, relativa a costi che ci trascinavamo di anno in anno per effetto di scelte tecnologiche effettuate negli anni precedenti; una spesa rigida e poco maneggevole, legata principalmente a una grande dispersione tecnologica. Quindi alcune scelte (cloud e razionalizzazione applicativa) ci hanno consentito prima di tutto di cambiare questo mix: oggi posso dire di avere circa il 40% di spesa ‘run’ , mentre il 60% è relativo ad attività di sviluppo per crescere, innovare, fare cose nuove in maniera molto più veloce e flessibile.
Una spesa che genera valore. E qui arriviamo alla seconda metrica: il valore dell’IT si misura sul suo contributo al business. I Digital Hub non hanno solo obiettivi legati all’ottimizzazione ICT, al miglioramento delle performance dei sistemi ecc., ma hanno sempre più obiettivi di business, è su questo che sono misurati.
E poi c’è un’altra metrica importante, che serve a dare la risposta a una domanda fondamentale: come capisci che un’azienda sta effettivamente cambiando? Lo vedi dalla tipologia di errori che vengono compiuti. Se quelli che vedi sono sempre problemi differenti, che derivano da errori diversi vuol dire che l’azienda sta sperimentando, che l’asticella delle sfide si sposta sempre più in alto, che ogni persona ha un approccio imprenditoriale, assumendosi dei rischi che poi possono trasformarsi in opportunità. Se non succede nulla, se questi errori non ci sono, vuol dire che l’azienda non sta cambiando, che è statica e questo oggi non è certo vincente. Se invece fai sempre gli stessi errori ti devi fare altre domande…….
ZeroUno: Ci sono stati momenti particolarmente difficili? In cui si è pentito di certe scelte o ha temuto di non farcela?
Carlo Bozzoli: Di momenti difficili naturalmente ce ne sono stati, sarebbe poco credibile dire il contrario. Ma quello che mi è veramente dispiaciuto è quando mi è capitato di fermarmi nella mia comfort zone; quando non ho scommesso su un’idea che mi era stata presentata. Tutte le volte in cui avrei potuto sperimentare un’idea nuova e non l’ho fatto, poi mi è spiaciuto perché dietro un elemento di rischio, un dubbio, può esserci una grande opportunità. Insomma, tutte le volte che ho perso il passo con il progresso tecnologico e preso decisioni di breve periodo perdendo di vista la strategia generale poiché non disponevo di una vision ben chiara e definita.
ZeroUno: Immagino che siano stati anche molti i momenti entusiasmanti, ne ricorda uno in particolare?
Carlo Bozzoli: Sicuramente il passaggio al cloud, un grande successo, ma sul quale in pochi avrebbero scommesso, soprattutto i vendor.
48 ore dopo la mia nomina a CIO ho riunito il management, ho detto loro che in 3 anni saremmo diventati un’azienda cloud only e che volevo capire chi credesse veramente in questo passaggio per noi epocale. Per me era fondamentale poter contare sul cristallino commitment del middle management perché non fai una trasformazione del genere se le persone non ci credono, se non sono coinvolte ed appassionate dall’idea, anche perché sono stati 36 mesi di lavoro intensissimo dove le stesse persone che gestivano la trasformazione erano anche chiamate a garantire il normale funzionamento dell’azienda. Livelli di servizio che hanno subito solo pochissimi, e programmati, deterioramenti anche perché nei primi 9 mesi il team, composto da circa 200 persone, ha operato ininterrottamente ogni giorno dalle 18:00 alle 6:00 del mattino seguente ed ogni weekend per minimizzare gli impatti sulla disponibilità dei sistemi.
È una sfida che ha cementato il gruppo e che rimane, a prescindere dal fatto che io ci sia; il mio successo è avere contribuito a costruire qualcosa che vale a prescindere da me e che mi auguro possa continuare anche dopo.
Abbiamo centrato un progetto di questa portata, definito nel 2015, con uno scarto di soli 3 mesi rispetto alle previsioni: il 18 aprile abbiamo chiuso l’ultimo data center e oggi ci possiamo davvero definire un’azienda cloud only. La cosa importante che voglio sottolineare è che abbiamo “portato il ferro fuori e riportato il cervello a casa”, riappropriandoci di competenze ad alto valore e ancora meglio creando nuovi ruoli e mestieri.
Siamo divenuti una best practice internazionale, Enel è la prima utility al mondo di queste dimensioni ad essere passata al 100% in cloud.
Il lavoro non è tutto
ZeroUno: Ma Carlo Bozzoli ci va in vacanza?
Carlo Bozzoli: Certo che ci vado. Sono appassionato di montagna, mi piace andarci in estate… una volta arrampicavo, adesso devo limitarmi al trekking, E poi amo viaggiare e adesso che mio figlio è cresciuto mi piace fargli conoscere il mondo.
ZeroUno: E per rilassarsi? Cinema e letture preferite?
Carlo Bozzoli: Essendo una persona curiosa amo leggere, sia libri sull’innovazione tecnologica, quindi più vicini al mio lavoro, sia libri di psicologia. Si, la psicologia mi interessa molto, per imparare a conoscere gli altri, le persone ma anche per conoscere meglio me stesso. E per il cinema non ho un genere preferito, purché sia un bel film; che sia biografico, fantasy o drammatico non importa, l’essenziale è che sia di qualità. Ma la mia passione più grande, che coltivo da quando ero bambino, rimane la filatelia.
NOTA BIOGRAFICA
Carlo Bozzoli è stato nominato Direttore della Funzione Global Information and Communication Technology di Enel nel luglio del 2014, oggi Global Digital Solutions.
Ha iniziato il suo percorso professionale in Enel nel 1984, presso la Centrale termoelettrica di Turbigo e successivamente in Direzione Centrale Produzione fino al 1999, dove si è occupato prevalentemente di progetti di business process reengineering.
Dal 2000 al 2009 ha ricoperto diversi ruoli nella Direzione ICT, dove ha guidato la prima introduzione della tecnologia SAP in Enel, il progetto Contatore Elettronico, la Pianificazione IT, la funzione Strategie, Performance & Quality Management. Da ultimo, è stato responsabile delle funzioni di Demand and Delivery Management per le Divisioni Infrastrutture e Reti, Generazione & Energy Management, Corporate, Staff e Service Function
Prima di assumere l’attuale posizione è stato Responsabile della Funzione Commerciale per l’Italia della Divisione Infrastrutture e Reti dove ha gestito le attività di metering, bilancio energia, rapporti con i trader, connessione clienti e produttori, fatturazione, credito, qualità commerciale e customer care.
Membro dei customer advisory board dei principali ICT vendor internazionali, di EuroCIO, FINAKI, CIONET e AICA Forum e della Management Academy for ICT Executives del Politecnico di Milano.
Nato nel 1962, a Mirandola in provincia di Modena, è laureato in Scienze Economiche, sposato con Sandra ha un figlio di nome Matteo.