L’influenza del Chief Marketing Officer (Cmo) è cresciuta negli ultimi tre anni; fra i top manager il suo ruolo è secondo solo a quello del Cfo e il Ceo lo consulta frequentemente su questioni strategiche. Il legame sempre più stretto con il Cio ha conseguenze estremamente positive sulla bottom line; quando Cmo e Cio lavorano insieme le aziende hanno il 76% in più di probabilità di ottenere risultati sopra la media in termini di fatturato e profittabilità. Sono queste alcune indicazioni che emergono dal report “Stepping up to the challenge – Cmo insights from the Global C-suite Study”, realizzato da Ibm a tre anni dal precedente (nel 2011). Lo studio si basa su 524 interviste approfondite a Cmo di cui 265 in Emea, con contatti con 4.183 top executive (72% Cfo e 42% Cio) di oltre 20 settori a livello mondiale.
Dallo studio però non emergono solo notizie positive. Si evidenzia, per esempio, che ad oggi sono pochi i Cmo ad aver sviluppato una robusta attività di marketing digitale: solo il 20% impiega i social network per coinvolgere e instaurare un dialogo online con i clienti. Ancora più esigua (fra il 10% e il 15%) la percentuale dei Cmo che ha integrato attraverso i differenti canali le interazioni con i clienti, ha installato analytics per analizzare i dati e ha creato una supply chain digitalizzata per rispondere rapidamente alle variazioni delle domanda. Il problema è il gap fra aspirazione e azione, con il rischio che i tempi di attuazione siano incompatibili con quelli del mercato.
L’82% si sente impreparato ad affrontare l’esplosione dei dati e i due terzi non si sentono pronti a fare i conti con i social media, anche se permane l’intenzione (in crescita rispetto a tre anni fa) di investire in tecnologie come analytics, applicazioni mobile, Crm, tool di collaborazione… (figura 1)
Ma non tutti i Cmo sono uguali. L’analisi ha identificato tre cluster rispetto al percorso verso la digitalizzazione: i tradizionalisti, gli strateghi del social, i pionieri digitali (figura 2).
I primi percepiscono la sfida che viene dall’esplosione dei dati, dai social media, dalla pletora di device, ma raramente coinvolgono i clienti attraverso i social network e non utilizzano (o lo fanno molto raramente) gli analytics per estrarre conoscenza dai loro dati.
Gli strateghi del social hanno già superato le prime tappe riconoscendo l’importanza dei social media come veicolo per coinvolgere i clienti e stanno costruendo le infrastrutture per operare nella social arena, ma non hanno ancora esplorato le potenzialità che derivano dall’esplosione dei dati e le opportunità offerte dagli analytics avanzati.
I pionieri digitali sono invece ragionevolmente preparati per gestire l’esplosione dei dati e ben posizionati per occuparsi dei social e del traffico mobile che arriva da un numero crescente di dispositivi. Stanno inoltre allocando risorse per realizzare la completa integrazione dell’impresa fisica con quella digitale e usano regolarmente gli analytics per estrarre conoscenza dai dati dei clienti avendo investito più degli altri due gruppi per catturare e analizzare i dati in tutte fasi del ciclo dei clienti. Combinano infine le fonti di dati interne ed esterne. Gli investimenti e l’impegno di questi primi della classe paga: una profonda conoscenza dei clienti fornisce, secondo l’analisi, il 60% in più di probabilità di ottenere risultati aziendali sopra la media.
L’alleanza con il Cio per strumenti di analisi integrati
La tesi che emerge dal report è che il marketing è una “scienza” che vede al centro i dati e questi vanno utilizzati per indirizzare il mercato e creare valore.
Il Cmo, quindi, dovrebbe collaborare con il Cio per costruire una capacità di analisi cognitiva sicura e scalabile all’interno della propria organizzazione; d’altra parte gli analytics sono oggi la priorità numero uno anche per il Cio. L’analisi rileva quindi che quella per gli analytics è una priorità di investimento che richiede, però, un’adeguata maturità dell’organizzazione marketing. E’ indispensabile l’integrazione fra le diverse fonti di informazione, con un’attenzione particolare a quelle più recenti, come le conversazioni che avvengono sui social network. Le conoscenze raccolte andrebbero diffuse all’interno dell’azienda per costruire una miglior conoscenza del cliente attraverso tutta l’organizzazione.
Alla fine, la capacità di realizzare un’esperienza cliente di prim’ordine attraverso l’impiego delle tecnologie digitali sarà la prova del successo della strategia del Cmo.
Mettere in pratica in modo efficace le promesse per il cliente
L’82% dei pionieri si aspetta che i canali digitali giochino un ruolo sempre più importante nelle interazioni con i clienti contro il 64% dei tradizionalisti. I pionieri investono nelle successive fasi del ciclo di vita del cliente dove i canali digitali fanno la maggior differenza. Il ciclo del cliente finisce infatti convenzionalmente al punto di vendita, ma nel mondo digitale un’impresa può creare collegamenti duraturi con i propri clienti per comunicare con loro regolarmente e per incoraggiarli a condividere le loro esperienze.
Il problema è che la maggior parte dei Cmo si concentra ancora sulla chiusura della transazione piuttosto che sul cementare la relazione. Solo i pionieri digitali hanno adeguato le loro strategie di marketing per riflettere il cambiamento: il loro obiettivo principale per i prossimi anni è quello di migliorare l'esperienza complessiva del cliente e trasformare i clienti in sostenitori fedeli.
Le differenze riflettono il livello di progresso dei Cmo nella digitalizzazione. I pionieri e gli strateghi digitali sono più avanti nell’implementazione di una strategia di integrazione fra fisico e digitale (figura 3). I primi sono meglio attrezzati per fare business ovunque con qualunque device (figura 4).
Ma il tempo stringe e i clienti, sempre più digitali, si aspettano che tutte le organizzazioni con cui entrano in relazione attraverso qualunque canale e dispositivo, li riconoscano, capiscano le loro esigenze individuali e le soddisfino.