Marco Comastri, amministratore delegato di Microsoft Italia, nel rispondere alle domande di ZeroUno premette alcuni dati che indicano le difficoltà del Paese, come la crescita del Pil sotto la media europea, l’inadeguatezza del sistema scolastico per le esigenze delle imprese, la necessità di accelerare i ritmi di innovazione che dovrebbe spingere le imprese (anche se ancora non avviene) a investire sempre più nell’intangibile, nelle competenze, nei brevetti, nel brand, nelle capacità di essere efficaci, e meno nel maufacturing, nelle attività di processo. Ma accanto alla richiesta di azioni che vadano ad agire sul contesto, rivendica anche un ruolo rilevante per un fornitore come Microsoft, che grazie alla diffusione delle sue soluzioni e una rete capillare di partner può porsi obiettivi che vanno oltre il proprio business, con azioni che aiutino il paese a crescere.
ZeroUno: Quali sono i punti critici, gli snodi, legati allo sviluppo del sistema paese e quali le leve su cui agire per creare una situazione favorevole alla competitività del sistema Italia?
Comastri: I temi sono profondi e le risposte non possono che essere molto articolate; sono necessarie più azioni, in sinergia fra loro, che porteranno a una soluzione inevitabilmente di medio-lungo periodo. È dunque necessaria una visione di dove si vuole andare come Paese. Se vogliamo, come vogliamo, mantenere il livello di vita attuale di tipo europeo dobbiamo concentrarci sull’innovazione e investire nell’intangibile, rivolgendoci sempre più verso un terziario avanzatissimo. Viceversa, se volessimo competere sulla produzione, dovremmo confrontarci con realtà come Cina e India, con un tenore di vita e livelli sociali più arretrati. Dovremmo, a mio parere, guardare ad esempi come la Gran Bretagna che ha trovato una via di uscita verso il terziario, sviluppando servizi e processi automatizzati anche in settori pubblici e dove, per esempio, la Sanità è basata su processi fortemente informatizzati. È però vero che l’innovazione in Gran Bretagna è favorita dall’elevato il numero di grandi imprese. Pur non facendo l’apologia della grande impresa, non si può negare che il nanismo che caratterizza le imprese italiane sia un limite, soprattutto quando non è una scelta, ma deriva dall’incuria e dalla scarsa attenzione dell’imprenditore o da difficoltà di contesto.
Si tratta ad esempio di rimuovere le difficoltà che ancora le imprese italiane hanno per andare all’estero.
Vanno poi rimossi altri vincoli determinanti, come quelli che derivano dal sistema creditizio, che rende ancora difficile ottenere finanziamenti per progetti It e rappresenta un freno all’evoluzione delle imprese nella direzione dell’innovazione, nonostante qualche segnale positivo, come l’iniziativa IntesaNova di Banca Intesa (vedi dettaglio del progetto IntesaNova su www.zerounoweb.it, Percorsi di Innovazione).
ZeroUno: Che contributo possono fornire le soluzioni informatiche e quali vincoli vanno superati affinché queste supportino la crescita dimensionale e la capacità competitiva a livello internazionale delle imprese italiane?
Comastri: Maggiori investimenti in tecnologia e Ict darebbero la linfa al sistema delle Pmi che costituisce il 95% come numero di aziende e rappresenta oltre il 60% del Pil. Da un’analisi commissionata da Microsoft a NetConsulting emerge invece che le Pmi italiane investono il 55% rispetto alle aziende delle stesse dimensioni a livello europeo. Non investono innanzi tutto a causa del sistema creditizio che non aiuta, ma mancano anche incentivi efficaci (che in altri paesi ci sono) a investire in tecnologia.
Ci sono infine le responsabilità dei player dell’It, percepiti ancora come “l’industria delle promesse”. Il fatto che un imprenditore abbia ben chiaro il ritorno di un investimento in un macchinario immediatamente legato al suo business, mentre un progetto It venga invece percepito come un costo, dipende anche da come noi lo presentiamo.
Per questo come Microsoft abbiamo messo in atto alcune iniziative, come il Manuale dell’Imprenditore, per avvicinare le imprese sul loro terreno. Nell’esempio si identificano cinque aree in cui le imprese possono riconoscersi e da cui possono derivare motivazioni per investire: ridurre i costi, aumentare il revenue, migliorare la produttività, accedere meglio al credito, mantenere meglio la proprietà intellettuale. Il messaggio è: se hai un problema in una di queste aree, Microsoft con i suoi 24mila partner può aiutarti.
Ci rendiamo conto che è solo il primo passo, ma riteniamo sia utile per migliorare il rapporto di discussione negoziale fra chi propone e chi sfrutta i progetti It.
ZeroUno: Proprio le terze parti! Non crede che al di la di un’enorme forza di business per Microsoft, le terze parti possano avere anche un ruolo centrale per diffondere e stimolare l’innovazione nel paese?
Comastri: Assolutamente si! Per superare le attuali difficoltà, dovremmo porci obiettivi che vanno oltre il nostro business; essere bravi cittadini e aiutare il contesto economico dove viviamo; il che non significa fare opere di bene, ma fare azioni che aiutino l’economia a crescere. Micorsoft, da player multinazionale qual è, ritiene sia strategico realizzare una forte partnership all’interno del mondo economico italiano, con obiettivi di comune interesse. Abbiamo per esempio calcolato che per ogni euro di fatturato ne vengono generati 11 (che vanno ad operatori italiani) strettamente correlati alla nostra tecnologia. E riteniamo che questa capacità di generare ricchezza sia una delle condizioni per il nostro successo, che nasce da un corretto bilanciamento fra il nostro profitto e quello dei partner; ma è anche importante per l’intero “movimento culturale per l’innovazione” che deve essere sviluppato nel Paese.
Questo approccio di forte integrazione con i partner vale anche per quanto riguarda la nostra recente presenza nel modo delle applicazioni: difficilmente potremo generare prodotti esattamente in linea con le esigenze di tutte le imprese italiane e dei distretti. Grazie alle partnership locali che sviluppano i verticali, siamo in grado di offrire prezzi molto bassi, grazie ai grandi volumi Microsoft, ma di sfruttare al tempo stesso le competenze specifiche di un Isv locale “vicino” all’utente finale.