Come flessibilizzare l’It. Quali sono i modelli vincenti?

In questo articolo guardiamo agli strumenti, ai modelli da adottare per disegnare adeguatamente sistemi informativi flessibili ed efficaci nel supporto al business. Il business corre infatti ormai più della tecnologia, che per tenere il passo deve mettere in atto un processo di innovazione continuo. Flessibilità, proattività, dinamicità non sono più semplici concetti astratti ma imperativi, sfide da vincere. Zerouno ne parla con alcuni Cio italiani e chiede loro quali saranno i nuovi modelli It vincenti e quale il ruolo del Cio. Visioni e pareri a confronto con un unico denominatore comune:  innovare l’innovazione

Pubblicato il 05 Giu 2007

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Il Cio, ormai, non può più limitarsi a rispondere alle richieste del business in una modalità reattiva; il suo ruolo è sempre più strategico e focalizzato verso la creazione di un’infrastruttura tecnologica e un’architettura applicativa in grado di riadattarsi in modo flessibile all’evoluzione continua del business. “Se una soluzione funziona bene è il momento di pensare di cambiarla o quanto meno di migliorarla”, ha affermato, con un apparente paradosso, Corrado Faletti, uno dei Cio intervistati da ZeroUno.
Compito primario del Cio è dunque identificare tecnologie che, come la virtualizzazione, consentono di riconfigurare dinamicamente le risorse del sistema in base ai carichi di lavoro e all’evoluzione delle applicazioni, o che, come l’autonomic computing, permettono ai sistemi complessi di autoripararsi, autoconfigurarsi, bilanciare carichi di lavoro, etc. Queste scelte possono aiutare a tenere meglio sotto controllo i costi e, soprattutto, a realizzare sistemi flessibili, che rappresentano il substrato su cui appoggiare un’architettura applicativa orientata ai servizi. Grazie alla scomposizione in moduli elementari il Cio può rimodellare il sistema informativo sulla base dei processi (e non viceversa come nel passato) aiutando concretamente il business a far evolvere i propri modelli in funzione delle esigenze del mercato. E, infine, il Cio deve saper scegliere i partner tecnologici sufficientemente robusti per supportarlo in questa impresa.
Su questi temi ZeroUno ha raccolto le opinioni e le esperienze di Luidi Baldoni, dirigente dei sistemi informativi del Comune di Roma, Corrado Faletti, direttore centrale tecnologia e processi di Banca Marche, Cristian Paravano, direttore sistemi informativi di Pacorini Group, media azienda globalizzata di servizi evoluti nel settore della logistica

ZeroUno: Quali strumenti tecnologici ritenete siano più efficaci per realizzare un’infrastruttura It ottimizzata dal punto di vista della gestione e dei costi, ma soprattutto in grado di rispondere in modo flessibile all’evoluzione delle esigenze dell’azienda?
Faletti: Il Cio deve agire su tre livelli: infrastrutturale, architetturale e organizzativo, ma il punto di partenza deve essere la verifica del suo allineamento con il business.

Detto questo, un’infrastruttura snella è la premessa per il controllo dei costi: da qui l’orientamento alla virtualizzazione (dove pochi server potenti gestiscono più macchine) diventata ormai una commodity dell’It. Stesso ragionamento vale per l’autonomic computing o per il grid, verso il quale ci stiamo orientando come Banca Marche. A prescindere dalla singola tecnologia adottata va massimizzata la capacità di sfruttare qualunque risorsa per ottenere al tempo stesso la riduzione dei costi e l’aumento di performance del sistema. Ma il problema di fondo a cui si deve trovare risposta è un’evoluzione flessibile dell’infrastruttura tecnologica in sintonia con le linee guida di un business, che, purtroppo per il Cio, cambia continuamente.
Paravano: Molti sono i possibili strumenti per mantenere e controllare i costi. Tra questi, la

virtualizzazione è uno dei principali. Noi, che abbiamo appena completato un’opera di consolidamento, concentrando molti server a livello di head quarter, vediamo la virtualizzazione come un prossimo step. Al momento, in apparente contraddizione con l’attività di concentrazione, stiamo pensando di distribuire la potenza/ridondanza (Drp) su location differenti in modo da avere piena ridondanza e flessibilità e dipendere meno dalla connettività che rappresenta, almeno in Italia, ancora una criticità. Il grid potrebbe essere la tecnologia che ci consente di ottimizzare il bilancio fra network e centralizzazione per ottenere minor dipendenza dalla rete, soprattutto per le applicazioni core. Per il controllo dei costi fra il make e buy la scelta è stata di terziarizzazione (Wiit, società specializzata in Business Process Outsourcing), che ci consente di pagare un canone proporzionale al numero di server utilizzati o all’occupazione fisica dello storage. Ma, al di là degli aspetti tecnologici, la nostra scelta è quella di contrattualizzazione della flessibilità.
Baldoni: Oggi, la maggior parte delle aziende stanno strategicamente e proattivamente scegliendo di modificare la propria infrastruttura It per renderla più adeguata a sostenere con

flessibilità gli obiettivi di business, per diventare un abilitatore fondamentale per la crescita. Parlando oggi di tematiche di gestione di ambienti It complessi, si pone quindi sempre più frequentemente la necessità di semplificare le infrastrutture, e renderle sempre più flessibili per seguire le necessità del business, sempre più legate a veloci dinamiche di cambiamento. Tutto ciò è correlato fortemente al miglioramento dell’efficienza interna, perseguendo un cambiamento organizzativo e gestionale tramite l’innovazione tecnologica. Il Comune di Roma ha realizzato progetti di It Optimization (e Server consolidation) attraverso la virtualizzazione che migliora l’utilizzo dei sistemi, riduce i costi e aiuta la Power Efficiency. Quest’ultimo risultato grazie agli affinamenti delle tecnologie per la riduzione dei consumi dei processor-core che risolvono, in parte, i problemi di sprechi energetici.
Se l’ambiente It ha più server sottoutilizzati, diversi serventi singoli che contribuiscono ad una singola soluzione, diversi serventi le cui applicazioni evidenziano picchi di carico ma in diversi intervalli di tempo, potranno, per esempio, essere consolidati in un singolo servente, eliminando la necessità di risorse non utilizzate, con notevole riduzione dei costi, migliore possibilità di gestione, maggiore efficienza, e potranno fornire una soluzione globale che garantisce il bilanciamento automatico del carico e un livello di servizio più alto. La virtualizzazione risponde anche alla rapidità nei cambiamenti richiesta dal business. Noi abbiamo potuto sperimentare la possibilità di creare rapidamente nuovi server virtuali su un sistema esistente con capacità inutilizzata invece che attendere l’approvvigionamento di una nuova macchina. Ulteriori alternative sono l’attivazione di capacità on demand, oppure la ridistribuzione delle risorse tra gli ambienti già presenti. In questo modo si utilizzano meglio investimenti esistenti dell’azienda, piuttosto che farne di nuovi, oppure si accelerano i tempi di implementazione di un nuovo ambiente con notevoli risparmi sui costi di progetto.

ZeroUno: Quali scelte architetturali ritenete opportune per rendere le applicazioni e il sistema informativo nel suo complesso flessibile e business oriented?
Paravano: Da tempo abbiamo abbracciato la filosofia Soa. Per noi è infatti fondamentale un approccio modulare soprattutto a livello del sistema informativo ed è indispensabile una visione per processo: ciascun processo deve utilizzare certe parti del sistema informativo. L’attività è iniziata un anno e mezzo fa: ci siamo concentrati inizialmente sulla parte più visibile (portale/integrazione con il cliente) e proprio ora abbiamo iniziato a ristrutturare l’Erp impiegando web services che vengono agganciati alle varie attività aziendali. Per quanto riguarda la strategia a medio termine, essendo una società di servizi logistici, ritengo che andremo prima ad utilizzare i servizi pubblicati da altri e poi a pubblicare i nostri, visto che il nostro ruolo ci spinge ad avere un sistema informativo che si integri con realtà diverse.
Faletti: La scelta architetturale, che si chiami Soa, web services, o altro ancora, è riconducibile ad una stessa matrice di tipo modulare; la logica di base è trovare il modulo minimo su cui costruire l’architettura informatica applicativa. In pratica ci si orienta verso un’architettura che eroga servizi e che presuppone un’infrastruttura tecnologica sottostante di un certo tipo.
Applicando questi principi, il nostro time-to-market applicativo è diminuito del 40%: abbiamo ridotto i costi informatici del 15% aumentando del 200% i servizi.
Vorrei però sottolineare che ciò che accomuna il livello infrastrutturale e quello architetturale è la capacità dell’azienda di fare investimenti per mantenere un’innovazione continua. Il vero ruolo del Cio è garantire un’innovazione continua all’interno dell’infrastruttura tecnologica, che rappresenta lo strumento per garantire l’allineamento con il business. Per farlo deve convincere il business e può farlo con i numeri; ma non sempre è facile, visto che il business è convinto della necessità dell’innovazione, ma la vede ancora soprattutto in termini di prodotto o di processo. Il mercato indica però anche la necessità di un altro tipo di innovazione: quella di organizzazione di processo, che consiste nell’individuare i meccanismi flessibili che consentono di innovare in modo continuo prodotti e servizi offerti, ossia l’innovazione dell’innovazione che declina a sua volta l’innovazione conseguente.

ZeroUnoE dunque quale organizzazione It e quale ruolo del Cio sono indispensabili per garantire questa innovazione continua?
Faletti: L’innovazione presuppone un nuovo tipo di Cio, oggi sempre più ricercato, che deve spogliarsi di un potere per vestire un abito più ampio e di conseguenza più oneroso e complesso. Deve guadagnare competenze di business, di processo, di tipo normativo, e deve anche contribuire a scegliere partner tecnologici importanti che aiutino l’azienda in questo processo.
Attenzione però: anche in questo caso il ruolo del Cio è strategico nel guidare e non nel farsi guidare dal partner. Deve dunque avere anche competenze tecnologiche, che non si focalizzano tanto nel saper fare quanto nel sapere capire, ad esempio, cosa fa un certo software. Il Cio deve porsi più come stratega che come l’operativo dell’It e, soprattutto, deve svolgere un vero ruolo di supporto all’amministratore delegato.
Per quanto riguarda l’organizzazione, se in passato era l’informatica a disegnare i processi, oggi chi disegna il processo definisce al tempo stesso l’informatica sottostante. Tutto ciò va a trasformare l’organizzazione che diventa molto più dinamica.
Si tratta di un cambiamento epocale e chi riuscirà a metterlo in atto aggredirà il mercato molto prima di chi invece disegnerà il processo guidato dall’organizzazione e dalla tecnologia.
Paravano: Il ruolo del Cio si sta evolvendo da attività prevalentemente backoffice a quello di back-frontoffice manager, parte integrante del servizio/prodotto offerto dall’azienda; questa evoluzione deriva anche da una minor attività interna nella conduzione diretta del servizio operativo. L’attività si focalizza sempre più nel governo del processo, nell’evoluzione dell’organizzazione, nel supporto al management e nell’attività di gestione contrattuale e dei team. Non più il tecnico evoluto dunque, ma un manager a tutto tondo che può provenire anche da una formazione non tecnica. Nel caso specifico, io partecipo con i business manager, e con un ruolo di pari dignità verso il cliente, all’attività di selling dei progetti più interessanti.
L’organizzazione It è conseguente: si mantiene all’interno la gestione del processo, della process ownership, mentre la parte sottostante viene demandata a uno (per noi Wiit) o più partner. Ci sono poi varianti in dipendenza della solidità delle aziende e del mercato; ma all’interno rimane generalmente lo sviluppo delle nuove applicazioni e dello sviluppo core. Questa organizzazione si trova soprattutto nelle medie aziende globalizzate come la mia, sia sulle grandi aziende, mentre un discorso diverso, che non è oggetto della nostra discussione, riguarda le Pmi.
Baldoni: L’amministrazione pubblica deve ripensare la sua organizzazione It per renderla più efficiente e più rispondente alle nuove sfide che ci attendono nel prossimo futuro. In particolare, le sfide sono: l’attuazione del codice digitale della PA, realizzare la cooperazione tra amministrazioni pubbliche, garantire l’accesso ai servizi online sempre più diffusi ai cittadini ed imprese e migliorare la trasparenza. Il ruolo del Cio diventa sempre più un ruolo meno tecnico e più vicino agli aspetti gestionali e organizzativi della propria azienda e forse in prospettiva il suo ruolo andrà a confluire in quello del Ceo aziendale.

Sono sei, secondo Gartner (www.gartner.com ), le pratiche che fanno perdere tempo ai Cio e impediscono loro di concentrarsi sulle vere priorità che possono invece consentire di massimizzare il valore per il business. Il consiglio ai Cio è dunque:

1 – Basta fare il poliziotto del budget. Assicurarsi invece che l’organizzazione It riduca gli scontri sul budget stesso quando le unità business usano la tecnologia, soprattutto se le Bu hanno controllo sulla discrezionalità di spesa. Per il Cio è più importante assicurare che l’impresa usi in modo efficace la tecnologia. È sufficiente fornire supporto e formazione iniziale per fare in modo che le persone sappiano regolare le proprie priorità.

2 – Basta usare l’architettura d’impresa come uno strumento di comando e controllo. Anche se standard e policy rigidi possono aiutare a ridurre i rischi nei cambiamenti di sistema, questo approccio rafforza l’idea già diffusa di un’organizzazione It che non capisce le esigenze di risposta rapida ai cambiamenti del business e del mercato. Non va dunque usata l’architettura per controllare le priorità e indirizzare i dettagli delle applicazioni business; l’architettura va se mai usata per garantire la coerenza.

3 – Basta comunicare le metriche It; focalizzarsi invece sulla business performance. Ci si dovrebbe concentrare su un numero gestibile di indicatori di valore dell’It che abbiano significato per i business leader: questi dovrebbero essere legati a misure business familiari, come obiettivi, strategie o processi di business.

4 – Basta con la proliferazione delle applicazioni, delle infrastrutture e dei comitati per l’It governance. Ci sono spesso cause imponderabili che determinano il modo indisciplinato con il quale le decisioni riguardanti il parco applicativo aziendale vengono prese. L’azione prioritaria per risolvere questi problemi è creare un portafoglio strategico di applicazioni e capacità infrastrutturali associandovi la razionalizzazione dell’It governanace.

5 – Basta con la definizione dei servizi in termini tecnici anziché di business. La raccomandazione chiave è semplificare il numero di servizi offerti, legandoli in gruppi logici e descrivere i servizi in modo che possano riflette le attività e i processi utente

6 – Basta scusarsi per i problemi del passato. La credibilità richiede la costruzione di forti relazioni personali. Ciò significa essere politicamente “intelligenti”, integrando gli obiettivi It con gli obiettivi dell’impresa e anticipare le necessità di distribuire un prevedibile flusso di tecnologie abilitanti per le soluzioni business.

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