Nel dibattito che si è svolto durante l’evento di presentazione dell’ultimo report dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, il tema della cultura manageriale è stato indicato dagli ospiti come uno dei maggiori freni alla diffusione del lavoro agile. Uno “smart manager” è invece indispensabile per un lavoro “smart”; che caratteristiche deve avere?
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LA RICERCA – Smart working: quanto si sta diffondendo in Italia? | |
FOCUS SETTORI – Smart Working: Pa e Pmi in ritardo |
- Essere inclusivo – In un percorso di evoluzione degli stili di leadership verso lo smart working, il coinvolgimento dei collaboratori nel processo decisionale e la delega sono direttrici fondamentali. E tuttavia il 52% dei lavoratori intervistati dichiara di auspicare la presenza di un responsabile maggiormente coinvolgente nella presa delle decisioni
- Dare fiducia – Alessandra Stasi, Vp Organization & People Development, Barilla (società con un’esperienza avanzata di lavoro agile) sottolinea come lo smart working si possa attuare solo nel momento in cui il management decide di valorizzare chi, in buona fede, sfrutterebbe le autonomie concesse per lavorare in modo più efficiente, ignorando i pochi casi restanti: “Il 99% delle persone avviate allo smart working si responsabilizza e dimostra una maturità enorme; il fatto che esista un 1% di persone che possono cercare di approfittare dell’elasticità concessa, non deve diventare un alibi”
- Rispettare il work-life balance – Secondo i dati del Report, il lavoratore tradizionale dichiara di lavorare in media 8 ore al giorno; 9 ore, invece, lo smart worker: una conferma rispetto all’aumento di produttività che il lavoro agile porta con sé, ma anche un monito a evitare che svolgere la propria attività per obiettivi diventi causa di un work-life balance inaspettatamente a sfavore del lavoratore; come ha spiegato Marzia Oggiano, Segreteria, Cgil Milano, se è assolutamente vero che i sindacati sono spesso impegnati a supportare lo smart working, riconoscendone i vantaggi, è comunque anche vero che un dato come questo li spinge a un’attenta riflessione su come garantire a questi “nuovi” lavoratori le corrette tutele.
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