ZeroUno: Qual è la sua visione dello scenario macroeconomico e competitivo attuale nell’energy? Quali le principali tendenze, e come impattano sulle strategie It, anche in termini di iniziative business pianificate o impreviste da affrontare?
Gianluigi Castelli: Lo scenario dell’Energy è stato recentemente descritto più volte dalla stampa nazionale e internazionale. Lo riprendo in sintesi: oggi osserviamo gli impatti di due macro fenomeni. In primo luogo c’è stata una rapida contrazione del mercato di importazione del gas negli Usa, che hanno messo a punto tecnologie di sfruttamento di shale gas [gas naturale contenuto all’interno delle rocce scistose che necessita di trivellazioni orizzontali per l’estrazione ndr] di cui esistono ampi giacimenti, rendendosi fortemente autonomi. Il che ha provocato una forte riduzione dei prezzi del gas spot. Realisticamente, a parte la continua ricerca dell’efficienza interna e a supporto delle linee di business, l’informatica gestionale non può fare molto per alleviare gli impatti di questa situazione.
Secondo, si stima esistano grandi giacimenti di petrolio ricoperti da strati di sale. Qui l’impatto sulla componente informatica è pesante ed è di tipo “intelligence tecnologica”: per giacimenti sotto sale, tutti i sistemi per modellare e stimare l’entità del giacimento richiedono algoritmi diversi e tempi di calcolo più lunghi per stimare accuratamente le caratteristiche dei giacimenti. Pertanto c’è un grande sforzo congiunto di geologi, geofisici e informatici per disegnare nuovi modelli accurati ed elaborabili in tempi utili da cui conseguono investimenti in high performing computing rilevanti; basti il fatto che nel 2011 Eni passa da 10.000 a circa 25.000 Cpu dedicate al calcolo dei modelli, un più 150%.
ZeroUno: Ci sono stati fenomeni imprevisti?
Castelli: Sono anche questi sotto gli occhi di tutti. La Libia non sta producendo. Ma la diversificazione delle fonti ci consente di approvvigionarci altrove. L’impatto è quindi ridotto. C’è poi l’effetto Giappone, un vero “tsunami” perché la chiusura delle centrali nucleari di vecchia generazione, in Giappone e in Europa, soprattutto Germania, fa prevedere un rilevante maggior consumo da parte di questi Paesi. Stime condivise indicano in circa 20 miliardi di metri cubi di gas l’incremento dei consumi di questi Paesi.Infine non bisogna dimenticare, per il mercato italiano, il progressivo incremento della competizione tra i player del mercato dell’Energy: qui puntiamo sulla qualità; investiamo sui sistemi informatici per la customer satisfaction: accuratezza dei dati, customer care, “first call resolution” dei problemi. E abbiamo un modello integrato tra il business e una filiera applicativa a sua volta totalmente integrata con un programma cogestito dalla linea di business (la Direzione Mercato Italia ndr) e dall’Ict.
ZeroUno: Un rapporto della Harvard Business Review parla delle “quattro “i” del Cio: Informazione scomposta in quattro quadranti Intelligence, Integrazione, Innovazione e Infrastruttura, che a loro volta generano quattro viste: il Cio External e Internal focused e il Cio Technology e Business Savvy (esperto di business). Lei dove vede il presente e il futuro di un Cio Energy?
Castelli: Non c’è dubbio, nel Business Savvy, ma perché è nella mia natura: bisogna capire sempre di più e operare in maniera sempre più integrata con le linee di business. I modelli operativi che hanno fatto della separazione tra Demand Management e componenti operative dell’organizzazione Ict una leva potentissima per il conseguimento dell’efficienza, oggi si evolvono verso una migliore integrazione end-to-end di tutte le componenti al servizio dei processi aziendali. Si ottiene così un miglioramento dell’efficacia dei servizi erogati senza perdita di efficienza. Tenendo nel frattempo però d’occhio tutte le aree abilitanti, tramite collaboratori o con uno stretto rapporto con il referente dell’area “technology savvy”. Non potrebbe essere altrimenti. Abbiamo gettato tre anni fa le basi per un’iniziativa di Ict transformation. Il business case ci ha detto che conveniva un data center on premise tutto nuovo, con criteri nuovi, niente condizionatori e free cooling anche in luglio. Questo nuovo Data Center, pronto nel 2012, si ripaga in 6-7 anni solo con il risparmio energetico. Il passo successivo? Uniformare l’infrastruttura tecnologica, spingere la virtualizzazione prossima al 100% e definire nuovi modelli operativi nella direzione di una infrastruttura dinamica, passo fondamentale per la realizzazione di un cloud privato. Approntata l’infrastruttura tecnologica, il portafoglio delle 545 applicazioni in essere in Eni subirà un processo di razionalizzazione. Un progetto complesso che, complessivamente, richiede investimenti di alcune decine di milioni di euro, ma che viene effettuato “un passo alla volta”.
ZeroUno: Quindi, come sta cambiando la funzione sistemi informativi in Eni in termini di competenze e processi?
Castelli: Dopo più di 10 anni che stiamo lavorando in outsourcing per la gestione operativa, riteniamo sia il caso di ribilanciare insourcing e outsourcing, obiettivo che raggiungeremo a partire dal nuovo data center. La stessa gestione del puro cloud privato è un modello di gestione così radicalmente diverso rispetto a quello corrente che le stesse competenze che l’outsourcer ci ha messo a disposizione sono da complementare. E quindi puntiamo a costituire un team nuovo, con competenze miste diverse da quelle attuali perché non si trasformano solo le tecnologie, si trasformano soprattutto le competenze. E c’è un solo modo per riuscire a farlo: bisogna riuscire a stimolare all’interno di un gruppo sufficientemente competente l’attitudine non solo ad accettare, ma a guidare un cambiamento continuo. Credo che la mia funzione più importante sia quella di continuare a essere lo stimolo di un gruppo di persone abituato a lavorare in modo strettamente integrato e con fiducia. Ho certo dovuto cambiare il mix di culture e competenze della mia organizzazione per approdare a un team con una migliore capacità di delivery: laureati in discipline non tecniche, più vicine ai processi aziendali, si integrano con i tecnici informatici, in un mix equilibrato di competenze di processo e di business e di skill tecnici, rafforzando una competenza tecnica che si era troppo diluita nel tempo. Nel momento in cui stiamo facendo un cambio radicale di approccio a un cloud privato con infrastruttura e facility nuove e con “replatforming” delle applicazioni, abbiamo bisogno anche di avere risorse che costituiranno la base per il futuro.
ZeroUno: Ci si aspetta che l’’It as a service’ impatti tutti i settori economici, non solo a livello di It ma di modelli di business e posizionamento competitivo. Il cloud è un’opportunità tattica oppure abilita una nuova organizzazione It centrica di servizi al business che permetta all’azienda iniziative business in tempo reale?
Castelli: In un recente convegno sul cloud computing tutti gli oratori, essenzialmente fornitori, sostenevano che il mondo dell’It, e il ruolo del Cio, subiranno una profonda trasformazione. La mia risposta è stata: “mi fa piacere che siate tutti così preoccupati per il mio mestiere, però io mi sento molto sereno”. Misero quel Cio che si fa cogliere impreparato, o che si fa etichettare da queste novità e non mantiene libera la sua capacità di concepire una propria strategia inserita nel contesto della sua azienda. Nel cloud vedo entrambe le opportunità tattica e strategica, ma trovo che nell’informatica c’è la straordinaria capacità di divorare le buone idee prima che giungano a maturazione. Sono preoccupato di tutte le etichette appiccicate al cloud, che di per sé è un’ottima idea. Il problema non è fare o non fare il cloud: è cogliere tutto ciò che è applicabile dal concetto di cloud, inserirlo in una strategia aziendale e massimizzarne i benefici, in maniera tale da ridurre i costi operativi, migliorare la tempestività del servizio. Si può anche decidere di operare in una logica “stop gap”, andando cioè a intervenire con un approccio cloud in modo tattico su un singolo aspetto per annullare un eventuale gap, decidendo successivamente se l’intervento debba diventare definitivo oppure essere transitorio. In sostanza credo che ogni strategia informatica non possa essere delegata a qualcuno fori dall’azienda e debba essere improntata a un forte pragmatismo.